A VIENNA (in streaming) PER IL PARSIFAL… DETENUTO

Gran parte del teatro musicale wagneriano si presta, soprattutto in terra germanica, a trasposizioni certe volte molto azzardate che vanno a snaturare il senso stesso della composizione.

Un esempio lampante lo si è potuto vedere nella nuova produzione di Parsifal andato in scena in questi giorni alla Staatsoper di Vienna pensata dal regista Kirill Serebrennikow. L’artista russo si trova, in patria, in una condizione particolarissima in quanto condannato a tre anni (fortunatamente ora è agli arresti domiciliari) per frode ai danni del ministero russo della cultura e questa condizione non può che far venire alla mente la situazione ben peggiore che sta tuttora vivendo Alexey Navalny.


La sfortunata situazione personale di Serebrennikov sicuramente ha giocato un ruolo fondamentale nell’ambientare il primo atto dell’opera in una prigione desolata chiamata Montsalvat. Chi guarda lo spettacolo dallo schermo può assistere alla vita quotidiana del carcere in cui nulla viene tralasciato: traffico di droga, minacce, corruzione di guardie giurate, violenza fisica, a volte sessuale. Alla tristezza del paesaggio si aggiungono sequenze video di rovine, prigionieri torturati, ma soprattutto tatuaggi… e Gurnemanz ci viene presentato come un detenuto abilissimo tatuatore. Partendo da questi presupposti quasi non ci si fa caso che Kundry è presentata come giornalista che allegramente partecipa al traffico di droga e contrabbando di altri oggetti, scattando continuamente foto ai detenuti. La figura di Parsifal è poi sdoppiata e ci si presenta, oltre a Kaufmann, con il giovane Nikolay Sidorenko.

Il secondo atto si svolge in una redazione di un giornale da quattro soldi diretto dal subdolo Klingsor. Kundry sembra quasi venga licenziata dal suo capo e (complici la varie redattrici “fanciulle fiore”) cerca di sedurre il giovane Parsifal per farsi poi vendicare. Le cose però precipitano ed è lei stessa ad uccidere Klingsor con parecchi colti di pistola.

Nel terzo atto, ambientato sempre nel carcere di Montsalvat, si arriva all’apice della regia strampalata di Serebrennikow: ci sono delle pie donne che offrono fiori e candele a Parsifal mentre Kundry è anch’essa una carcerata (molto probabilmente proprio per aver ucciso Klingsor); Amfortas poi entra in scena con l’urna contenente le ceneri del padre Titurel (che nel primo atto, complici i suoi problemi, continua a sentire cantargli nelle orecchie) e ad un certo punto le sparge tutt’intorno. In questo ambiente surreale si chiude la vicenda con Parsifal che, aiutato dal suo giovane alter ego, libera tutti i detenuti mentre Amfortas, che pare rinsavito, se ne esce insieme a Kundry.

Insomma un’accozzaglia di tantissime cose, senza né capo né coda, visivamente bellissimo (riprese eccezionali) ma che però non rende nulla al grande capolavoro che invece è Parsifal. In alcuni momenti si assiste addirittura a delle scene che sfociano nel grottesco.

Peccato… perché musicalmente lo spettacolo è interessantissimo.


Domina sull’intera compagnia lo straordinario Gurnemanz di Georg Zeppenfeld, dalla pregnanza impressionante, la pronuncia impeccabile e una nobiltà (pur massacrata dalla concezione registica) esemplare.


Jonas Kaufmann canta molto bene il ruolo tutt’altro che semplice di Parsifal e lo fa da par suo, cercando di non lesinare sottigliezze e momenti di pura magia.


Elīna Garanča debutta come Kundry e lo fa sicuramente bene anche se, a mio parere, dovrà approfondirlo ancora di più. Buono il primo atto ma l’impressione è stata quella di sentirla un po’ fredda; il secondo atto invece è cantato ottimamente, con una straordinaria immedesimazione.

Convince senza riserve anche l’Amfortas di Ludovic Tézier con la sua bellissima voce baritonale così come è ottimamente interpretato anche il Klingsor di Wolfgang Koch.

Molto buona la lettura che ne dà Philippe Jordan, nuovo direttore musicale della Staatsoper: il suo è un Parsifal dal suono fresco, molto adamantino, poco “teutonico”. I tempi scelti dal direttore francese sono abbastanza in linea con questa concezione, ogni singola nota è ben percepita e calibrata. Molto bene, infine, le masse artistiche del teatro che completano un aspetto musicale sicuramente di rilievo… anche se purtroppo l’allestimento non può che lasciare delusi.

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