A MILANO (in tv)... PER IL DON CARLO INAUGURALE

Il Don Carlo di Giuseppe Verdi ha un rapporto molto particolare con Milano e il Teatro alla Scala... vuoi perché il suo rifacimento in quattro atti voluto dal compositore di Busseto è nato proprio lì, vuoi perché tante inaugurazioni delle stagioni d'opera sono avvenute proprio con questo titolo, vuoi perché almeno negli ultimi tre Sant'Ambrogio che hanno visto in scena quest'opera qualcosa è andato storto.

Personalmente ricordo la serata del 1992 con la stecca di Pavarotti e le sonore contestazioni del loggione, altra prima movimentata è stata quella del 2008 con le sostituzioni di cantanti nei giorni precedenti la recita condite dalle intense contestazioni alla direzione orchestrale di Daniele Gatti. Anche il Sant'Ambrogio si ricorderà per l'indisposizione di Michele Pertusi, che non gli ha permesso di esprimersi al meglio nel ruolo fondamentale di Filippo II, nonché per le prime avvisaglie di dissenso da parte di alcuni loggionisti (e credo che questa sia la prima volta da quando è direttore musicale del teatro) nei confronti di Riccardo Chailly.

Per quanto riguarda la regia anche in questo Don Carlo non sono mancati alcuni "buuhh" al regista Lluis Pasqual e vediamo subito di argomentarne la ragione.

La parte visiva dello spettacolo è senza dubbio "tradizionale" ma forse nel senso peggiore del termine. Tutto si svolge attorno ad una grande torre/tubo che passa dall'essere il chiostro di San Giusto fino all'Escurial, passando per la prigione di Carlo nonché l'ambientazione della grande scena dell'autodafé. Il regista ha spiegato, anche nel corso della conferenza stampa di presentazione della serata, che suo intento principale era quello di mostrare il "dietro le quinte" dello scontro potere/libertà così come l'aspetto pubblico/privato che anima tutti i personaggi del dramma verdiano. Se nelle intenzioni la cosa poteva funzionare non c'è dubbio che poi visivamente, alla prova dei fatti, lo spettacolo sia abbastanza bello (interessante la scenografia dell'autodafé con la riproduzione quasi fedele della dorata pala d'altare della Cattedrale di Siviglia) ma nullo sia l'apporto dato alla recitazione dei cantanti, che per lo più si muovono (tra l'altro pochissimo) in proscenio così come anche per le masse corali che si vanno a connotare per la completa staticità (a parte qualche comparsa che riesce a dare un po' di movimento nel quadro ambientato nel giardino della regina). Belli i costumi di Franca Squarciapino mentre statiche e poco riuscite sono le luci.

In questo contesto si tende quindi a soffermarsi, ancora di più rispetto al solito, sull'aspetto puramente musicale. Qui le cose sono andate decisamente meglio, pur con dei distinguo che non si possono omettere.

Partire dalla concertazione di Riccardo Chailly è fondamentale, proprio perché dalla sua idea si muove tutto l'andamento della recita. Il suo è un Don Carlo dai toni cupi, quasi tenebrosi, che si muove in un solco che si può avvicinare in qualche modo alla visione abbadiana (ascoltata solo in disco) pur distaccandosene arrivando a momenti di puro entusiasmo. Penso allo struggente inizio del secondo atto così come all'entrata del terzo atto (qui va un plauso all'intera sezione dei violoncelli per la splendida resa del solo che precede "Ella giammai m'amò"). La scelta dei tempi (tranne qualche concessione iniziale di dilatazione data ai cantanti, ma poi nel proseguo dell'opera evitata) è stata coerente con quanto previsto da verdi,  dettagli sono stati tutti sottolineati in maniera maniacale ma nello stesso tempo non fine a sé stessa. Credo che questa di Chailly sia senza ombra di dubbio una delle sue migliori concertazioni scaligere... ed è per questo che personalmente non si capiscono le contestazioni all'entrata in buca prima del terzo atto e alla sua entrata in palcoscenico al momento dei saluti finali.

Il cast era sulla carta tra i migliori possibili non solo a livello nazionale ma direi mondiale.

Il ruolo del titolo è stato portato in scena con diligenza da Francesco Meli che però non è stato completamente adeguato dal punto di vista della prestazione. Scenicamente il personaggio c'è e vocalmente tutto il registro medio-basso è ben sostenuto. Purtroppo i problemi cominciano quando la linea di canto sale e la voce si fa più sfocata e non sostenuta. Spiace che in più di un'occasione i suoi si bemolle o si naturali siano stati sballati e non pienamente presi.

Rodrigo, il marchese di Posa, è ben interpretato da Luca Salsi che canta ogni nota scritta da Verdi anche se il personaggio, a parere di chi scrive, dovrebbe avere più nobiltà. Nel complesso una prova di livello terminata con un "Per me giunto è il dì supremo" veramente ben cantato.

Il ruolo di Elisabetta di Valois, a mio parere, non calza a pennello ad Anna Netrebko... ma se i risultati in scena sono poi quelli avuti nulla di tutto quello che uno può pensare ha importanza. La sua prestazione è racchiusa all'interno di due autentiche perle: "Non pianger mia compagna" è cantata tutta sul filato e con una morbidezza spaventosa; "Tu che le vanità" è poi un autentico capolavoro nel quale le sfumature della sua voce sono portate all'estremo. Certo l'ingrossamento delle vocali nel registro medio-grave non è sempre bellissimo da ascoltare... ma la prodigiosità di Annuska è sorprendente.

Grandissima serata è anche quella di Elina Garanca che canta una Eboli di primissimo livello. Anche lei, come la sua collega incastra la sua strepitosa serata in un continuo crescendo, iniziato con una spigliata "Canzone del velo" e terminato con un "O don fatale" in cui lo spirito da vera leonessa l'ha portata ad una prova complessiva maiuscola.

Michele Pertusi è un autorevolissimo Filippo II, pur con la sua prova inficiata dall'indisposizione sopra citata. Certo la sua prestazione sarebbe stata sicuramente migliore di quella che è stata ma il basso parmigiano, anche non al massimo delle sue forze vocali si "mangia" letteralmente le tavole del palcoscenico scaligero. Sicuramente si riprenderà e le prossime recite saranno ottime.

Jongmin Park è un buon Grande inquisitore anche se la sua voce non è particolarmente trascendentale, più portata al registro medio-alto che non a quello più grave (inesistente il mi basso nel duetto con Filippo).

Buono il Tebaldo impersonato da Elisa Verzier così come ben di dipana Jinxu Xiahou come Conte di Lerma e Araldo reale. Bene i sei deputati fiamminghi e splendida (almeno questa l'impressione all'ascolto televisivo) della Voce dal cielo di Rosalia Cid.

Lascio per ultime le maestranze artistiche della Scala che ancora una volta si confermano come una assoluta garanzia. Orchestra in gran spolvero e coro (diretto da Alberto Malazzi) superlativo.


Diretta televisiva del 7 dicembre 2023 - 🌟🌟🌟🌟

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