A PALERMO (in streaming)... PER IL PRIMO VERO SUCCESSO BELLINIANO

Il Teatro Massimo di Palermo mette in scena, dopo più di 60 anni dall’ultima recita sul palcoscenico di Piazza Verdi, Il pirata di Vincenzo Bellini. È questa l’opera della “vera e propria” consacrazione del compositore siciliano, avvenuta al Teatro alla Scala nell’ottobre del 1827, dopo le prime opere (Adelson e Salvini, Bianca e Gernando/Fernando).

L’opera, per via di una scrittura vocale al limite dell’umano (soprattutto per quanto riguarda la parte del tenore, pensata per il “grande” Giovanni Battista Rubini) è oggi particolarmente difficile da proporre e quindi onore al teatro palermitano per la scelta. Scelta che premia soprattutto dal punto di vista musicale, ma con qualche eccezione.


In breve la trama.

In Sicilia, nel castello di Caldora e nelle vicinanze, nel XIII secolo. Gualtiero, conte di Montalto, perduto ogni bene si fa pirata, per vendicare i torti subiti e riconquistare l’amata Imogene. Un gruppo di pescatori tenta di soccorrere i naufraghi di un vascello, che una tempesta ha infranto sulle coste di Caldora; un Solitario li incita. Tra gli scampati c’è Gualtiero col suo compagno Itulbo. Gualtiero riconosce nel Solitario Goffredo, il suo vecchio istitutore, e subito chiede notizie dell’amata Imogene; Goffredo lo nasconde nella sua abitazione, temendo che possa essere riconosciuto. Giunge Imogene col seguito; informata dai pescatori dell’accaduto, interroga i naufraghi nella speranza di avere notizie sulla flotta pirata; ella è turbata poiché ha sognato Gualtiero ferito a morte ed è in preda a oscuri presentimenti. Questi da lontano la riconosce e non trattiene un lamento; Imogene ne è colpita e fa in modo d’incontrare il naufrago. Gualtiero si fa riconoscere e nel seguente duetto Imogene tenta di giustificare il suo precedente matrimonio, contratto solo per salvare il padre, prigioniero di Ernesto. Gualtiero vorrebbe scagliare la sua ira sul figlioletto che la donna ha avuto dal rivale, ma desiste, commosso dalle lacrime di Imogene. Ernesto ritorna vittorioso dalla battaglia contro i pirati ma trova la moglie afflitta e mesta. Avuta notizia dei naufraghi desidera vederli e, diffidente, vorrebbe trattenerli; ma, grazie all’intervento di Imogene, essi possono partire. Gualtiero chiede un ultimo incontro a Imogene; questa è sconvolta e sviene, ed Ernesto s’insospettisce. Imogene confessa a Ernesto di amare ancora Gualtiero; il duca, informato della presenza del rivale a Caldora, decide di ucciderlo. Imogene e Gualtiero s’incontrano, questi le propone di fuggire insieme, ma interviene Ernesto che sfida Gualtiero a duello. Ernesto muore, e Gualtiero si offre spontaneamente al giudizio. Mentre il consiglio dei cavalieri si riunisce, Gualtiero si rivolge ad Adele perché difenda la sua memoria presso l’amata. Imogene invoca il perdono del marito; il consiglio condanna Gualtiero e Imogene impazzisce.


Su tale argomento la regia affidata al duo Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi non provoca particolarmente con il suo stile moderno ma nello stesso tempo dice molto poco. Un praticabile centrale, che viene continuamente girato di qua e di la, assume le forme della prua di una nave cosi come quello di una collina; una enormità di funi scendono dall’alto quasi a simboleggiare i legami che sempre rimangono avvinghiati e non si spezzano, qualunque cosa succeda. In questo moderno (che però non ha nulla di moderno come visione) i cantanti sono abbastanza curati ma chi ne risente tantissimo è il coro, statico e immobile, che non fa che entrare e uscire dal due lati del palco. Personalmente la regia non mi ha detto nulla… però ha il pregio di non distoglie lo spettatore dalla parte musicale.


La composizione di Bellini è molto particolare e, in tanti passi, prelude già ai suoi grandi capolavori. E qui si insinua la bellissima direzione orchestrale di Francesco Lanzillotta che è un continuo cesello delle “lunghe” melodie belliniane così come è da apprezzare il suo attentissimo accompagnamento dei cantanti. Una prova veramente riuscita la sua in una partitura tutt’altro che semplice da dirigere. In questo lo aiutano anche le masse artistiche del teatro che lo seguono con impegno.

La parte vocale ha alti e bassi.


Celso Albelo si trova a cantare un ruolo che oggi, credo, sia quasi impossibile da eseguire come Bellini lo ha scritto. Il suo Gualtiero è apprezzabile per quanto riguarda l’impegno ma purtroppo la voce sembra sempre sforzata, gli acuti (tantissimi e difficilissimi) non sono sempre precisi e a fuoco, tanti momenti risultano cantati spingendo la voce e non lasciandosi andare al canto melodioso. Peccato perché il cantante è tra i primi della classe in quanto a ruoli tenorili di difficile esecuzione.


Roberta Mantegna, non essendo né la Callas né la Caballé, canta una interessantissima Imogene: dal timbro corposo ma giusto per la parte. Forse parte un po’ in sordina ma nel corso dell’opera riesce ad avere momenti davvero felici. Dizione perfetta, acuti potenti, melodiosità calibrata. Insomma… veramente brava.


Vittorio Prato è un bell’Ernesto, che dopo un primo atto in sordina offre al pubblico un secondo atto veramente ben cantato che ha come apice il bellissimo duetto con la Mantegna.

Buoni i comprimari dei quali voglio ricordare soprattutto il Goffredo di Giovanni Battista Parodi.

 

Diretta streaming del 15 ottobre 2021 – 🌟🌟🌟

 

Ecco il link per poter vedere lo spettacolo (Youtube – Teatro Massimo):




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