IL MASCAGNI RIVOLUZIONARIO... INCANTA AMSTERDAM
Ho ascoltato con molto interesse, nei giorni scorsi, l’esecuzione in forma di concerto de Il piccolo Marat di Pietro Mascagni, proposto a Concertgebouw di Amsterdam.
L’opera di Mascagni, che ha visto la sua prima esecuzione al Teatro
Costanzi di Roma nel 1921, è pochissimo rappresentata pur essendo di ottima
fattura (le vette di Cavalleria sono inarrivabili).
Per chi non conoscesse l’opera un po’ di trama.
Il principe di Fleury, sotto mentite spoglie, salva Mariella, nipote
dell’Orco, il presidente del Comitato rivoluzionario: la folla affamata l’aveva
assalita perché portava un paniere pieno di vivande. Il giovane chiede poi di
essere arruolato nei Marats, le guardie rivoluzionarie, e viene quindi
soprannominato il Piccolo Marat. Il carpentiere mostra all’Orco il modello
dell’imbarcazione sulla quale saliranno i prigionieri: il perverso progetto
dell’Orco per liberare le carceri è infatti quello di imbarcare i prigionieri,
e poi far esplodere la barca. Ma il carpentiere chiarisce all’Orco che lui è un
artigiano, non un boia; e l’Orco, per punirlo, lo condanna ad assistere a tutte
le esecuzioni. Il Piccolo Marat riesce a parlare attraverso una grata con la madre,
la principessa di Fleury, rinchiusa in prigione, e le promette che la salverà.
Nella casa dell’Orco, il Piccolo Marat rivela a Mariella la sua vera identità e
le confessa di amarla; la ragazza, spesso maltrattata dallo zio e disgustata
dalla sua crudeltà, giura di essere fedele al Piccolo Marat. L’Orco si è
addormentato: il Piccolo Marat lo lega e lo costringe a firmare un
salvacondotto per lui, la madre, Mariella e il carpentiere. L’Orco firma, ma
con il braccio rimasto libero riesce a impossessarsi di una pistola e ferisce
il principe di Fleury. L’uomo supplica Mariella di fuggire e di salvarsi
insieme alla madre. Arriva il carpentiere e con un candelabro uccide l’Orco;
quindi si carica sulle spalle il Piccolo Marat ferito e fugge con lui verso la
libertà.
Il piccolo Marat è un’opera di straordinaria vitalità che nelle
parole stesse di Mascagni, “non canta, ma urla, urla, urla” e che si trova di
diritto, per vincoli cronologici, all’inizio dell’espressionismo. I concetti di
“bello” musicale sono superati in favore di una denuncia di disagio, di
oppressione. Certo non è però superato l’incessante melodizzare della musica
mascagnana che dona a quest’opera momenti di straordinaria forza trainante. Tra
questi momenti sono senza dubbio da ricordare la preghiera dei prigionieri che
apre l’opera, il duetto tenore/soprano del secondo atto e l’interessantissimo
finale con l’anelito di libertà dato dal sorgere della luce sul mare mentre una
barca naviga verso l’orizzonte.
Il personaggio del piccolo Marat è, vocalmente, disumano: Mascagni scrive
quasi tutte le note nel registro medio-alto del tenore, non c’è momento in cui
sia in scena cantando che non abbia una difficoltà vocale. Non è assolutamente
facile, quindi, cantare questo ruolo. Ci prova, con un buon esito, Stefano La
Colla che cerca di prendere non solo di petto il personaggio. Certo le
difficoltà poste nella partitura sono tante e lui cerca di cantare più che
urlare. Nel complesso una bella prova, anche se a mio avviso arriva alla fine
comprensibilmente stanco.
Molto interessante la Mariella del soprano Anita Hartig, dalla bellissima
linea vocale e dall’interpretazione molto convincente. Ottimo il suo primo atto ma ancora migliore è il suo apporto vocale nel secondo atto, vero snodo dell'opera.
Buona la prova di John Relyea che impersona l’Orco. Bella la sua linea
tipica di basso, buona anche la pronuncia. In alcuni momenti avrei preferito
però, da parte sua, di un po’ più di partecipazione.
Una menzione speciale va, a mio avviso, a due giovani baritoni di cui
sentiremo parlare nel futuro prossimo: Andrea Berghini (il soldato) e
soprattutto Ernesto Petti (il capentiere). Del secondo avevo abbastanza apprezzato
il suo Alfio nella Cavalleria palermitana di un mese fa… qui siamo su un
livello molto superiore.
Buoni gli interpreti dei personaggi secondari.
L’opera è sicuramente di non facile direzione e, anche per questo, ho
apprezzato la concertazione di Pietro Rizzo. È questo un direttore che spero
diriga sempre di più in Italia (io dal vivo l’ho ascoltato quasi una decina d’anni
fa a Rovigo in Rigoletto) perché ha dalla sua un’ottima lettura che non
si limita all’esplorazione “di facciata” della partitura ma cerca di scavare al
suo interno, cercando di trovare colori e prospettive nuove. A sua disposizione
è molto buono l’apporto dell’Orchestra Filarmonica della Radio Olandese. Una
menzione anche al coro che in quest’opera ha un ruolo tutt’altro che
secondario.
Speriamo che nel futuro prossimo quest’opera, così come tante altre di
Mascagni, siano valorizzate anche nel nostro “bel paese”.
Qui di seguito il link per vedere e ascoltare l’esecuzione:
https://www.youtube.com/watch?v=dd9-kYx0ASw
Sono d'accordo su quasi tutto, per il tenore è stata una "cavalcata" impervia, solo per questo è da apprezzare, certo che alla fine non reggeva più.
RispondiEliminaVedendo questo spettacolo, si può capire perché non venga più riproposto. Mascagni ha scritto un capolavoro che esige voci solide e di primo livello.