AKHNATEN? INTERESSANTE MA... CHE BARBA E CHE NOIA!
La musica di Philip Glass è sicuramente tra le più
interessanti della seconda metà del ‘900 e lo dimostrano alcuni pezzi che stabilmente
vengono eseguiti durante le stagioni sinfoniche in giro per il mondo. La sua
produzione operistica è abbastanza prolissa ed ha come punte dell’iceberg
sicuramente Einstein on the beach, Satyagraha e Akhnaten.
Proprio quest’ultima è andata in scena tra i mesi di novembre e dicembre alla Metropolitan
Opera House di New York e trasmessa in diretta alla radio austriaca il 7
dicembre, in concomitanza con la Tosca scaligera. Dopo aver ascoltato quindi il
Puccini inaugurale di Milano e il Verdi inaugurale di Roma, nell’attesa dell’apertura
del San Carlo di Napoli di La dama di picche ho ascoltato la
registrazione e qui vi porto le mie opinioni.
Glass nello scrivere quest’opera è influenzato dall’Œdipus
and Akhnaten del russo I. Velikovskij e il libretto (del compositore stesso con
la consulenza di Shalom Goldman, Robert Israel e Richard Riddell) sviluppa la
vicenda del faraone egiziano, che ha regnato per diciassette anni dal 1385 al
1357 a.C., dall’incoronazione fino al suo tragico epilogo con una coda ai
nostri giorni tra i turisti che visitano le rovine della città da lui fondata.
Le 10 scene, il preludio e l’epilogo sono suddivisi in tre atti secondo la questa
scansione:
Atto I. Primo anno del regno di Akhnaten – Tebe. Preludio.
Scena 1. Il funerale di Amenhotep III. Scena 2. L’incoronazione di Akhnaten.
Scena 3. La finestra delle apparizioni.
Atto II. Gli anni dal 5° al 15°– Tebe e Akhetaton. Scena 1.
Il tempio. Scena 2. Akhnaten e Nefertiti. Scena 3. La città-danza. Scena 4.
Inno.
Atto III. L’anno 17° e il presente – Akhetaton. Scena 1. La
famiglia. Scena 2. Assalto e caduta. Scena 3. Le rovine. Scena 4. Epilogo.
Il preludio orchestrale con cui inizia Akhnaten è
affidato a un moto inarrestabile di terzine negli archi (l’orchestra è priva di
violini per dare un particolare colore scuro) su cui entrano prima i legni e
poi trionfali gli ottoni ad affermare un tema che, quasi un motivo conduttore,
tornerà nel corso dell’opera con la sua luminosità a dipingere il dio sole
della nuova religione. Le percussioni e una musica di grande impeto
caratterizzano invece la scena seguente, quella dei funerali del padre
Amenhotep III, con il coro che scandisce il testo tratto dal Libro dei morti.
Di chiaro colore orientale, con le sue percussioni
tintinnanti, è la città-danza del secondo atto mentre la musica del funerale
ritornerà ancora una volta ad accompagnare Akhnaten verso la dimora finale.
La parte di Akhnaten è quella di un controtenore per
evidenziarne la giovane età e la diversità. Un basso, un baritono e un tenore
sono le voci rispettivamente del padre di Nefertiti, di Horemhab, il generale
che rovescerà Akhnaten e ne prenderà il posto, e del sommo sacerdote. Ai
personaggi femminili di Nefertiti e della regina madre Tye sono affidati spesso
ardui vocalizzi.
La produzione allestita al Metropolitan si avvale della
direzione orchestrale di Karen Kamensek che esegue metronomicamente quello che
Glass pretende.
Il controtenore Anthony Roth Costanzo, nel ruolo di
Akhnaten, ha una voce ferma ma leggera. Sua moglie Nefertiti è invece
impersonata da J'nai Bridges, dalla bella e rotonda voce di mezzosoprano.
Imponente la voce di Zachary James nel ruolo di Amenhotep III, il padre di
Akhnaten, che funge da narratore.
Qui di seguito il link per ascoltare (per qualche giorno ancora) l'opera:
https://oe1.orf.at/player/20191207/581891
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