A PARMA (in tv) PER IL MONDO SOSPESO... DI PELLEAS E MELISANDE
«So benissimo che non si può canterellare o fischiettare nessun pezzo della mia opera, e sono consapevole che nessun frammento della mia musica avrà mai gli onori di un organetto né di una pianola. Inutile precisare che ne sono entusiasta. Non c’è canto nella vita: ci sono ritmi, atmosfere, colori, ma queste cose, anche se variano incessantemente, si succedono senza soluzione di continuità per l’eternità». Così si esprimeva Claude Debussy parlando del suo Pelléas et Mélisande e non si può che convenire con questa sua affermazione.
Ieri sera si è potuto rivedere e riascoltare il capolavoro di Debussy, nella messa in scena che nelle settimane scorse è stata allestita al Teatro Regio di Parma. Lo spettacolo, pensato dal duo canadese Barbe & Doucet non è pensato propriamente per la ripresa televisiva (l’allestimento era quello previsto per inaugurare l’anno di Parma – Capitale della Cultura) ma le immagini che il mezzo televisivo ci offre sono di bell’effetto.
L’ambientazione che vediamo in scena lo si può considerare quasi come una
sorta di mondo sospeso: lo spazio dove ruota la vicenda di Mélisande, di Pelléas
e del suo fratellastro Golaud è lo si può ben considerare (con le sue isole
sospese tra terreno e radici) un luogo di intersezione, ma non di approdo
definitivo, tra la vita e la morte. E in questa intersezione di mondi un ruolo
fondamentale ce l’ha l’acqua che va a compenetrarsi con la terra: ecco che
vediamo lunghe radici diramanti da un albero dalla chioma bianca (come bianca è
la capigliatura di ciascun personaggio); le stesse radici che poi diventano i
lunghi e folti capelli di Mélisande oppure ancora la strada che ci porta al castello
di Arkel, signore del regno d’Allemonde.
Tutto quello che si vede è coerente con la splendida musica di Debussy ed
in esso i personaggi sembrano muoversi cercando, in questa eterna sospensione
dell’anima, di ottenere una sorta di redenzione che però non arriverà. A mio
parere… spettacolo molto bello.
La parte musicale è all’altezza di quella visiva e gran merito va dato a
Marco Angius che, con il buon supporto dell’Orchestra dell’Emilia Romagna
Artuto Toscanini, ci offre una concertazione cesellata in ogni nota, espressiva,
che ci riporta quasi ad una natura primordiale e nella quale anche i silenzi
sono momenti di grande suggestione.
Il cast è nel complesso ben assortito e consono a ciascun ruolo
interpretato.
Monica Bacelli è un’ottima Mélisande e riesce nel compito tutt’altro che semplice di renderci questo personaggio che quasi vive in una sua dimensione personale al di fuori di quelli che sono i rapporti con gli altri personaggi.
Phillip Addis, pur non dotato da un timbro affascinante, riesce a rendere
efficacissimo il ruolo di Pelléas con suoni luminosi e ben calibrati.
Molto interessante il Golaud di Michael Bachtadze che ben si contrappone,
dal punto di vista vocale ad Addis.
Toccante l’Arkel di Vincent Le Texier e ben caratterizzata è la Geneviève
di Enkelejda Shkoza. Menzione speciale per l’ottima Silvia Frigato nel ruolo,
spesso poco considerato, di Yniold. Bravo anche Andrea Pellegrino nel doppio
ruolo di medico e pastore.
Buono anche l’apporto del Coro del Teatro Regio come sempre preparato da
Martino Faggiani.
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