Le opere dimenticate... "MIRRA" di D. Alaleona
In attesa di vedere la Traviata parigina ancora un’opera
praticamente dimenticata di un autore vissuto a cavallo fra l’800 e il ‘900 e
morto sicuramente troppo presto. Sto parlando di Domenico Alaleona, nato e
vissuto nel paese marchigiano di Montegiorgio che, seppur scomparso a soli 37
anni nel 1928, ci ha lasciato un’opera lirica di tutto rispetto, Mirra.
L’opera, dopo essere stata rappresentata nel 1920 al Teatro
Costanzi di Roma, è praticamente andata dimenticata ed è stata riscoperta nel
2002.
In breve la trama.
Mirra, figlia di Ciniro re di Cipro, sta per sposare Pereo,
re d’Epiro. Mirra però è vittima di un malefizio lanciatole contro dalla dea
Venere che, infuriata con la madre della ragazza, ha fatto in modo che quest’ultima
si innamorasse perdutamente del padre. Alla cerimonia nuziale Mirra è colta da
una apparente follia affermando di essere posseduta dalle furie. Pereo, disperato,
annuncia che non sposerà più Mirra e, dopo essere ripartito per la sua patria,
si suicida. Ciniro, addolorato per la scomparsa di Pereo, chiede alla figlia di
chi è veramente innamorata, promettendole che acconsentirà, pur di vederla
felice, al matrimonio con la persona oggetto del suo desiderio. Mirra allora
confessa il suo amore incestuoso e, sottratta la spada del padre, si trafigge
il petto.
La scrittura musicale di Alaleona, sebbene molto personale,
è chiaramente erede di Wagner, Puccini, Strauss e persino di Debussy (in alcuni
passaggi pare di essere catapultati nel fantastico regno d’Allemonde). Fin dal
primo ascolto si noterà che Alaleona riesce a mettere sul pentagramma una
musica molto fluida, sinuosa e contrastante al tempo stesso, il cui flusso
continuo (simile ma non uguale al concetto di leitmotiv wagneriano) crea, sulla
scorta di quella che è la storia che si va dipanando, un clima direi più
angosciato che ansioso, in cui ci sono momenti di una calma assoluta non meno
inquietante (e proprio in questi momenti risento echi straussiani che arrivano
soprattutto da Salome piuttosto che da Elektra). Alaleona sa usare e amalgamare
molto bene gli strumenti orchestrali a disposizione arrivando ad essere, forse
senza volerlo, un po’ espressionista, lavorando molto anche con le percussioni,
con le quali raggiunge effetti sonori molto interessanti.
I cantanti, nella scrittura del compositore marchigiano,
sono chiamati ad una prova di forza non da poco, così come risulta avere un
buon peso specifico anche il coro formato sia da voci adulte che da voci
bianche.
Anche quest’opera, come tante altre di questo florido
periodo musicale italiano, merita sicuramente una riscoperta scenica (l’unica
ripresa di Mirra è stata fatta in forma di concerto in Francia nel 2003).
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