ALMANACCO OPERISTICO - 24 luglio 2020 - FRIEDENSTAG di R. Strauss


FRIEDENSTAG
(Giorno di pace)
Opera in un atto di Joseph Gregor
Musica di Richard Strauss

Prima rappresentazione: Monaco, Nationaltheater, 24 luglio 1938

In origine Friedenstag avrebbe dovuto costituire (dopo Die schweigsame Frau) la seconda tappa della collaborazione fra Strauss e Stefan Zweig; quest’ultimo, già presagendo l’ostracismo che il regime nazista gli avrebbe fatto soffrire, aveva tentato di mettere in contatto Gregor e Strauss, con grande stizza di quest’ultimo, che non capiva le remore del poeta. La censura si rivelò di lì a presto spietata, come Zweig aveva previsto, e interdisse a Strauss il sodalizio con l’artista ebreo: fu così che i primi abbozzi di Friedenstag (battezzato in un primo tempo 24 Oktober 1648) passarono dalle mani di Zweig che li aveva redatti a quelle di Gregor che avrebbe dato loro la forma attuale.


LA TRAMA

La vicenda si svolge il 24 ottobre 1648, ultimo giorno della sanguinosa Guerra dei trent'anni, in una cittadella di una città tedesca cattolica assediata dalle truppe protestanti dell'Holstein. Il sergente di guardia apprende da un soldato semplice che il nemico ha appena dato fuoco a una fattoria. Giunge nella un giovane piemontese latore di un messaggio dell'imperatore per il comandante della città assediata. Il giovane piemontese evoca la pace intonando un canto popolare italiano («La piccola Pedretta»). Il sergente maggiore, un moschettiere e altri soldati fanno dell'ironia sul giovane italiano: è uno che non ha mai conosciuto la guerra, mentre invece loro non hanno mai conosciuto la pace.
I soldati sentono dei rumori in lontananza; dapprima si allarmano, pensando che si tratti dei soldati nemici, ma poi si rendono conto che è la gente del luogo che si sta avvicinando alla fortezza chiedendo pane. Il comandante della fortezza va incontro ai cittadini. Il borgomastro e un prelato della città chiedono al comandante di consegnare la cittadella al nemico, sostenendo che entrambe le parti, loro stessi e il nemico, da troppo tempo soffrono inutilmente per la guerra. Giunge un ufficiale dal fronte e dice al comandante che la città cadrà a meno che non siano utilizzate le munizioni custodite nei sotterranei della fortezza. Il comandante rifiuta di consegnare le munizioni per il combattimento. Il comandamento legge ai civili la lettera l'imperatore nella quale si ordina il mantenimento della città, senza resa. I civili protestano fermamente: la guerra, iniziata trent'anni or sono, non ha mai cessato di essere combattuta e i cittadini sono allo stremo, una donna chiama l'imperatore "assassino dei miei figlioli". Il comandante, però, vuole la vittoria totale senza condizionamenti umanitari, ma è sorpreso della reazione popolare: finge quindi di accogliere le richieste dei civili, e ordina alla popolazione di disperdersi e di attendere i suoi ordini.
Dopo che i cittadini sonno andati via, il comandante annuncia ai soldati il suo piano: quando le truppe degli assedianti ne varcheranno le mura, la cittadella sarà fatta saltare in aria con l'esplosivo, e moriranno tutti, vinti e vincitori. Ordina quindi ai soldati di ammassare la polvere da sparo nei sotterranei della fortezza. Il comandante ricorda che il sergente gli salvato la vita nella battaglia di Magdeburgo, cerca di sdebitarsi offrendo al sergente la possibilità di lasciare la fortezza; ma il sergente rifiuta.


Maria, la giovane moglie del comandante, entra nella cittadella e si stupisce di non trovare nessuno all'aperto. Sopraggiunge il marito e la rimprovera di aver disobbedito al suo divieto di entrare nella cittadella; le rivela poi il suo piano e la supplica di salvarsi andando via. Maria dichiara però di voler rimanere al fianco del marito.
Si sente un colpo di cannone, interpretato dai soldati come segnale dell'imminente attacco nemico. Il sergente porge una miccia accesa al comandante, ma quest'ultimo la spegne dichiarando che per il momento preferisce combattere. Si sentono poi in lontananza suoni di campane. Il sergente riferisce che le truppe dell'Holstein si stanno effettivamente avvicinando, ma non sembrano avere l'intenzione di attaccare, portano anzi fiori e bandiere bianche. Il comandante della cittadella pensa che si tratti di un tranello dei nemici; ordina di stare in allerta, lasciando avvicinare il nemico per farlo saltare in aria. Il borgomastro e il prelato, però, sono felici nel vedere questi preparativi, che scambiando per il segnale della resa promessa loro dal comandante. Le truppe dell'Holstein entrano nella cittadella e il loro comandante annuncia ai difensori che la guerra è finita ed è stato firmato un armistizio. Il comandante della cittadella, incredulo, sguaina la spada e si avventa sul comandante protestante; anche costui estrae la spada per difendersi. Maria si frappone fra i due implorando la pace. Improvvisamente i due comandanti, quello della cittadella e quello delle truppe dell'Holstein, gettano le armi e si abbracciano. L'opera si conclude con un coro di riconciliazione.


