Post

Visualizzazione dei post da gennaio, 2020

SALOME A VIENNA… TROPPA POLVERE SIA IN SCENA CHE NELLE VOCI

Immagine
In queste settimane a Vienna stanno andando in scena due allestimenti di Salome , grandissimo capolavoro di Richard Strauss. Non avendo visto quello in scena al Theater an der Wien mi soffermerò su quella che è stata proposta al pubblico della Staatsoper. L’allestimento, che considerare datato è un eufemismo, è quello di Jurgen Rose al quale cerca di dare una parvenza di regia Boleslav Barlog. Le scene, che un po’ ricordano l’Art Nouveau, sono ancora interessanti anche se gli anni di produzione si vedono tutti. Movimenti minimi, tutti un po’ troppo statici, solo Salome si muove (naturalmente anche nella danza dei sette veli, peraltro non particolarmente avvincente). Questa tipologia di spettacoli fa parte della metodologia di proposta della Staatsoper… ma questa Salome non è certo il Rosenkavalier di Otto Schenk! Veniamo alla parte musicale. Protagonista nel ruolo del titolo è Lise Lindstrom che disegna una Salome dalla importante forza drammatica. In scena e n

IL FALSTAFF DI SALSI... BUONA LA PRIMA

Immagine
L’interesse della nuova produzione di Falstaff al Teatro Municipale di Piacenza era dovuta ad una serie di fattori. Primo fra tutti il debutto nel ruolo del titolo di Luca Salsi, reduce dalla Tosca scaligera e da un 2019 particolarmente impegnativo, coronato anche dal debutto nel Simon Boccanegra salisburghese. Inoltre ci si aspettava molto dalla regia del giovane Leonardo Lidi, reduce da alcune ottime produzioni teatrali. Altra chicca che prefigurava una bella serata è l’intero cast quasi completamente italiano. Alcuni dettagli sull’impostazione registica di Lidi. Tutto fila liscio, l’ambientazione (scene di Emanuele Sinisi) è molto minimale e si avvale di bei fondali oltre ad una piattaforma nella quale di svolgono le scene dell’Osteria della Giarrettiera. Unico elemento quasi ricorrente in tutta l’opera è un enorme trono ligneo, forse a retaggio dei bei tempi di Falstaff che ritornerà più volte durante l’azione. I costumi sono classici ma ben fatti e congeniati da Valeri

AD AMBURGO UN FALSTAFF INNOVATIVO... ANZI BANALE!!!

Immagine
Quando leggo le locandine degli spettacoli e alla voce regia c’è scritto Calixto Bieito… so che quello che vedrò può procurarmi due reazioni: mi può piacere o assolutamente disgustare. Il suo nuovo allestimento di Falstaff alla Staatsoper di Amburgo si mette in mezzo a queste due tipologie, nel senso che l’ho trovato… banale. L’azione è trasportata “naturalmente” ai giorni nostri e luogo focale della vicenda è il pub "The Boars Head". Lì vive Falstaff e lì, seduto su una poltrona che rimarrà in scena per i primi due atti si siede, sorseggiando ostriche di fronte alla locanda, poi all’interno di essa cucina non si sa che porcheria nel colloquio con Quickly. Il palcoscenico di Susanne Gschwender ruota e mostra i vari lati dell’edificio che contiene il pub. L’edificio nel corso dell’opera perde le pareti, a mano a mano che la storia prosegue, tutto diventa trasparente. Nel pub a due piani senza pareti Bieito mette in scena azioni parallele, come quella dell’atto sessua

SUOR ANGELICA AMANTE DI TURIDDU? MAI DIRE MAI

Immagine
Accostare Suor Angelica a Cavalleria rusticana ? Si può… Sabato sera è andato in scena al Teatro Sociale di Rovigo questo inedito dittico, composto dal capolavoro assoluto di Mascagni e dall’opera forse più raffinata ed amata da Puccini stesso, messo insieme in una unica storia dal regista Gianmarco Aliverta. L’idea di fondo è quella dell’immersione dello spettatore (così il regista stesso si esprime nel programma di sala) in un viaggio tra passione, fede, pregiudizio e oppressione dal senso di colpa. È insomma un viaggio nell’Italia del sud dove la società matriarcale, guidata da una forte personalità femminile è in grado di decidere della vita e della morte di uomini e donne. Il tutto è ben esteriorizzato anche grazie a delle scene che si riprendono a vicenda nelle due opere. Si parte dell’interno di una chiesa, in Suor Angelica , sovrastata da due grandi statue dei santi Pietro e Paolo oltre ad una grande statua della Madonna, una chiesa abbastanza claustrofobica con un’

