IL DITTICO PER ANTONOMASIA… NON DEL TUTTO AZZECCATO


Al Teatro Valli di Reggio Emilia è andato in scena, lo scorso fine settimana, il più classico dei dittici operistici e cioè l’accoppiata Cavalleria rusticana / Pagliacci. L’allestimento arriva direttamente dal Teatro Comunale di Bologna (complici le intere maestranze del teatro felsineo) che lo ha messo in scena alla fine del 2019.

Le regie delle due opere sono curate da due tra le massime registe italiane dei giorni nostri: Emma Dante per Cavalleria rusticana e Serena Sinigaglia per Pagliacci.


L’allestimento di Emma Dante è quello che 2017 che personalmente trovo interessantissimo in quanto sfrutta un palcoscenico formato da pochi elementi che però, grazie ai sapienti movimenti di interpreti, masse corali e figuranti ci porta ad una società siciliana opprimente, in cui l’aspetto del “silenzio” e della “devozione” la fanno da padrone. 


La Cavalleria di Emma Dante mi sembra emerga come un dramma collettivo, una sorta di Sacra rappresentazione laica di dolore su cui si innestano i rituali della Settimana Santa fatti di Cristi in croce processioni e pie donne. Anche la scelta, azzeccata a mio avviso, di chiudere l’opera rappresentando la figura della Pietà corre in questo senso.


L’ambientazione di Pagliacci è molto tradizionale e non è difficile capire che ci troviamo in una campagna del Mezzogiorno, forse alla metà del ‘900, montata in tempo reale dai tecnici durante il Prologo. Il coro si muove in maniera abbastanza statica attorno al palchetto al centro della scena. La distinzione tra realtà e finzione è data dalla recitazione, molto simile ai movimenti dei burattini, dei protagonisti della commedia. Tutta l’opera scorre via liscia senza grandi punte… ed è un bene, perché lo spettatore può gustarsi le splendide melodie di Leoncavallo.


Balza subito all’orecchio l’abissale differenza tra la “regia teatrale” e la “regia musicale”, questa affidata a Frédéric Chaslin. Ritmicamente è molto ballerino, nel senso che in certi momenti stacca tempi che nulla centrano con il fluire musicale, a volte sono molto lenti e a volte anche troppo veloci. Di queste scelte ne risentono tutti, in primis l’orchestra e il coro, che (soprattutto quest’ultimo) fa fatica a tenere il ritmo richiesto. L’orchestra poi non riesce ad esprimersi come invece sa (e la riprova è l’ottima resa del Tristan und Isolde di qualche settimana prima) e qui il demerito è solo del direttore. Tra le due opere quella che risente maggiormente di questa concezione musicale è sicuramente Cavalleria rusticana ma anche l’opera di Leoncavallo rende poche emozioni allo spettatore.

Le due compagnie di canto hanno avuto delle punte insieme a prestazioni più che oneste, ma nulla più.

In Cavalleria Sonia Ganassi interpreta Santuzza e mette in mostra uno strumento vocale abbastanza usurato dai tanti anni di carriera. Questo però la mette nelle condizioni di optare per una interpretazione molto ricercata in quanto a espressività e volume.


Angelo Villari è un buon Turiddu, dalla voce abbastanza limpida. Buona la Lola di Alessia Nadin, mai sopra le righe (e per questo personaggio, che sembra marginale, il pericolo è sempre dietro l’angolo) così come la Mamma Lucia di Claudia Marchi. 


Buono anche l’Alfio di Stefano Meo che tratteggia un Alfio dal giusto fraseggio e dalla contenuta irruenza.


In Pagliacci sicuramente il più “in palla” è Stefano La Colla che ci porta un Canio dalla voce chiara e squillante accompagnate ad una ottima propensione attoriale. 


Carmen Solis interpreta Nedda (chiamata all’ultimo a sostituire Carmela Remigio) in maniera corretta ma non avvincente. Altra buona prova di Stefano Meo nel ruolo di Tonio, sicuramente più impegnativo e complicato di quello dell’Alfio mascagnano. Non molto interessante né il Silvio di Vincenzo Nizzardo e neanche il Peppe di Paolo Antognetti.



Di seguito il link dove poter seguire lo spettacolo:

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