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Visualizzazione dei post da novembre, 2019

LA VESTALE SPONTINIANA... IN SALSA VIENNESE

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In questi giorni sta andando in scena al Theater an der Wien di Vienna una interessante edizione de La Vestale di Gaspare Spontini. L’opera, sicuramente il capolavoro del compositore marchigiano, troppo poco viene rappresentata sia in Italia che all’estero. Va quindi un plauso particolare all’istituzione musicale della capitale austriaca per averla portata sulle scene. Della regia di Johannes Erath non parlerò in quanto l’opera è stata ascoltata tramite la radio austriaca. La direzione musicale è affidata alla bacchetta di Bertrand de Billy che, alla guida dei bravissimi Wiener Symphoniker, riesce a cesellare in maniera sapiente la partitura ottenendo un buonissimo risultato e un perfetto equilibrio tra buca e palcoscenico. La sua lettura non è troppo classicheggiante ma ci dona un’opera completamente fluida dalla prima all’ultima nota scritta da Spontini. Molti suoni sono asciutti e non troppo ridondanti, cercando di guardare in questo forse allo stile neoclassico e non al

LA FENICE RINASCE... COL DON CARLO DI CHUNG

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Dopo la tragica acqua alta del 12 novembre scorso, che tanti danni ha provocato alla città e anche al teatro, in una corsa contro il tempo fortunatamente riuscita, il Teatro La Fenice di Venezia ha inaugurato ieri sera la stagione 2019/2020 con un nuovo allestimento del Don Carlo verdiano, con la concertazione di Myung-Whun Chung e la regia teatrale di Robert Carsen. La mia recensione si ferma all’aspetto musicale in quanto l’opera è stata ascoltata attraverso il collegamento radio in diretta. La versione scelta da Chung, sicuramente anche in connubio con le scelte registiche di Carsen, è la versione milanese del 1884, in quattro atti… più stringata rispetto a quella parigina e modenese ma sicuramente più levigata e concettualmente più pregnante. Partiamo innanzitutto dalla concertazione del maestro coreano, vero trionfatore della serata. Innanzitutto bisogna riconoscere a Chung una conoscenza e padronanza di questa splendida ma difficilissima partitura verdiana oserei dir

IL FIDELIO... DELLA CADUTA DEL MURO

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In concomitanza con la ricorrenza del trentennale della caduta del Muro di Berlino il Teatro Comunale di Bologna mette in scena (in attesa della chiusura di stagione affidata al dittico Cavalleria/Pagliacci) Fidelio , capolavoro e unico lavoro teatrale compiuto di Ludwig van Beethoven. Forse, da un certo punto di vista, non c’era occasione migliore da sfruttare… anche se tutte le carte a disposizione del teatro bolognese non sono andate tutte a buon fine. Lo spettacolo di Georges Delnon (con le scene di Kaspar Zwimpfer) risulta interessante ma non memorabile, anche se cerca di attualizzare, proprio in quel periodo vicino alla caduta del muro, la vicenda… che in verità ben si può prestare, in quanto oppressione e dittatura sono purtroppo ben presenti ancora oggi come nel passato. La scena, fissa, è una ampia stanza con ampie finestre su due lati che danno su un bosco, l’altro lato della stanza è decorato con carta da parati a fiorellini. Questa ultima parete contiene al suo i

ERMIONE C'E' MA PIRRO E GLI ALTRI NO... O QUASI

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Nel catalogo rossiniano Ermione va a prendersi uno spazio tutto particolare. Questa è un’opera tutt’altro che classica come concezione, ed anzi il pubblico napoletano del lontano 1819 non la capì e la fischiò sonoramente. Infatti tante sono le soluzioni che Rossini adotta in quest’opera, e tutte vanno in maniera opposta rispetto a quelle che erano le prassi consolidate del teatro musicale di quegli anni. Bene ha fatto, nel ricordo di quella prima rappresentazione, il San Carlo a metterla in scena anche se tante lacune si sono notate. La parte drammaturgica è affidata al regista Jacopo Spirei che ambienta lo svolgimento dell’opera in un Novecento immaginario, all’interno di un palazzo che si presume sia la residenza di Pirro, con ancelle abbigliate alla greca e una manciata di soldati che fanno da guardie del corpo a re, vestito in doppiopetto. Oltre a questo aspetto visivo però non succede nulla in scena. I cantanti, così come il coro, sono praticamente fermi come delle bel

MARIOTTI E IL SUO IDOMENEO... CHAPEAU

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Con la mente ancora ferma allo splendido Idomeneo salisburghese di Currentzis ho ascoltato, purtroppo solo alla radio, il titolo mozartiano nell’esecuzione che ancora in questi giorni sta calcando le scene del Teatro dell’Opera di Roma. Le mie impressioni quindi sull’ Idomeneo romano si riferiranno solamente alla parte musicale, consapevole che un regista importante come Robert Carsen avrà sicuramente dato una sua specifica impronta di pari passo con la esecuzione musicale. Grande interesse era per la direzione di Michele Mariotti, forse la migliore bacchetta italiana della giovane generazione di direttori d’orchestra. Il direttore pesarese ad ogni ascolto riesce a convincermi sempre di più su quelle che sono le sue qualità e su come riesce a lavorare in sintonia e sinergia con masse orchestrali, corali e cantanti singoli. Questa esecuzione dell’ Idomeneo ne è una riprova. Si sente in ogni nota suonata e cantata come sia certosino il lavoro di scavo e levigatura del dirett

UN SIR DI CAUDORE... STANCO STANCO

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Scrivere del Macbeth verdiano, della complessità dei suoi personaggi, della sua drammaturgia è impresa sempre abbastanza ardua perché tanti devono essere i tasselli bisognosi di giusto incastro per la buona riuscita dell’opera. Ho guardato e ascoltato lo streaming dell’opera trasmessa in diretta dalla Staatsoper di Vienna, incuriosito in primis dal cast, in particolare Placido Domingo, nel ruolo del titolo. Il grande artista spagnolo, a 78 anni suonati, è uno dei pochi che ancora calca le scene, avendo fatto la scelta di abbandonare il registro tenorile per quello baritonale. Lo smalto, pur smembrato inevitabilmente dall’età e dalla lunghissima carriera, è ancora quello di tenore ma in questa occasione (diversamente da altre) ho visto un Domingo notevolmente in difficoltà. In alcuni momenti del primo atto mi ha fatto veramente tenerezza anche se, a dirla tutta, forse è arrivato anche per lui il momento di prendere una decisione sul suo futuro artistico. L’inizio dell’oper