A PESARO (alla radio)... PER L'INAUGURAZIONE DEL ROF NUMERO QUARANTADUE
Agosto è il grande mese dei festival operistici internazionali… e per noi italiani non può che essere Pesaro e il suo ROF, giunto quest’anno alla 42^ edizione.
Lo spettacolo inaugurale del Festival è Moïse et Pharaon nel nuovo
allestimento concepito da Pier Luigi Pizzi (assieme a Massimo Gasparon) con la
direzione orchestrale affidata a Giacomo Sagripanti.
Il Moïse è un capolavoro assoluto di Rossini che, partendo dal suo
Mosè in Egitto napoletano ha forgiato una nuova opera non solo concepita
per il gusto francese (e quindi un grand-opéra) ma che già guarda, come
inevitabilmente farà anche il Guillaume Tell, al romanticismo.
L’opera si è ascoltata alla radio e quindi le considerazioni saranno
prettamente musicali.
Giacomo Sagripanti torna al ROF dopo una serie fortunata di direzioni (Barbiere
nel 2014, Ricciardo e Zoraide nel 2018 oltre allo Stabat Mater) e
qui lo fa con uno dei massimi capolavori (almeno per me lo è). L’esito è nel
complesso molto buono anche se potrebbe essere ulteriormente superbo. Sagripanti
ha a disposizione un’orchestra veramente eccezionale (l’Orchestra Sinfonica
Nazionale della RAI) che in quanto a compattezza e bravura, anche dei solisti,
non è seconda a nessuna compagine italiana. La concertazione si basa molto sulle
varietà dinamiche della partitura e sui colori che l’intera opera sfodera durante
il suo corso: molto ben sostenuti i momenti solistici dei cantanti mentre un po’
più di peso specifico meriterebbero i momenti corali. Come si sa, l’opera ha un
retrogusto oratoriale e parecchi numeri in partitura si avvicinano a quel mondo
(non so perché ma in alcuni momenti mi viene già in mente Mendelssohn e
addirittura Brahms) ed è proprio in questo che a mio parere non arriva in pieno
la concertazione di Sagripanti. Ottimo il rapporto buca/palcoscenico e momenti
molto belli stilisticamente come l’inizio del secondo atto, l’ottima esecuzione
dei ballabili e il finale.
Il cast messo in piedi per quest’opera è stato, nel complesso, ampiamente
all’altezza con alcuni distinguo però.
Roberto Tagliavini è un ottimo Moïse che ben si destreggia con la
tessitura del personaggio: non è mai “troppo” il suo stile e la sua linea di
canto. Questo fa sì che la sua sia una prova superata molto positivamente.
L’alter ego di Moïse è senza dubbio Pharaon che qui è impersonato da Erwin
Schrott. Se con la sua vocalità non ha assolutamente problemi ad affrontare il
ruolo è anche vero però che forse all’ascolto il suo personaggio risulta un po’
troppo rude.
Andrew Owens affronta il ruolo “spaccavoce” di Aménophis e i risultati
sono, però, alterni. La sua voce non è particolarmente bella come timbro ma ben
si adatta alla tessitura rossiniana: ci lascia un bel duetto con Schrott mentre
più di qualche lacuna si può sentire nei duetti con la Buratto, soprattutto nel
finale, con note abbastanza stiracchiate e un fraseggio complicato.
Gran bella impressione, al contrario di Owens, l’ha fatta Alexey
Tatarintsev nel ruolo di Éliézer, giusto contraltare rispetto al Moïse di
Tagliavini.
Venendo alle parti principali femminili un plauso innanzitutto alla
splendida Sinaïde di Vasilisa Berzhanskaya: dopo la sua Rosina romana le
aspettative erano sinceramente abbastanza alte e qui le ha strasuperate. La sua
perfetta voce di mezzosoprano è azzeccatissima per questo ruolo: alla radio si
sente un “fiume” di voce uscire e sovrastare tutti. Ma il suo canto è sempre
misurato, senza sbavature né quando la linea vocale si alza né quando scende.
Punta massima della sua straordinaria serata è l’esecuzione perfetta dell’aria “Ah!
D’une tendre mère”.
Eleonora Buratto è complessivamente una bella Anaï,
che affronta il personaggio calandosi a pieno. La voce del soprano mantovano mi
piace tantissimo (e parecchio è mutata dall’Adina cantata coi complessi
scaligeri) e negli anni si è parecchio irrobustita mantenendo però sempre il
timbro ed il colore degli inizi. Svetta senza problemi nei duetti nonché nei
tanti momenti concertati ma alla prova del nove (la grande aria del quarto atto
“Quelle horrible destinéè!”) arriva un po’ stanca anche se la supera senza
problemi apparenti. Non deve però essere facile passare, nel giro di qualche
settimana, da Aida ad Anaï. Questo scostamento di repertorio certo non aiuta la
Buratto che, nel complesso, merita di essere riascoltata forse anche senza la
tensione del debutto.
Monica Bacelli è una Marie di classe mentre buoni, nei ruoli secondari,
sono Nicolò Donini (Osiride/Voix mystérieuse) e Matteo Roma (Aufide).
Un ruolo da protagonista in quest’opera ce l’ha anche il coro e qui non
si possono che tessere le lodi del Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli
Piceno diretto da Giovanni Farina, per l’ottima resa.
Diretta radiofonica del 9 agosto 2021 - 🌟🌟🌟
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