A SALERNO (in streaming)... PER LE VICENDE DOLOROSE DI FLORIA E MARIO
Il Teatro Municipale “G. Verdi” di Salerno ha messo in scena nei giorni
scorsi, nella suggestiva cornice dei giardini del teatro Ghirelli, Tosca
di Giacomo Puccini con la direzione orchestrale di Daniel Oren e la regia
teatrale di Renzo Giacchieri.
Parto subito dalla tradizionalissima impostazione registica di Giacchieri
che, avendo a disposizione lo spazio antistante all’orchestra cerca di far
muovere come meglio può i cantanti, mentre si limita ad un’ovvia disposizione
statica per quanto concerne il finale del primo atto con il “Te Deum”. Ci sono
alcuni elementi scenici che configurano i tre luoghi in cui si svolge l’azione
assieme a dei grandi pannelli che raffigurano la cupola di Sant’Andrea della
Valle, una grande tenda e un quadro che rappresentano Palazzo Farnese oltre ad
una cupola di San Pietro e una stilizzazione dell’Angelo per immergerci nel
clima di Castel Sant’Angelo. Regia che segue quasi alla lettera il libretto
senza nessun passo in avanti… questo fa sì che lo spettacolo sia visto senza
perdite di concentrazione sulla musica.
La concertazione è affidata a Daniel Oren, grande mattatore dei complessi
salernitani, che ci propone una buona lettura del capolavoro pucciniano: il
direttore israeliano conosce a menadito la partitura e cerca di ottenere buone
sonorità e pastosità da una Filarmonica “G. Verdi” alquanto pasticciona,
soprattutto nel primo atto. La maestria di Oren riesce però ad innalzare la
prestazione dell’orchestra negli atti successivi, cercando inoltre di “muovere”
avanti e indietro i tempi, e correndo in aiuto dei cantanti.
Per quanto riguarda il cast i nomi sono altisonanti.
Maria Josè Siri è una brava Tosca: le note ci sono tutte, la corposità
del timbro ben si adatta al personaggio e di conseguenza la lettura del complesso
personaggio è ben caratterizzata da parte del soprano uruguaiano. Intenso il
suo “Vissi d’arte” con una prima parte molto lenta e una seconda supportata
benissimo dall’orchestra. Bella prova complessiva anche se spesso manca il calore che il personaggio richiederebbe.
Fabio Sartori torna a vestire i panni di Cavaradossi e lo fa non
centrando a pieno l’obiettivo: il suo primo atto è stentato, parecchie volte lo
si vede attento solo agli attacchi, guarda un po’ troppo il monitor con cui si
vede il direttore d’orchestra… tutto questo rende la sua prova scialba così
come non è cantata benissimo “Recondita armonia”. Nel corso della recita la
voce si scalda e prende corpo così che, dopo un discreto secondo atto, il
tenore trevigiano trova i giusti accenti nel terzo atto chiudendo quindi una
prestazione in crescendo. Rimango comunque sempre dell’avviso che questo ruolo,
pur se nelle corde, non sia adattissimo a lui.
Roberto Frontali è uno Scarpia dal carisma stentoreo, anche se la voce
non è più quella di qualche anno fa. Il personaggio è risolto con grande
mestiere anche se è penalizzato (almeno nell’ascolto in streaming) da un’amplificazione
assente al suo ingresso in scena e che fortunatamente è stato ripristinato
prima del “Te Deum”, cantato bene. Nel complesso buona prova… da vecchio leone
da palcoscenico.
Nei ruoli comprimari una menzione per il doppio impegno di Angelo Nardinocchi
che ha cantato molto bene il ruolo del Sagrestano così come quello del
carceriere. Buono lo Spoletta di Francesco Pittari e ottimo l’Angelotti di
Carlo Striuli. Buono anche lo Sciarrone di Maurizio Bove così come brava la
voce bianca che interpreta il pastorello.
Buona anche la prova del coro nel finale del primo atto.
Di seguito il link per vedere lo spettacolo:
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