IL RATTO MOZARTIANO DOPPIATO... FA INFURIARE VIENNA

Grazie allo streaming gratuito che la Staatsoper di Vienna mette a disposizione sul suo sito internet ho potuto assistere in diretta alla recita di lunedì scorso di Die Entführung aus dem Serail di Wolfgang Amadeus Mozart nella messa in scena curata da Hans Neuenfels.

Premetto subito che lo spettacolo, pur nella bellezza visiva, non mi è piaciuto affatto. Neuenfels riprende la sua concezione del Ratto che già aveva messo in scena parecchi anni fa a Stoccarda e qui la porta all’estremo compimento. I personaggi sono tutti raddoppiati, nel senso che ogni cantante in scena ha anche il suo doppione attore. Questo può essere visto con due chiavi di lettura a mio avviso: il primo perché Neuenfels sa che una partitura particolare come quella del Ratto, che è un singspiel, ha bisogno di ottimi cantanti recitatori (le parti recitate sono molte ed hanno un fondamentale importanza) e questo non sempre è possibile perché l’abilità nel recitare in tedesco non è per tutti; il secondo è quello di implementare l’esiguità (in termini di contenuti) del parlato già presente nel libretto, aumentandone a dismisura il testo, sdoppiando così i personaggi per arrivare ad una sorta di “teatro nel teatro” (cosa già vista) dal taglio psicoanalitico. In molti punti dello spettacolo i protagonisti sembrano essere allo specchio e quasi parlano a sé stessi. Il pubblico fa fatica a seguire anche perché parecchie volte l’azione è sostanzialmente interrotta tra scena e scena con dei “buio in sala” alla fine stancanti. Io ho fatto fatica a seguire tutto lo spettacolo e, in alcuni momenti, mi sarei ben accodato ai buh del pubblico viennese.

Ripensandoci ancora, sembra uno spettacolo pieno di cose ma sostanzialmente non definito (in alcuni momenti pareva di assistere al Flauto magico con tanti piccoli pulcini che mi ricordavano più il duetto Papageno/Papagena piuttosto che Pedrillo/Blonde) così come la recitazione a volte è parsa troppo grottesca. La scelta sconclusionata di terminare l’opera non con il coro finale dei giannizzeri ma con una poesia di Eduard Mörike ha fattoi scattare la miccia delle proteste, che sono state vibranti insieme anche a tanti applausi.

L’unico personaggio “parlante”, così come stabilito fin da principio da Mozart, è Selim, che vede in Christian Nickel un ottimo interprete.

Il cast messo insieme dalla Staatsoper vede una stella sfavillante che riluce sopra tutti: Lisette Oropesa. Il soprano spagnolo canta in maniera magnifica la parte di Costanze, centellinando ad ogni suo intervento vocale tutta la bellezza del suo timbro, la sapienza del suo modo di cantare, le ottime agilità e la presenza scenica strabordante. È lei la vera vincitrice della serata, anche perché gli altri cantanti sono molto al di sotto della sua straordinaria performance.

L’unica che in parte regge il confronto è Regula Mühlemann, una buona interprete del ruolo di Blonde. Scenicamente è impeccabile ma musicalmente qualche pecca si sente qua e là nel corso della recita. I suoi acuti non sono brillantissimi, qualche volta rasentano l’urlo anche se poi nel complesso la sua è una interpretazione di un buon livello.

Molto al di sotto i maschietti della compagnia. Daniel Behle è un discreto Belmonte che ci lascia come ricordo più interessante della recita il suo duetto con la Oropesa. Michael Laurenz è un Pedrillo molto in parte scenicamente (forse dal punto di vista della concezione registica… il vero motore dell’azione) ma non di pari voce. Goran Jurić è un Osmin insufficiente vocalmente, con un registro grave assolutamente inascoltabile.

La direzione musicale è affidata ad Antonello Manacorda che, grazie ad un’orchestra che suona veramente bene (ah… i Wiener…), ci porta un Ratto musicalissimo, dai tempi veloci ma non troppo affrettati, che accompagna in maniera mirabile i cantanti e li supporta nei momenti più intimi e melodici.

Il direttore italiano e Lisette Oropesa salvano dunque lo spettacolo che, per quello che mi riguarda, non resterà molto nei miei ricordi.

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