IL SUONO LONTANO DI SCHREKER... AMMALIA STOCCOLMA


Der Ferne Klang di Franz Schreker è un’opera molto complessa che avevo solo ascoltato a sprazzi in una buona esecuzione degli anni ’90 con la direzione di Gerd Albrecht. Grande merito all’Opera di Stoccolma che la sta mettendo in scena in queste settimane con le ottime maestranze del teatro.


Il titolo dell’opera si riferisce al suono «misteriosamente lontano del mondo» che il giovane compositore Fritz sta cercando per la sua musica, un suono generato «da arpe toccate da mani spettrali del vento». Per ricercare questo suono egli decide di abbandonare la fidanzata Grete che, dopo essere fuggita di casa per seguirlo, cade nelle mani di una laida mezzana. La sua nuova vita dissoluta la conduce in una casa di piacere di Venezia, dove viene ritrovata da Fritz, divenuto nel frattempo ricco e famoso, ma ancora alla ricerca del «suono lontano». Resosi conto del baratro nel quale è sprofondata Grete, Fritz fugge dopo averla oltraggiata. Nell’ultimo atto, Grete assiste alla rappresentazione della nuova opera di Fritz, ‘L’arpa’, ma sviene per l’emozione ed è costretta ad abbandonare il teatro. Dopo un iniziale consenso, l’opera scivola verso un clamoroso fiasco. Fritz intuisce che la donna uscita frettolosamente dal teatro è Grete. Venuto a conoscenza di tutta la triste vicenda della giovane, chiede a un amico di condurla da lui. Quando Grete sopraggiunge, ogni nodo tra i due amanti si scioglie; ma proprio mentre sente finalmente il ‘suono lontano’ e intuisce come completare la sua opera, Fritz spira tra le braccia della donna amata.


Schreker non ha nulla da invidiare al suo conterraneo Strauss, anzi in alcuni momenti la complessità della trama compositiva ci proietta nel futuro vedendo all’orizzonte Alban Berg e a mio avviso anche Schonberg.
Lo spettacolo di Christoph Loy è interessante e non va stravolgere nulla del libretto. L’ambientazione è molto curata, anche negli arredi, e la recitazione di tutti i cantanti (compresi anche i coristi) è ben curata. Si vede che è stato fatto un lavoro certosino di interiorizzazione dell’opera. Anche la scelta di avere in proscenio una sorta di piccola sala cinematografica, con tante sedie che la ricordano, sulle quali si siedono i personaggi che quasi si mettono ad assistere gli avvenimenti che sul palcoscenico, rialzato, si susseguono (espediente già usato in tante regie) non toglie nulla all'azione. Il momento più bello dell’opera, visivamente parlando, è stato a mio avviso il finale del primo atto quando l’ambiente casalingo si trasforma nella foresta e dalla fitta boscaglia escono figure di uomini e donne (queste ultime ricordano molto le fanciulle-fiore di parsifaliana memoria) che richiamano Grete al mondo irreale.


Molto buono l’aspetto musicale. La direzione di Stefan Blumier è musicalissima, liricissima in alcuni momenti, tempi giusti che non hanno mai messo in difficoltà i cantanti, pur con una base di fondo molto pesante scritta da Schreker. Dal punto di vista interpretativo… una vera goduria.


Goduria che prosegue anche con i due protagonisti dell’opera. Prima fra tutti la splendida Grete di Agneta Eichenholz, soprano dalla voce e dal timbro abbastanza particolari, che interpreta magnificamente la sua parte curando ogni singola nota, ogni singolo dettaglio. Bravissimo anche Daniel Johansson, nel ruolo non facile di Fritz, che fa da ottimo “sparring partner” della Eichenholz.


Sorprendente è il livello medio di tutti gli interpreti secondari (e in quest’opera sono molti) tra i quali voglio ricordare in particolar modo Lars Arvidsson (dottor Vigelius) e Johan Rydh (Graumann).  

Di seguito il link per vedere l'opera:

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