A ROMA (in streaming)... PER LA TURANDOT PENSATA DA AI WEIWEI

Può un allestimento preparato, rimandato e poi ancora rimandato... una volta messo in scena deludere le aspettative? Certamente... e questo è il risultato purtroppo della Turandot pucciniana in scena in questi giorni al Teatro dell'Opera di Roma con la regia di Ai Weiwei e la direzione musicale di Oksana Lyniv.

L'artista dissidente cinese pensa e mette in scena uno spettacolo che, visivamente nonché concettualmente, poco ha a che fare con l'idea di fondo che muove Turandot. La "sua" Turandot è completamente distaccata da quella pucciniana: al regista interessa far vedere al pubblico la sua concezione del mondo e della realtà, fatta di crisi e catastrofi. Certo in questi giorni in cui la tragedia della guerra si è fatta a noi vicinissima non si può dire che non creino interesse le immagini che si succedono sull'enorme schermo in fondo al palcoscenico. Il palco è occupato da una immensa scalinata che, vista dall'alto, forma i mari attorno ai continenti della nostra terra: su di essa si muovono i protagonisti mentre le masse artistiche entrano ed escono dai lati e sono letteralmente ferme. Pochissima è la cura che viene affidata ai movimenti, se non per alcune ballerine e soprattutto per un artista cinese che danza impersonando prima il Principe di Persia e poi ritorna nel secondo e terzo atto fino a quando si toglie il suo mantello per coprire, al termine dell'opera il corpo esanime della povera Liù. Se le intenzioni di fondo ci possono anche essere manca però una concreta realizzazione. Visivamente e concettualmente... molto poco quindi.

L'aspetto musicale è senza dubbio più interessante anche se si fa fatica, complessivamente, a darne un giudizio pienamente positivo.

Oksana Lyniv (che io ho apprezzato moltissimo nel suo Hollander wagneriano a Bayreuth) affronta l'ultimo capolavoro di Puccini badando molto più all'aspetto sinfonico rispetto invece alla giusta calibratura che ci deve essere con voci e masse artistiche. Alcuni dettagli sono lodevoli, alcuni colori particolari (penso all'uso particolare degli archetti degli archi o alle percussioni) tendono a renderci delle sonorità "nuove"... però è purtroppo palese in vari momenti dello spettacolo lo scollamento tra buca e palcoscenico, il supporto delle voci è traballante tanto che in più frangenti sia i solisti che il coro sono costretti a rincorrere l'orchestra. Turandot è un'opera difficilissima da dirigere e anche tanti grandi direttori sono caduti nella sua trappola (penso all'allestimento scaligero di una ventina di anni fa diretto molto male da George Pretre, per esempio), la direttrice musicale del Teatro Comunale di Bologna avrà sicuramente modo di approfondire questo titolo (così come tutto il repertorio italiano, in generale) così da trovare la giusta chiave di lettura della "principessa di gelo". Per ora... bene le intenzioni ma si rimanda il tutto a momenti migliori.

La compagnia di canto è, sulla carta, interessante.

Francesca Dotto, che interpreta Liù si può considerare senza mezzi termini la migliore della serata. La parte le calza a pennello e il soprano trevigiano riesce a trovare i giusti colori e i giusti accenti: molto belle le mezze voci e "da brividi" lo splendido piano del suo "Pietà" al termine della sua "Signore, ascolta". Una spanna sopra tutti gli altri interpreti, conferma la bella serata cantando in maniera emozionante il suo "Tu che di gel sei cinta". Il pubblico, al termine della recita, le tributa i giustissimi applausi.

Oksana Dyka è una buona Turandot: pur non avendo la potenza di tante sue colleghe che affrontano il ruolo, il soprano ucraino porta in scena una Turandot più umana del solito. La sua voce regge abbastanza bene per tutto il secondo atto, anche se pare arrivare un po' stanca al termine.

Michael Fabiano è un buon Calaf anche se la sua voce, di tenore lirico, andrebbe bene molto più come Rodolfo o Cavaradossi. La sua prova è senza pecche particolari ma non emoziona particolarmente, lasciando l'amaro in bocca.

Se si dipana abbastanza bene nel ruolo Antonio Di Matteo (Timur) così non si può dire dei tre ministri, interpretati da Alessio Verna, Enrico Iviglia e Pietro Picone, che nella prima scena del secondo atto hanno dimostrato palesi difficoltà di coordinamento. Non esaltanti neppure le prove di Rodrigo Ortiz (Altoum) e Andrii Ganchuk (Mandarino).

Il coro del Teatro dell'Opera, diretto da Roberto Gabbiani, così come le voci bianche offrono una prova buona ma non esaltante.

Al termine della recita: tante le aspettative... per lo più andate deluse.


Trasmissione in streaming del 24 marzo 2022 - ★★☆☆☆


Di seguito il link per vedere lo spettacolo (RaiPlay):

https://www.raiplay.it/video/2022/03/Opera---Turandot-1977a85d-02ef-4c56-9dc2-a4e5158ce24e.html

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