Le opere dimenticate... "MALA VITA" di U. Giordano
Oggi voglio porre la mia attenzione sulla prima avventura
operistica di Umberto Giordano, uno dei massimi musicisti in campo operistico nel
lasso di tempo che va dagli anni ’90 dell’Ottocento fino alla fine degli anni ’30
del Ventesimo secolo.
Il mio sguardo è rivolto a Mala vita che, nella
realtà, non fu il primo melodramma scritto Giordano. Nel 1888 infatti l’editore
milanese Edoardo Sonzogno indisse un concorso per giovani compositori le cui
opere non erano mai state rappresentate. Questi dovevano presentare, ad una
giuria composta da cinque personalità importanti tra critici e compositori dell’epoca,
un’opera in un atto. Il premio sarebbe consistito nell’organizzazione della
rappresentazione delle prime tre opere classificate, il tutto a spese
dell’editore. Umberto Giordano presentò Marina, un lavoro in un atto che
aveva scritto mentre studiava ancora al Conservatorio San Pietro a Majella di
Napoli, che alla fine ebbe soltanto una menzione d’onore (da non dimenticare
che una delle tre opere vincitrici fu Cavalleria rusticana di Mascagni).
Mala vita oltre alla menzione d’onore suscitò anche
l’interesse di Amintore Galli che era il consulente musicale della casa
editrice. Galli riuscì a convincere Sonzogno a commissionare un’opera al
giovane compositore e Giordano, sulla scia del successo della Cavalleria
mascagnana, cercò un soggetto affine a questa. Fu così che il giovane musicista
foggiano rivolse la sua attenzione a “Mala vita” di Salvatore Di Giacomo e
Goffredo Cognetti, lavoro a sua volta basato su “O’ voto” dello stesso Di
Giacomo. Sonzogno affidò la stesura del libretto a Nicola Daspuro che, nel
convertire il lavoro dal dialetto napoletano all’italiano, si mantenne molto
fedele all’originale, riducendo soltanto il primo atto per stringere l’azione.
Nacque così Mala vita, la cui prima, il 21 febbraio 1892 al Teatro
Argentina di Roma ebbe uno strepitoso successo, per la verità più di pubblico
che di critica.
Questa in breve la trama dell’opera.
A Napoli, verso il 1810. Il tintore Vito, amante di Amalia,
una donna sposata, è tisico; poiché ha paura di morire fa un voto al Crocifisso
di sposare la prima prostituta che incontrerà, per redimerla. Davanti alla
fontana incontra Cristina e le propone di sposarlo; la ragazza accetta. Ma
Amalia non è disposta a perdere l’amante: affronta e schernisce l’ex
prostituta. Vito, che non riesce a resistere al fascino di Amalia, abbandona
Cristina; la ragazza, sconfitta, torna a fare la prostituta.
L’opera, pur presentando un soggetto moderno e verista,
musicalmente appare ancora immersa nella tradizione ottocentesca presentando al
suo interno pezzi chiusi come arie e concertati la cui scrittura, nonostante
qualche armonia moderna, non è molto lontana dai compositori della prima metà dell’800.
Il rifarsi alla Cavalleria lo si può ben vedere nel brindisi e nell’intermezzo,
che sono di chiara ispirazione mascagnana. Da notare il pregio di aver voluto
inserire alcune melodie popolari (sembrano riecheggiare tarantelle e tipiche
canzoni melodiche napoletane). Forse le pagine più originali, che ci fanno prevedere
il Giordano maturo, sono la scena del voto di Vito e il duetto (o forse meglio
lo “scontro musicale”) tra Amalia e Cristina.
Mala vita è un’opera della durata abbastanza
contenuta e chissà che nel futuro possa avere delle occasioni di rappresentazione,
magari accoppiata alla Cavalleria, non per far vedere i difetti del
lavoro di Giordano, ma per accentuare le peculiarità di un momento fondamentale,
quello della musica verista, che ha segnato la musica non solo italiana ma mondiale.
Qui il link per ascoltare l'opera:
non conoscevo grazie farò una ricerca in proposito
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