CON LA TRAVIATA ROMANA... NON SI RIPETE IL MIRACOLO DEL BARBIERE

Il connubio Gatti/Martone, che qualche mese fa aveva ottenuto ottimi riscontri al Teatro dell'Opera di Roma nell'allestimento del Barbiere rossiniano, purtroppo non centra l'obiettivo in questa messa in scena "simil cinematografica" della Traviata di Giuseppe Verdi.

Il melodramma verdiano meno si presta al "gioco" cinematografico di Mario Martone rispetto al capolavoro rossiniano e quindi la scelta (sicuramente interessante) di sfruttare tutti gli spazi del teatro per ambientare le vicende di Violetta & C. giovano fino ad un certo punto alla resa complessiva.

Certamente Martone si destreggia bene e riesce ad ottenere anche buoni risultati in alcuni frangenti come, per esempio, nel duetto "Un dì felice eterea" cantato sulle scale che portano al foyer oppure il bellissimo momento che apre il concertato finale del secondo atto con Violetta che intona "Alfredo, di questo core" dietro la tenda di velluto che conduce alla platea. Anche la scena del primo quadro del secondo atto è sicuramente interessante (con Alfredo che canta "Deh miei bollenti spiriti" da un palco mentre dipinge su una tela proprio la scenografia del palcoscenico) ma il tutto, condito da momenti molto meno riusciti, non pare figlio di una visione unitaria da parte del regista. Il tutto, per carità, sarà anche di buona fattura ma non si percepisce quello scorrere inesorabile del tempo che sta portando a compimento il destino di Violetta.

I solisti, il coro e anche i ballerini si destreggiano abbastanza bene, favoriti soprattutto dai primi piani e da inquadrature abbastanza statiche che mi hanno ricordato, in parte, le vecchie registrazioni operistiche della RAI degli anni '50 e '60.

Nel complesso non si può dire che la visione sia dispiaciuta pur con tutte le pecche appena enunciate ed un montaggio, certe volte, poco sincronizzato tra musica e ripresa video.

La pecca maggiore, a mio parere, si ha sul lato musicale. Sostanzialmente questa Traviata è la terza affrontata da Daniele Gatti (dopo quella bolognese e quella scaligera) e le impressioni, soprattutto basandosi sulla prima di Sant'Ambrogio di qualche anno fa, sono decisamente negative.

Se è interessante il suo concepire l'opera come una veloce discesa di Violetta verso l'abisso della morte nonché l'esaltazione del suo "non riuscire a poter fare nulla per cambiare le sorti del destino", la sua concertazione risulta difforme, quasi insensata in alcuni momenti. Partitura alla mano, sono incomprensibili tanti stacchi di metronomo che sembrano essere completamente distaccati dalla musica che si sta eseguendo così come dalle parole del libretto. Il maestro ha la fortuna di avere a disposizione un'orchestra di grandi professionisti che lo segue alla lettera in ogni sua indicazione e che quindi non "cade" sotto i colpi del direttore.

Se può starci che i due preludi siano molto lenti, non è comprensibile come buona parte del duetto Germont/Violetta sia invece staccato ad una velocità quasi supersonica, così come non è assolutamente capibile il tempo assurdamente veloce di "Amami Alfredo" che è il climax di tutta l'opera.

Tanti altri sono i passaggi che sarebbero da analizzare ma mi fermo a questi per rimarcare come per un ottimo direttore quale Gatti è (che inoltre potrebbe con ampio merito ricoprire prossimamente l'l'incarico di direttore principale dell'Accademia di Santa Cecilia) non tutto il melodramma sia affrontabile con esiti lusinghieri anche per la "voglia" di strafare (vedi il suo Trovatore salisburghese o il recente Rigoletto romano).

La compagnia di canto è abbastanza interessante sulla carta ed è capitanata da una buona Lisette Oropesa che però non offre una prova del tutto convincente. I suoi acuti non sono brillantissimi così come il vibrato sembra essere un po' troppo oscillante. Dopo un discreto primo atto ci lascia un buon secondo atto mentre nel terzo non riesce a mettere nelle note (e nell'interpretazione) il peso della drammaticità del ruolo e di quello che Verdi vuole.

Saimir Pirgu è, per me, la vera delusione in quanto non dà mai l'impressione di essere pienamente in parte, sia visivamente che vocalmente. La sua linea di canto sembra abbastanza bistrattata dai microfoni ma l'ascolto è quello di una voce fosca, brunita, poco portata, senza appoggi e particolari accenti. Sicuramente una prestazione molto al di sotto delle sue possibilità.

Roberto Frontali, pur con qualche piccola difficoltà di tenuta della linea di canto, tratteggia un convincente Giorgio Germont.

Assieme a lui la palma di migliore prestazione vocale mi sento di darla ad Angela Schisano che caratterizza un'ottima Annina.

Discreti tutti gli altri interpreti, senza particolari punte in basso... ma neanche in alto.

Alla fine rimane molto amaro in bocca per una "operazione" che non possiamo dire sia riuscita a metà... perché diremmo una bugia dovuta al troppo buonismo. Peccato!!!

Commenti

Post popolari in questo blog

A MILANO (in tv)... PER IL DON CARLO INAUGURALE

A ROVIGO... PER LA "GELIDA MANINA" DELLA BOHEME PUCCINIANA

A VERONA (in tv)... PER IL GIARDINO ARENIANO DEDICATO AL BARBIERE