SUOR ANGELICA AMANTE DI TURIDDU? MAI DIRE MAI


Accostare Suor Angelica a Cavalleria rusticana? Si può…
Sabato sera è andato in scena al Teatro Sociale di Rovigo questo inedito dittico, composto dal capolavoro assoluto di Mascagni e dall’opera forse più raffinata ed amata da Puccini stesso, messo insieme in una unica storia dal regista Gianmarco Aliverta. L’idea di fondo è quella dell’immersione dello spettatore (così il regista stesso si esprime nel programma di sala) in un viaggio tra passione, fede, pregiudizio e oppressione dal senso di colpa. È insomma un viaggio nell’Italia del sud dove la società matriarcale, guidata da una forte personalità femminile è in grado di decidere della vita e della morte di uomini e donne. Il tutto è ben esteriorizzato anche grazie a delle scene che si riprendono a vicenda nelle due opere.


Si parte dell’interno di una chiesa, in Suor Angelica, sovrastata da due grandi statue dei santi Pietro e Paolo oltre ad una grande statua della Madonna, una chiesa abbastanza claustrofobica con un’ampia grata che divide l’abside dal convento in proscenio. E proprio in proscenio si svolgono le vicende delle monache, di cui fa parte Suor Angelica appunto che altri non è che la Lola di Cavalleria rusticana, costretta al convento dopo aver avuto un figlio dalla relazione con Turiddu, oppressa dalla Zia principessa che altri non è che Mamma Lucia. 


Dopo la tragica fine di Angelica (che oltre ad avvelenarsi si taglia le vene dei polsi grazie al un pugnale portato in chiesa da una orante Santuzza) si torna indietro di sette anni per l’ambientazione di Cavalleria. La chiesa, vista prima all’interno, ora la si vede dall’esterno e diventa l’azione delle vicende musicate da Mascagni. Qui è Mamma Lucia che fa muovere l’azione e, alla fine, Turiddu non sarà ucciso da Alfio ma dalla stessa Santuzza. Tutta la narrazione che unisce le due opere fila abbastanza liscia, anche se alcune scelte possono essere criticate (non possiamo avere una mamma Lucia scenicamente più giovane di Turiddu e delle altre interpreti… così come la Lola/Angelica purtroppo diventa poco credibile nell’opera mascagnana).


Veniamo alla parte musicale che ha visto la direzione di Daniele Agiman. La concertazione di Suor Angelica è a mio avviso più curata e centrata rispetto al capolavoro di Mascagni. Nell’opera di Puccini riesce ad ottenere buone sonorità, con tempi giusti e belle dinamiche. Cosa che invece non avviene in Cavalleria rusticana dove tempi un po’ bizzarri e scelte dinamiche poco condivisibili non rendono appieno la spettacolarità di una partitura eccezionale. A dire il vero non trova molti aiuti dalla modesta Orchestra Filarmonica Pucciniana che, soprattutto in Cavalleria rusticana, lascia perplessi in più momenti (non è accettabile che l’organo interno al momento del “Regina coeli” sbagli a suonare la parte mettendo in difficoltà orchestra e soprano, aiutata in extremis dal direttore ad attaccare).


La ripartizione vocale di Suor Angelica, che vede una foltissima presenza femminile è nel complesso buona. Interessante la prova di Valentina Boi nel ruolo del titolo che ha un buon registro centrale e abbastanza saldi anche gli acuti. 


Ben centrata la zia principessa di Anastasia Boldyreva, dal bel colore brunito. Menzione per la Suor Osmina di Veronica Niccolini e la Maestra delle novizie Eva Maria Ruggieri. Buone tutte le parti comprimarie.


In Cavalleria rusticana mattatrice è la Santuzza appassionata di Donata D’Annunzio Lombardi, capace di una grande cura espressiva e di una presenza anche scenicamente potente. 


Non di pari passo si muove il Turiddu di Aquiles Machado: il timbro rimane sicuramente bello ma la linea di canto ormai è compromessa da tante manchevolezze che ne fanno approssimativo in molti punti dell’opera. Alla fine sembra sia arrivato scarico e stanco. Buono l’Alfio di Sergio Bologna così come la mamma Lucia di Anastasia Boldyreva (scenicamente poco credibile, come si diceva prima, come madre di Turiddu). Buona anche la Lola di Valentina Boi anche se la parte, a mio avviso, richiederebbe un soprano meno “pesante e drammatico”… ma la regia aveva bisogno di questo per collegarla poi a Suor Angelica.


Buona la prova del Coro Ars Lyrica, che in più momenti salva la resa orchestrale, così come brave le voci bianche della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno.

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