A BERLINO (in streaming)... PER LA FANCIULLA DI PUCCINI/PAPPANO

Tra il catalogo delle opere di Giacomo Puccini ritengo che La fanciulla del west rivesta un tassello molto importante che la rende, a mio parere, l’opera più complessa del maestro di Lucca. Opera “moderna” questa, concepita intorno al dramma di David Belasco The Girl of the Golden West, che ha avuto la sua prima rappresentazione al Metropolitan di New York nel 1910. Moderna soprattutto per la concezione musicale che ne ha Puccini: orchestrazione raffinata, compagine orchestrale immensa (strabordante la sezione dei legni soprattutto), melodie ricercate, atmosfera che ci prelude all’arte che negli anni successivi vivrà il suo boom e cioè il cinema.

Capolavoro non molto eseguito, la Fanciulla sta andando in scena in questi giorni alla Staatsoper unter den Linden di Berlino in un nuovo allestimento curato da Lydia Steier alla regia e con la direzione orchestrale di Antonio Pappano.

La parte visiva (curata da David Zinn per scene e costumi oltre che da Olaf Freese per le luci) ci porta in un ambiente chiuso, quasi un grande hangar dove ci sono tanti tavoli come quelli che possiamo trovare vicino alle bancherelle di street-food, la “Polka” è sostanzialmente una bancherella itinerante che si ferma all’ingresso di quello che è il vero e proprio dancing dove i minatori vanno a ballare. Nulla di trascendentale, anche perché poi il secondo atto si svolge, come da libretto in un appartamento con tetto spiovente e sottotetto praticabile (dove si adagerà Johnson ferito) mentre l’ambientazione del terzo atto è sostanzialmente quella del primo, vuolta e scarna, con un pick-up che dovrebbe servire da palcoscenico del patibolo del bandito amato da Minnie. In questa ambientazione, che un po’ ricorda i film di David Lynch, c’è l’America profonda… con le sue ambiguità e le sue crudeltà. Tutti i personaggi si muovono bene, sono ben caratterizzati e rendono credibile tutta la storia. Certo del west (come lo si concepiva nei primi anni del ‘900) non c’è nulla, o poco, a parte la figura di un bufalo che rimane in scena fin da prima dell’apertura del sipario. Uniche concessioni della regia sono quelle, all’inizio, di tenere in scena un uomo impiccato che penzola dal soffitto… metafora della vita dissennata di chi vive questa storia, anche se finirà con il lieto fine e tenere in scena una bambina (figlia-sorella-confidente di Minnie) che in più momenti sembra essere il motore dell'azione.

Nel complesso quindi uno spettacolo che si guarda senza problemi proprio perché, alla fine, non stravolge nulla.

La parte musicale è incentrata sull’ottima concertazione di Antonio Pappano. Come scrivevo prima l’orchestra che Puccini utilizza è importante in termini numerici e qui il direttore anglo-italiano si avvale dell’efficace riduzione di Ettore Panizza, che gli consente di sottolineare ancora di più alcuni momenti della partitura che altrimenti, nel magma orchestrale, andrebbero persi. Merito anche di una Staatskapelle di Berlino che suona molto bene. Ottime le atmosfere che riesce ad ottenere Pappano, anche se in alcuni momenti si potrebbe lasciar correre di più il suono. Certo che la sua caratteristica dell’asciuttezza, che anche qui riesce ad ottenere, giovano e non poco a questa partitura.

Il triangolo amoroso (soprano-tenore-baritono) si avvale di tre buoni cantanti che contribuiscono, con i loro alti e bassi, alla buona riuscita dell’intero spettacolo.


Anja Kampe è una interessante Minnie: buona la sua linea di canto che tende un po’ a diventare stridula sulle note acute. Il suo italiano è buono e riesce bene a addentrarsi nel personaggio.


Buono il Johnson di Marcelo Alvarez, che personalmente riascolto dopo un po’ di anni. Certo la “pasta” della sua voce non è più quella di vent’anni (lo ricordo ancora come uno dei migliori Duchi in un Rigoletto areniano) ma la linea vocale è ancora ragguardevole, un po’ in difficoltà nel declamare ma quando le note salgono il timbro prende il sopravvento ed è un piacere.


Buona la prova anche di Michael Volle che, visivamente, è un ottimo Rance. Le note scritte da Puccini sono cantate tutte dal baritono tedesco, anche se la pronuncia (in quest’opera e soprattutto in questa concezione molto declamata) non giovano all’ascolto. Nel complesso però, una interpretazione da apprezzare.

Fanciulla è un’opera “corale” in cui tanti sono i personaggi minori che però hanno un ruolo fondamentale. Un po’ tutti, che più chi meno, sono afflitti da evidenti problemi di pronuncia però voglio ricordare il Nick di Stephan Rugamer (che impersona una drag-queen). L’Ashby di Jan Martinik e il Jim di David Ostrek.


Molto buona anche la prova del coro diretto da Martin Wright.

 

Di seguito il link per vedere lo spettacolo:




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