A ROVIGO... PER ANDREA CHENIER
Il Teatro Sociale di Rovigo ripropone dopo 17 anni dalla sua ultima presenza in cartellone il capolavoro di Umberto Giordano Andrea Chenier, e lo fa con un nuovo allestimento coprodotto dal teatro rodigino assieme a quelli di Pisa, Lucca e Brescia.
Scelta non semplicissima quella di mettere in cartellone un'opera conosciuta sì ma molto complicata da realizzare e qui si deve dare atto al direttore artistico del Sociale Edoardo Bottacin di aver saputo allestire, non solo con Chenier ma anche con titoli poco frequenti sui palcoscenici di provincia come Roberto Devereux, La voix humaine e il prossimo Otello, una stagione di tutto rispetto in quanto a diversificazione della proposta artistica che si spera prosegua anche negli anni futuri.
Ma torniamo all'opera di Giordano...
Lo spettacolo porta la firma di Andrea Cigni che si avvale della collaborazione di Dario Gessati per le scene, Chicca Ruocco per i costumi, Fiammetta Baldisseri e Oscar Frosio per le luci.
La regia è tradizionale, così come l'ambientazione, senza particolari fronzoli ma senza nemmeno uscite fuori luogo, come ormai spesso si vede anche nei teatri di provincia. I personaggi sono abbastanza caratterizzati anche se un po' di cura in più non sarebbe guastata visto che in molte occasioni i cantanti (soprattutto le figure maschili) si trovavano in proscenio "liberi" di cantare senza particolari vincoli. Se interessanti sono le ambientazioni di secondo e terzo atto, con buoni movimenti anche delle masse, lasciano un po' a desiderare il primo e il quarto atto dal punto di vista visivo. Il primo atto si svolge quasi tutto in proscenio visto che il palco è delimitato da un telo che riproduce un giardino dipinto molto, forse anche troppo, semplice e che limita i movimenti tanto che il coro è praticamente immobile, salvo qualche piccolo accenno di danza sul tema della gavotta. Il quarto vede l'unica presenza di un possente telo nero che ci ricorda le grate di una prigione e davanti da esso vanno e vengono i personaggi.
Nel complesso lo spettacolo di Cigni è funzionale e si guarda volentieri, anche se più cura avrebbero meritato i dettagli.
La parte musicale ha visto la direzione di Francesco Pasqualetti alla testa di una Filarmonia Veneta non particolarmente attenta, che in qualche occasione è apparsa quasi svogliata e non reattiva alle sollecitazione del direttore. La concertazione di Pasqualetti ha virato sul ritmo e sul volume e questo secondo aspetto, in un teatro di piccole dimensioni ma dall'acustica perfetta come il Sociale, non ha giovato a più di qualche interprete vocale che spesso era sovrastato dal peso eccessivo del suono che usciva dalla buca (a parere di chi scrive anche la scelta stessa della collocazione delle varie sezioni orchestrali in buca non è stata centratissima). Si è dunque badato al peso e un po' meno alla qualità, infatti tanti momenti volano via senza pathos ed emozione.
Il cast vocale è stato complessivamente all'altezza della partitura.
Samuele Simoncini è un Andrea Chenier di grande generosità: il suo squillo sovrasta senza problemi il magma sonoro dell'orchestra di Giordano anche se qualche mezza voce in più unita ad un po' di morbidezza avrebbe sicuramente giovato. La linea di canto è però sempre ferma, mai traballante (e cantando Chenier, per la sua complessità, potrebbe anche succedere) anche se un po' stanca nell'ultimo atto. Apprezzabile il suo approccio al personaggio che, se supportato da una direzione più attenta e coinvolgente, avrebbe ottenuto risultati ancora migliori.
Splendida la Maddalena di Federica Vitali che affronta questo ruolo in un continuo crescendo di consapevolezza e di forza. Ben caratterizza il personaggio quasi bambinesco del primo atto per evolvere, nel corso dell'opera, alla donna innamorata e consapevole che scientemente sceglie di morire assieme all'amato. I due punti maggiori della sua interpretazione sono sicuramente "La mamma morta" e il duetto finale, ma si fa apprezzare per la bellezza dello strumento vocale oltre che per l'ottima resa a dispetto sempre del volume orchestrale.
Bella e disciplinata la voce che Kim Gangsoon dà a Gerard. Lui, a dispetto degli altri due colleghi principali, ha qualche difficoltà a sovrastare il magma orchestrale ma si fa apprezzare per la morbidezza della sua linea di canto, mai spinta e sempre ben appoggiata. La sua interpretazione di "Nemico della patria" è stata salutata da scroscianti applausi del pubblico a suggello di una prova convincente.
Tra le parti secondarie brillano sicuramente di più quelle maschili, su tutti Marco Miglietta (Un Incredibile/L'Abate) e Fernando Cisneros (Mathieu/Pietro Fléville). Buona la Bersi di Shay Bloch e purtroppo insufficiente è risultata la prestazione di Alessandra Palomba (La Contessa di Coigny/Madelon).
Buono ma non entusiasmante l'apporto del Coro Arché di Pisa diretto da Marco Bargagna, in difficoltà in varie occasioni e non sempre in sincronia con i tempi orchestrali.
Abbastanza caratterizzato, ma poco capibile, il balletto del primo atto coreografato da Isa Traversi.
Recita del 26 gennaio 2025 - 🌟🌟🌟
Commenti
Posta un commento