A VIENNA (via streaming) PER UN NABUCCO PLACIDO
Ottant’anni sono un’età invidiabile… specie per un cantante lirico ancora in attività. Questo è il regalo che sostanzialmente ha fatto la Staatsoper di Vienna a Placido Domingo che ieri sera ha sostenuto la parte del sovrano babilonese nel Nabucco di Giuseppe Verde messo in scena di fronte ad una sala completamente vuota a causa della pandemia ma sicuramente davanti ad un folto pubblico via streaming.
Placido Domingo ormai da vent’anni ha fatto la scelta di
cantare ruoli baritonali cambiando sostanzialmente il suo repertorio. Scelta
dai più ritenuta poco congrua… lui rimane pur sempre un tenore e il suo timbro
con l’avanzare dell’età non è praticamente cambiato. Quindi quando lo si sente
cantare, in sostanza, si sente cantare un tenore ruoli scritti per un registro
diverso dal suo. Negli ultimi anni poi, soprattutto per colpa degli anni, le sue
prestazioni in termini di vocalità, emissione del suono, fiato e costanza, sono
andate calando. Penso che questo Nabucco
sia stata la prova provata di come… si debba arrivare a scegliere di fermarsi e
lasciare negli spettatori lo straordinario ricordo di un grandissimo interprete
che nella seconda metà del XX secolo è stato tra i migliori tenori in assoluto
sulla scena mondiale.
Dopo questa, per me, doverosa dissertazione iniziale vorrei
addentrarmi sulle impressioni di questa recita all’Opera viennese.
Domingo entra in scena con una tempra ed un piglio veramente
invidiabili. Subito ho pensato ascoltandolo: “Stasera è una sera buona!!!”.
Infatti il timbro è squillante, non ci sono difficoltà nei fiati, non ci sono
abbassamenti di voce, il timbro (rimanendo comunque sempre tenorile) è ben
appoggiato. Le giuste premesse insomma. Purtroppo dal secondo atto in poi la
prestazione cala di intensità e qualità. La voce diminuisce di potenza, i fiati
cominciano ad essere corti, le amnesie (era da tanto tempo che non vedevo un
cantante ricorrere così spesso con lo sguardo, quasi supplichevole, alla buca
del suggeritore) diventano in alcuni momenti imbarazzanti come nella stretta
finale che chiude il primo quadro del quarto atto. In tutto questo però ci sono
sicuramente dei bei momenti che il “vecchio lupo” da palcoscenico riesce a
darci. Su tutti un intenso e partecipato “Dio di Giuda”. Peccato... perché i
compagni di viaggio di Domingo sono tutti di prim’ordine.
Anna Pirozzi inanella una Abigaille di straordinaria fattura.
Ottima la linea di canto, ben appoggiata la voce sia in basso che negli acuti
svettanti. Il soprano napoletano ha personalità da vendere e la mette tutta
nella sua prestazione. Se canta molto bene “Salgo già del trono aurato” ancora
migliore è la sua interpretazione flebile, languida ma azzeccatissima di “Su me,
morente, esanime”.
Riccardo Zanellato conosce a menadito il ruolo di Zaccaria e
lo si sente. Ogni nota è ricercata del colore specifico, anche le mezze voci
sono piene. Una buonissima prestazione la sua, coronata da un toccante “Vieni,
o levita”.
Molto interessante la coppia di giovani amanti: Ismaele è
interpretato correttamente da Freddie De Tommaso (dalla voce brunita e ben
portata) mentre Fenena è cantata da Szilvia Voros.
Corretti anche i ruoli comprimari con un accenno alla buona
prestazione di Aurora Marthens, nel ruolo di Anna.
Il maestro Marco Armiliato dirige con piglio l’orchestra e
il coro della Staatsoper riuscendo ad ottenere buone sonorità. I tempi sono
sempre congrui con le esigenze interpretative dei cantanti e l’accompagnamento
è di ottima fattura. Il coro, che come ben si sa ha un peso specifico
importante in quest’opera, canta bene e ci lascia un buon “Va’ pensiero”.
Lo spettacolo di Gunter Kramer calca le scene viennesi ormai
da parecchi anni. È una trasposizione, in chiave contemporanea, del dramma che
vede il popolo ebraico oppresso. L’allestimento è per lo più descrittivo, con
scene praticamente inesistenti se non pochissimi elementi decorativi.
Sostanzialmente, pur nella sua modernità, non stravolge nulla e per la maggior
parte dell’opera tende a seguire in maniera pedissequa le indicazioni
prescritte dal libretto. Una chiave di lettura che ritengo interessante in
questa concezione registica è quella della conversione di Fenena che, a me
pare, non sia solo dovuta all’amore verso Ismaele ma anche da una vera e
propria conversione religiosa (cosa questa che normalmente le regie tendono a
non approfondire).
Serata quindi con alcuni alti e alcuni bassi… ma comunque
godibile. Auguri a Domingo ancora per le sue 80 primavere sperando in decisioni
definitive sulla sua carriera artistica.
Grazie, ottimo racconto della serata. Condivido e appoggio il giusto, amorevole e rispettoso consiglio per il grande Domingo.
RispondiEliminaPaolo Croce (Genova-Italia)