A VENEZIA (in streaming)... PER L'INAUGURAZIONE DELLA STAGIONE DELLA FENICE

Sabato sera il Teatro La Fenice di Venezia ha inaugurato la sua stagione lirica con una edizione così così di Fidelio, unico capolavoro operistico del grandissimo Ludwig van Beethoven.

Nel complesso è una edizione che non si ricorderà in eterno per una serie di fattori… sia visivi che musicali.


Parto dalla parte visiva curata per la regia da Joan Anton Rechi, con scene di Gabriel Insignares, costumi di Sebastian Ellrich e luci di Fabio Barettin. Il regista, forse anche partendo da nobilissime intenzioni, non fa altro che mettere in scena lo “strumentario” della buona routine classica, fatta di pochissimi movimenti, gesti contenuti ma azione quasi inesistente. Di certo non l’aiuta neanche l’impianto scenico, che di per sé non sarebbe neanche malvagio, con una grande testa nel primo atto (resto di una ipotetica grande statua che in teoria dovrebbe essere costruita dai detenuti) che cela al suo interno le segrete del carcere e, nel secondo atto, una serie di cerchi posizionati in prospettiva che dovrebbero proprio indirizzarci al carcere stesso. In queto contesto ci sono dei costumi che definire brutti è un eufemismo.

Nel complesso una regia che dice poco o nulla.

Anche l’aspetto musicale non soddisfa a pieno… e questo dispiace soprattutto per le aspettative che si nutrivano nei confronti di Myung-Whun Chung, grande esperto di Beethoven.


La sua concertazione purtroppo non è lineare, nel senso che cerca di scrostare la partitura del genio di Bonn da un’aura troppo romantica e quindi roboante, cercando di riportarla alla visione più neoclassica. Si sentono sonorità che tendono più a Mozart ma la resa non è omogenea nel corso dello spettacolo. I tempi sono per lo più veloci e certe volte tante sono le asprezze che arrivano dalla buca così come non limpidissimo è il rapporto buca/palcoscenico, soprattutto negli interventi corali (molto al di sotto del suo normale standard anche il coro diretto come sempre da Claudio Marino Moretti). La stessa scelta fatta dal direttore coreano di iniziare l’opera non con l’ouverture prescritto da Beethoven ma dal Leonora n. 3 ci dice tanto… Speriamo che nel corso delle recite si affini la concertazione, perché le basi ci sono tutte per ascoltare un Fidelio diverso.

Il cast non ha convinto a pieno, con punte veramente basse insieme a belle sorprese.


Tamara Wilson è una buona Leonora, dotata di un ottimo strumento vocale che cerca di piegare in base alle indicazioni del direttore. Nel complesso, non entusiasmando, siamo di fronte comunque ad una prova positiva.

Cosa che purtroppo non si può dire di Ian Koziara, un Florestan insufficiente sotto ogni aspetto. La sua grande aria del secondo atto è quasi inascoltabile: voce cupa, roca e, alla fine, che rasenta l’afonia. Anche nel corso dello spettacolo l’impressione non cambia.


Tilmann Rönnebeck è un buon Rocco mentre Oliver Zwarg gioca il suo Don Pizzarro più sul declamato che sul canto.

Molto bene invece la coppia formata da Ekaterina Bakanova (Marzelline) e Leonardo Cortellazzi (Jaquino) così come si destreggia bene Bongani Justice Kubheka nella breve parte di Don Fernando.

Complessivamente… un Fidelio rimandato…



Diretta streaming del 20 novembre 2021 – 🌟🌟


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