L'ULTIMO CAPOLAVORO DI PUCCINI... ESALTA SEMPRE PIU' LA POVERA LIU'


Ogni volta che assisto a Turandot non posso che convincermi sempre più come l’opera sia incentrata tutta, non sulla figura della “principessa di gelo” né su quella del “principe ignoto” ma bensì sull’esile ma intensissima figura della piccola Liù.
Anche l’edizione andata in scena a Parma la scorsa settimana mi ha confermato questa impressione. Veramente l’opera si può chiudere con la morte della povera serva di Timur… poco o nulla portano il duetto e la scena finale.


Anche l’aspetto scenico/registico, curato da Giuseppe Frigeni, sembra andare in questa direzione. Non siamo in una Cina fumettistica e anzi sembra di essere un po’ fuori dal tempo in questo ambiente quasi unico per tutta l’opera, popolato di piccole maschere che ci riportano sì ad una fiaba… ma ad una fiaba cupa e scura. L’aspetto che pare emergere di più è non tanto la storia d’amore ma il rapporto conflittuale tra la donna e l’uomo che vede inevitabilmente la prima (Liù in primis ma anche che Turandot) soccombere ai voleri del secondo. Le scelte registiche sono molto musicali, non vanno a togliere nulla ma anzi cercano di esaltare la splendida partitura pucciniana.


La parte musicale si avvale della buonissima direzione di Valerio Galli (ne ha fatta di strada da quando lo sentii la prima volta dal vivo nella Tosca al Teatro Sociale di Rovigo nel 2009). La sua è una concertazione che tende alla melodiosità, senza tralasciare dinamismo ed effetti sonori che in partitura sono scritti. La sua concertazione non traborda e sembra essere sempre attenta alle voci. Purtroppo la Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti, pur volenterosa, non lo segue in tutto in quanto a precisione.
Il cast annovera quattro voci di tutto rispetto nei ruoli chiave.


Partendo dalle mie considerazioni iniziali non posso non esaltare la splendida Liù di Vittoria Yeo che tratteggia un personaggio a tutto tondo: sensibile e musicale con voce morbidissima che si esalta nei momenti topici come “Signore ascolta” e “Tu che di gel sei cinta”. Una prova strepitosa!
Non riesce a tenere il passo della Yeo la pur brava Rebeka Lokar che tratteggia una Turandot dalla voce seducente e morbida. Sembra avere a pieno compreso la parte, anche se gli acuti non sono squillantissimi (e l’orchestra non la sovrasta mai). Nel complesso però una buona prova del soprano sloveno.
Carlo Ventre, nel ruolo di Calaf, offre una prestazione tutta d’un pezzo. I mezzi vocali a sua disposizione sono notevoli e dopo un inizio giocato soprattutto sulla forza, si lascia andare anche a momenti melodici fatti di mezze voci e morbidezze inaspettate.
Buona la prova di Giacomo Prestia nel ruolo tutt’altro che secondario di Timur.


Godibilissimi scenicamente e vocalmente i tre ministri interpretati da Fabio Previati (Ping), Roberto Covatta (Pang) e Matteo Mezzaro (Pong).
Buono l’Altoum di Paolo Antognetti e il mandarino di Benjamin Cho.
Un plauso al Coro del Teatro Regio ottimamente preparato da Martino Faggiani. Bravi anche i piccoli cantori del Coro Ars Canto.



Ecco il link per vedere l'opera:
https://www.youtube.com/watch?v=4OYHQRGjjqw

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