Le opere dimenticate... "IL BARBIERE DI SIVIGLIA" di F. Morlacchi

Un titolo operistico che ha visto sbizzarrirsi tanti autori è senza dubbio Il barbiere di Siviglia che, tra i tanti, oltre a Gioachino Rossini ha visto cimentarsi Giovanni Paisiello e Francesco Morlacchi.
Oggi, come opera dimenticata, voglio prendere in esame proprio l’opera musicata dal compositore perugino.
Morlacchi iniziò la composizione del Barbiere di Siviglia a Dresda nel gennaio del 1815 per terminarla nell’aprile dell’anno successivo, poco prima del debutto, avvenuto nello stesso mese al Teatro Reale della stessa città tedesca. L’opera fu commissionata dalla corte sassone presso la quale Morlacchi era dal 1810 Kappelmeister.


Le notizie riguardanti la prima rappresentazione le possiamo evincere da un accurato articolo dell’Allgemeine Musikalische Zeitung che ci rende abbastanza dettagli sull’andamento della serata. Da qui vediamo che il Barbiere morlacchiano venne accolto favorevolmente dal pubblico e tutti applaudirono in sala. Eppure il corrispondente del giornale riteneva il lavoro di Morlacchi in alcuni momenti “poco chiaro”. Forse in questo si voleva criticare non tanto il compositore umbro ma, velatamente, la corte di Dresda che, in quanto a musica e cultura, tendeva a osteggiare la cosiddetta Deutsche – Oper. I gusti dei regnanti di Dresda erano decisamente anti-romantici e conservatori e amavano divertirsi ancora con le vecchie farsette napoletane prediligendo Cimarosa, Piccinni o Paisiello rispetto a Weber. Sicuramente questo clima ha influenzato, e non poco, Morlacchi nella composizione del suo Barbiere.
Perciò mentre Rossini metteva in scena a Roma il suo Barbiere (febbraio 1816) con il nuovo libretto di Cesare Sterbini, a Dresda Morlacchi (aprile 1816) si cimentava con il “vecchio” libretto di Giuseppe Petrosellini, già musicato da Paisiello. Nel modo di approcciarsi alla composizione musicale in generale Morlacchi è ancora molto legato al mondo di fine ‘700 eppure se lo paragoniamo a Rossini, per esempio, tra i due c’erano solo otto anni di differenza (il pesarese era il più giovane). A ben pensarci Morlacchi, ultimo rappresentante dei maestri di cappella italiani attivi all’estero, si trova negli anni in cui opera di fronte ad un dilemma: scegliere tra lo stile della vecchia scuola napoletana e il nuovo linguaggio romantico. Sicuramente ha cercato di coniugare i due approcci non arrivando però ad uno stile ben definito.


Il Barbiere di Morlacchi è molto legato a quello di Paisiello e lo si vede molto nei recitativi. Un po’ moderna per il tempo invece la Sinfonia con cui inizia l’opera, che potrebbe in qualche modo essere stata scritta da un giovane Mendelssohn. Molte arie si rifanno anch’esse a Paisiello, penso all’arietta di Figaro “Scorsi già molti paesi” così come il duetto Conte-Figaro “Non dubitate Figaro”. Nel contempo l’opera è disseminata, a mio avviso, di alcune pagine deliziose tra cui la canzone del Conte “Saper bramate” (accompagnata da chitarra e strumenti a fiato) oppure l’aria di Rosina che chiude il secondo atto “Giusto ciel che conoscete” (canto intrecciato al suono romantico della viola).
Un esempio dell’approccio ancora settecentesco di Morlacchi è sicuramente l’inizio del quarto atto, affidato ad una introduzione orchestrale di notevole effetto timbrico ma molto retrò come gusto e concezione. Nulla a che vedere con il temporale della sesta sinfonia di Beethoven (del 1808) al quale si ispirerà Rossini nel suo Guglielmo Tell.

Nel complesso l’opera di Morlacchi è però sicuramente da rivalutare e meriterebbe qualche ripresa degna di questo nome.

Qui potere ascoltare l'opera e farvi la vostra opinione:
https://www.youtube.com/watch?v=4jHmCBDdusA

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