L'ULTIMO CAPOLAVORO DI PUCCINI... ESALTA SEMPRE PIU' LA POVERA LIU'

Immagine
Ogni volta che assisto a Turandot non posso che convincermi sempre più come l’opera sia incentrata tutta, non sulla figura della “principessa di gelo” né su quella del “principe ignoto” ma bensì sull’esile ma intensissima figura della piccola Liù. Anche l’edizione andata in scena a Parma la scorsa settimana mi ha confermato questa impressione. Veramente l’opera si può chiudere con la morte della povera serva di Timur… poco o nulla portano il duetto e la scena finale. Anche l’aspetto scenico/registico, curato da Giuseppe Frigeni, sembra andare in questa direzione. Non siamo in una Cina fumettistica e anzi sembra di essere un po’ fuori dal tempo in questo ambiente quasi unico per tutta l’opera, popolato di piccole maschere che ci riportano sì ad una fiaba… ma ad una fiaba cupa e scura. L’aspetto che pare emergere di più è non tanto la storia d’amore ma il rapporto conflittuale tra la donna e l’uomo che vede inevitabilmente la prima (Liù in primis ma anche che Turandot) socc

A GENOVA... UN BARBIERE UN PO' RETRO'

Immagine
Ogni volta che si ascolta il Barbiere di Siviglia di Rossini… non si può che chiudere la giornata in allegria, anche a dispetto della più o meno buona resa. La stagione del Teatro Carlo Felice di Genova prosegue con il capolavoro di Rossini, portato in scena nell’allestimento “storico” con la regia di Filippo Crivelli, le scene di Emanuele Luzzati e i costumi di Santuzza Calì. L’allestimento, pur se datato ormai, mantiene ancora il suo fascino con le scene tradizionalissime ma veramente belle di Luzzati ed una regia, quella di Crivelli, sempre attenta alla musica. C’è però da chiedersi se alcuni atteggiamenti dei cantanti, forse un po’ troppo sopra le righe (in fondo non siamo in una farsa!), sono da addebitarsi al regista o a libere interpretazioni degli stessi. Fatto sta che lo spettacolo fila bene, soprattutto nel secondo atto, e al giorno d’oggi è ancora un gran bel vedere. L’aspetto musicale lo dividerei in due: concertazione e interpreti. Partirei dalla prima che ha

LE ALLUCINAZIONI DI WOZZECK... IN SCENA A NEW YORK!!!

Immagine
La mia frequentazione con il Wozzeck di Alban Berg, uno dei sommi capolavori del ‘900 musicale, è stata poco assidua. I miei ascolti (non fornitissima in questo caso la mia personale discoteca) sono stati i questi anni: l’edizione in studio diretta da Karl Bohm, la ripresa video live dello spettacolo viennese diretto da Claudio Abbado e una mia registrazione su musicassetta fatta dalla trasmissione radio di una rappresentazione scaligera dell’opera diretta da Giuseppe Sinopoli. Con piacere sabato scorso ho ascoltato, grazie a RAI Radio3, l’opera in diretta dal Teatro Metropolitan di New York. Naturalmente le mie riflessioni si fermeranno all’aspetto musicale. Wozzeck sicuramente non è facile da ascoltare… anche perché è stato scritto principalmente in uno stile liberamente atonale. Ancora di più, la sua fusione tra realismo drammatico ed espressionismo musicale l’ha resa un'opera radicalmente visionaria, quasi che la sua effettiva comprensione sia riservata solo a po

PER IL CAVALIERE NEWYORKESE... ROSE E TANTI APPLAUSI!!!

Immagine
Nell’approcciarsi all’ascolto del Rosenkavalier di Richard Strauss non si possono dimenticare i tanti momenti famosi dell’opera: dall’attacco iniziale dei corni al valzer di Ochs fino allo straordinario terzetto finale. Ma limitare l’intera opera ad alcuni momenti specifici è riduttivo in quanto tutta la partitura è un autentico capolavoro di intuizione, cesello, momenti spassosi e momenti malinconici. Soprattutto questi ultimi ho trovato nella lettura data da Simon Rattle nell’edizione ascoltata, grazie alla radio austriaca, in diretta dal Metropolitan di New York la sera del 4 gennaio. La lettura del direttore inglese è musicalissima ma nello stesso tempo non è baldanzosa e tuonante. All’ascolto si notano quanto siano straordinari i mezzo-forte dell’orchestra (che suona divinamente) in quanto tutta la direzione viene a prediligere l’aspetto elegiaco e cameristico della partitura. La cosa riesce e anche bene, anche considerando l’imponente impiego di strumenti in orchestra.