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Visualizzazione dei post da ottobre, 2019

IL SUONO LONTANO DI SCHREKER... AMMALIA STOCCOLMA

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Der Ferne Klang di Franz Schreker è un’opera molto complessa che avevo solo ascoltato a sprazzi in una buona esecuzione degli anni ’90 con la direzione di Gerd Albrecht. Grande merito all’Opera di Stoccolma che la sta mettendo in scena in queste settimane con le ottime maestranze del teatro. Il titolo dell’opera si riferisce al suono «misteriosamente lontano del mondo» che il giovane compositore Fritz sta cercando per la sua musica, un suono generato «da arpe toccate da mani spettrali del vento». Per ricercare questo suono egli decide di abbandonare la fidanzata Grete che, dopo essere fuggita di casa per seguirlo, cade nelle mani di una laida mezzana. La sua nuova vita dissoluta la conduce in una casa di piacere di Venezia, dove viene ritrovata da Fritz, divenuto nel frattempo ricco e famoso, ma ancora alla ricerca del «suono lontano». Resosi conto del baratro nel quale è sprofondata Grete, Fritz fugge dopo averla oltraggiata. Nell’ultimo atto, Grete assiste alla rappresenta

BUONE NOTIZIE DALLA TURANDOT FANTASCIENTIFICA DI BARCELLONA

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Il Teatro del Liceu di Barcellona ha aperto la sua nuova stagione con un allestimento “fantascientifico” di Turandot . Il capolavoro di Puccini ben si può apprestare ad interpretazioni un po’ “fuori” dai dettami del libretto scritto da Renato Simoni e Giuseppe Adami e tante sono state le versioni sceniche, in anni passati e recenti, che he hanno preso il largo pur rifacendosi alle prescrizioni in esso enunciate (una su tutte la versione di Eminutas Nekrosius vista alla Scala nel 2015). Certo chi è abituato alla “principessa di gelo” zeffirelliana sicuramente sarà rimasto un po’ sconcertato dall’impianto scenico sul quale si sviluppa la regia di Frank Aleu, tutta poggiata su delle bellissime videoproiezioni che risultano in alcuni momenti dell’opera vere protagoniste della scena (veramente impressionante il momento dell’inno alla luna così come l’ingresso dell’imperatore Altoum nel secondo quadro del secondo atto). L’elemento scenografico principale è una “specie” di piramide

LA BOHEME... E QUELLA LACRIMUCCIA CHE SEMPRE SCENDE!!!

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Apertura di stagione del Teatro Comunale di Modena nel segno della migliore tradizione. Titolo inaugurale infatti è La boheme di Giacomo Puccini, che torna sul palcoscenico emiliano in una nuova produzione con la regia di Leo Nucci ed un cast di giovani cantanti. Pensare a Boheme e a Modena non può che far venire in mente il “grande” Luciano Pavarotti, legato a doppia mandata al titolo pucciniano e al teatro della sua città che da qualche hanno ha preso proprio il suo nome. Si diceva di una Boheme tradizionale in quanto a scene e costumi, ma nello stesso tempo godibile grazie alle accortezze messe in scena da Nucci che trova nei giovani cantanti a disposizione dei buonissimi interpreti. Non si vede nulla di particolare in scena, non ci sono stravolgimenti ma nello stesso tempo, pur vedendo un’ambientazione che molto ha preso da Zeffirelli, non sembra di vedere “polvere” in scena. Forse un po’ statica la scena del Caffè Momus, iniziata con una piccola chicca… il valzer d

ROSSINI E BARBIERE... E' PUR SEMPRE CONNUBIO PERFETTO

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Le scorse settimane è andato in scena a Rouen un interessante Barbiere di Siviglia rossiniano. Merito dell’interesse va in primis alla regia di Pierre-Emmanuel Rousseau che, grazie alle belle scene “sivigliane”, sempre curate dal regista così come i costumi, rende la vicenda molto spigliata senza andare a stravolgere quelle che sono le prescrizioni del libretto di Sterbini. Solo alcuni movimenti di danza, nello specifico in alcuni momenti del concertato del finale del primo atto, si è notata a mio avviso la non completa aderenza alla musica del genio di Pesaro. Nel complesso uno spettacolo, dal punto di vista visivo, interessante e sicuramente godibile. La parte musicale ha visto la concertazione di Antonello Allemandi, frequentatore assiduo della partitura, che ha dato una lettura abbastanza originale, tenendo tempi a volte più larghi del solito ma che ha supportato e sostenuto con grande maestria le voci. Buono l'apporto delle masse artistiche che hanno recepito al

METTI UNA SERA CON DON CARLO... A MADRID

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Il Teatro Real di Madrid ha inaugurato la sua nuova stagione con uno dei massimi capolavori di Giuseppe Verdi, Don Carlo , proposto nella versione italiana in cinque atti andata in scena a Modena nel 1886. Senza dubbio nella versione milanese in quattro atti l’azione è condensata e forse più stringente ma la versione ascoltata nel teatro madrileno dimostra ancora una volta in più, se ce ne fosse bisogno, a quali vette il compositore di Roncole è arrivato. Peccato che l’aspetto visivo non abbia soddisfatto appieno la straordinarietà dell’opera. La regia di David McVicar, supportata dalle scene di Robert Jones, ambienta l’intero svolgersi dell’opera (da Fontainebleau fino all’ultimo atto) in una opprimente struttura di mattoni a faccia vista (che mi ha riportato alla mente alcune versioni dell’Elektra straussiana). Forse una scenografia di questo genere, praticamente sempre uguale, se non qualche elemento nuovo qua e là, non giova sicuramente allo scorrere dell’azione. Tanto

INFANTICIDIO E AMORE... NELLO STILE DI JANACEK

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Il Teatro Nazionale di Brno (Repubblica Ceca) ha inaugurato la sua stagione lirica con un nuovo allestimento di Jenufa , capolavoro giovanile di Leos Janacek, rappresentato per la prima volta nel 1904 proprio nella città morava. Lo spettacolo di Martin Glaser con le scene di Pavel Boràk e i costumi di Markéta Slàdeckovà è nel solco della tradizione. Non va a stravolgere nulla rispetto alle prescrizioni del libretto e fa muovere abbastanza didascalicamente cantanti e masse corali. Nel complesso uno spettacolo scorrevole senza grandi pretese, che ci porta in un ambiente abbastanza stilizzato (spazi interni cubici che lasciano intravedere l’ambiente esterno), con un disegno luci di Martin Spetlìk non particolarmente accattivante. Credo che comunque nel disegno d’insieme elaborato dal regista ci sia la volontà di rappresentare l’opera, pur mantenendo gli aspetti tipici del folklore, in maniera molto realistica, cercando quindi di sottendere il più possibile all’aspetto musicale