A GENOVA PER... LA BOHEME O L'ELISIR D'AMORE?
In questi giorni prenatalizi al Teatro Carlo Felice di
Genova va in scena La boheme di Giacomo Puccini in un allestimento
alquanto bizzarro.
Lo spettacolo, con le scene e costumi di Francesco Musante e
la regia di Augusto Fornari, sembra un continuo quadro variopinto in cui le
grandi pennellate di colore che le scene portano con sé (un colore per la
verità molto sgargiante) ci illustrano una Parigi da “paese dei balocchi” più
che lo sfondo di una grande storia d’amore… che sappiamo tutti come finisce.
Forse i curatori dell’allestimento volevano lasciare nello spettatore la
spassosità e la leggerezza della gioventù dei personaggi che lo popolano.
Personalmente credo che questa concezione possa andar bene per i primi due atti
ma nel terzo e quarto atto, con l’avvicinarsi del dramma amoroso e personale,
questa si riveli poco opportuna. Per carità… Fornari fa recitare tutti
abbastanza bene, non c’è niente di stravagante nella sua concezione registica.
Piccolo coup de theatre è sicuramente il passaggio dalla soffitta del primo
atto al Caffè Momus, con una bella trovata che fa sparire la prima attraverso l’azionamento
di un carillon che fa fisicamente spostare l’ambiente della soffitta per
portarci nella piazza antistante il ristorante. Tutti i personaggi vestono abiti
vistosi caratterizzati da un colore in particolare (rosa per Mimì, forse
ricordando la cuffietta, e verde per Rodolfo, forse pensando alla speranza di
un futuro migliore rispetto a come va la sua vita). Anche i coristi e le
comparse sono “vistosi”… ma questo, a lungo andare, stufa. Sembra un continuo “Elisir
d’amore” o uno “Schiaccianoci” nostrano ma Puccini non credo cercasse questo.
Sono convinto che a molti lo spettacolo sarà piaciuto… a me, sinceramente, no.
La parte musicale si è avvalsa della direzione di Andrea
Battistoni che ha fatto suonare molto bene l’orchestra del Carlo Felice. La sua
concertazione, sicuramente seguendo anche quello che si vede in scena, ha però curato
poco i lati malinconici di cui tutta la partitura pucciniana è permeata.
Qualche colore diverso nel terzo e quarto atto avrebbe giovato.
Rebeka Lokar debutta nel ruolo di Mimì e sicuramente si
sente come per lei sia la prima volta. Le note ci sono tutte ma il peso
specifico del personaggio è ancora troppo per lei che, solo la settimana prima,
aveva fatto una buonissima impressione come Leonora nel Trovatore verdiano. Ma
Mimì non è Leonora…
Stefan Pop viene a capo dignitosamente della parte di
Rodolfo anche se non entusiasma più di tanto. Le note per carità ci sono, però
alcuni acuti sono duri e un po’ sforzati.
Molto meglio Michele Patti nel ruolo di Marcello: lui è uno
dei pochi personaggi in scena che fanno sentire all’ascoltatore anche il lato
umano della sua figura e non solo quello ludico.
Buona anche la Musetta di Lavinia Bini che ha una voce
sicura e limpida, adatta anche alle agilità che la parte richiede.
Interessante il Colline di Romano Dal Zovo così come lo Schaunard
di Giovanni Romeo.
Buone le prove anche dei comprimari.
Bella prova anche delle masse corali del Carlo Felice e
buonissima quella del coro di voci bianche.
Ecco qui il link per vedere lo spettacolo:
https://www.facebook.com/StreamingTeatroCarloFelice/videos/573038743430859/
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