Con il suo preciso riferimento storico Friedenstag costituisce un’eccezione nel teatro straussiano, solitamente propenso a eludere le determinazioni temporali; la censura nazista impedì ben presto la circolazione di questo lavoro il cui monito era troppo in disaccordo con la crescente propaganda bellica. Fin dai pesanti accordi iniziali l’opera viene inserita in un’atmosfera plumbea, che solo l’inatteso scampanìo potrà gradualmente dissipare; quando i cittadini affamati fanno risuonare dietro alle quinte il loro grido: «Brot! Hunger!» le dissonanze livide prodotte dalle loro voci trafiggono come lamenti d’oltretomba in cui si annidi la quintessenza dell’umano soffrire. Strauss sa accantonare i suoi prediletti velluti timbrici in favore di sonorità grezze e armonie graffianti: nella parte iniziale dell’opera, ma anche nella Ballata con cui il sergente maggiore promette fedeltà al suo comandante, si avvertono persino delle insolite tangenze con Mahler, in particolare con i suoi Lieder militari. I ritmi guerrescamente impettiti conservano un andamento marionettistico, che si accorda molto bene anche con lo straniamento sonnambolico del coro di cittadini venuti a chiedere la resa; si è in un clima da Deserto dei tartari, in un’attesa ormai divenuta irreale; e a questa sensazione di spaesamento corrisponde una sospensione degli agganci armonici, attuata in maniera più drastica del consueto e accresciuta dal sistematico ricorso ad accordi per quarte. Nonostante la compattezza stilistica, Friedenstag non è affatto un lavoro monotono: Strauss cerca di ritagliare per ogni soldato una fisionomia ben profilata, inserendo poi con il personaggio del piemontese una macchietta comica e patetica nello stesso tempo; è in fondo un ricordo del tenore italiano nel Rosenkavalier, ma al perfetto calco metastasiano ricreato da Hofmannsthal si sostituisce qui l’involontaria sgrammaticatura delle strofette di Gregor. La presenza quasi costante dei cori è un’altra caratteristica ‘anomala’ di Friedenstag: ma la varietà con cui Strauss plasma le masse vocali evita ogni rischio di uniformità. Dai coretti marziali si trapassa alle grida inarticolate, per giungere gradualmente alla polifonia religiosa dell’inno finale che, secondo Strauss, doveva lasciar sgorgare tutto il lirismo fino allora represso; quest’ultima sezione dell’opera, inoltre, prende l’avvio sulle note del corale luterano Ein feste Burge intreccia diversi cori, maschili e femminili, fermi o in movimento, in scena o dietro le quinte, in modo da sfruttare gli spazi teatrali per garantire sicuri effetti stereofonici. Se i cori dominano quantitativamente l’opera, non mancano comunque grandi pagine solistiche; al personaggio di Maria viene affidato un ampio monologo, degno dei migliori declamati di Arabella e sufficiente a instaurare un’efficace dialettica fra coralità e individualità.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


LA MIA PROPOSTA

La discografia di Freidenstag è molto… molto scarna anche per il fatto che l’opera poco piaceva, in primis, al suo creatore.
Ci sono a mio avviso quattro edizioni degne di menzione:
- Edizione audio della prima rappresentazione mondiale dell’opera diretta da Clemens Krauss;
- Edizione audio diretta da Joseph Keilberth a Monaco nel 1960;
- Edizione audio diretta da Wolfgang Sawallish a Monaco nel 1988;
- Edizione video diretta da Giuseppe Sinopoli a Dresda nel 1999.

Delle edizioni che ho qui riportato mi sento di ricordare mi sento di puntare l’attenzione sull’edizione diretta da Keilberth (straordinario musicista che sto scoprendo un po’ alla volta dopo essere stato letteralmente ammaliato dal suo Ring wagneriano) proprio per l’aspetto che riguarda la sua direzione musicale: asciutta, scarna e che ben si addice al clima che sottende tutta la partitura. Il cast vocale però è senza ombra di dubbio… scarso.


L’edizione di riferimento ad oggi per me è quella diretta da Wolfgang Sawallish che mette in campo, oltre alla sua maestria, anche passione e potenza nel cercare di portare all’ascoltatore forse anche quello che questa partitura non ha (ripeto… è molto al di sotto del “normale” standard straussiano). Si sente però come ami profondamente questo autore e l’orchestra l’ottima orchestra della Radio Bavarese) lo segue a menadito dando prova di grandissima compattezza. I due protagonisti, impersonati da Bernd Weikl e Sabine Haas, sono a mio avviso i migliori di tutte le compagnie impegnate nelle registrazioni di quest’opera.

Ecco qui il link per ascoltare la mia proposta:



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