Le opere prime... dimenticate... "IL PIGMALIONE" di G. Donizetti


Oggi vorrei soffermarmi sulla prima “fatica” operistica di Gaetano Donizetti: Il Pigmalione.
Quest’atto unico musicato dal giovanissimo compositore bergamasco, su libretto di Simeone Antonio Sografi a sua volta ricavato dal Libro X delle Metamorfosi di Ovidio, fu composto nel 1816 ma non andò mai in scena fino alla sua riscoperta nel 1960.


 La trama dell’opera è molto semplice. Lo scultore Pigmalione (tenore) è disperato: il lavoro gli appare vuoto e senza senso da quando ha cominciato a provare una nuova e sconosciuta passione amorosa per una sua statua femminile, le cui membra sembrano muoversi quando vi si accosta con gli strumenti del mestiere. Dilaniato da sentimenti contrastanti, si rivolge agli dei, chiedendo pace e pietà. Ogni speranza però è vana e l'unica soluzione pare essere la morte: Pigmalione si rivolge a Venere, dea dell'amore, dicendo di voler consacrare la sua vita e la sua morte alla statua che chiama per nome: "Galatea dove sei?". Quando un fulmine colpisce la statua che si anima e l'artista dice di esserne stato il creatore; Galatea (soprano) -scoprendo i palpiti del proprio cuore- comprende di essere viva e lo abbraccia.


La composizione, più che un’opera si rifà alle cantate sceniche che tanta fortuna hanno fatto in Italia tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800. Non è da dimenticare come un grandissimo come Rossini abbia “dato sfogo” alla sua creatività creando alcune cantate che sono dei piccoli capolavori (penso alla “Giovanna d’Arco” musicata poi da Salvatore Sciarrino oppure “Le nozze di Teti e Peleo” o ancora “La morte di Didone”). In questo contesto l’atto unico di Donizetti prende spunto proprio da questa tipologia compositiva per cercare di portarsi in un mondo nuovo. Tanti sono i rimandi ai compositori precedenti (Rossini in primis ma non solo) ma, seppur a livello ancora embrionale, già si possono scorgere alcune vene melodiche che poi, sviluppate, saranno i perni del modo di far musica di Donizetti.
L’opera prevede il “grande” sforzo del tenore mentre al soprano spettano solo alcune battute nel finale che è sostenuto da un’orchestra non particolarmente nutrita e che tende in primis ad accompagnare. Una scoperta comunque per chi non l’ha mai sentita.


Speriamo che nel futuro, viste anche le restrizioni cui saranno costretti i teatri, possa magari avere qualche “nuova” chances di essere allestita.  


Qui il link per ascoltare l'opera:
https://www.youtube.com/watch?v=XSUYOcg9r9Y

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