AUTOREVOLE REQUIEM... A RICORDO DI KARAJAN
Oggi ho avuto modo di ascoltare uno dei momenti più attesi
dell’edizione di quest’anno del Festival di Salisburgo… l’esecuzione della Messa
da Requiem di Giuseppe Verdi con la direzione di Riccardo Muti alla guida
dei Wiener Philharmoniker. Questa esecuzione ha avuto poi un peso specifico
importante all’interno del festival austriaco in quanto proprio con questa
esecuzione si è scelto di commemorare la ricorrenza del trentesimo anniversario
dalla scomparsa di Herbert von Karajan.
E quale titolo migliore se non l’imponente messa del maestro
di Busseto nata, in parte, per commemorare Gioachino Rossini e poi nella sua
interezza in occasione della morte di Alessandro Manzoni.
Il maestro Riccardo Muti è senza dubbio uno dei massimi
conoscitori della partitura, diretta moltissime volte nel corso della sua
carriera, e la cosa si sente… ormai questa partitura sembra essere da lui
talmente interiorizzata da renderne effettivamente quasi un modello di
testamento musicale. Io ho ascoltato, purtroppo non dal vivo, parecchie sue
esecuzioni della Messa e si sente come siano passati gli anni nella sua
concezione: da alcune esecuzioni molto baldanzose, in cui a farla da padrone
erano le forti sonorità che facevano emergere i passi più concitati del Dies
Irae o del Sanctus, il direttore napoletano dà libero sfogo alla sua fantasia
interpretativa soprattutto nei momenti più riflessivi ed interiori. Ne risulta
sicuramente un Requiem… che continua a farci pensare sul valore della vita,
anche al termine dell’ultima nota.
Grande merito della resa musicale complessiva è sicuramente
da darsi ai Wiener Philharmoniker, strumento straordinario su cui Muti può
contare. Eccellenti gli archi e in particolar modo sono da citare gli ottoni,
molto sollecitati dalla partitura verdiana.
Buono l’apporto del coro della Staatsoper di Vienna.
I quattro solisti a disposizione di Muti sono, nel
complesso, tra i migliori che il panorama mondiale può offrire.
Krassimira Stoyanova ha una voce potente e molto solida e
affronta la parte dando tutto, arrivando forse alla fine nel Libera me un po’
stanca.
Anita Rachvelishvili è straordinaria e continua a
dimostrarsi il miglior mezzosoprano degli ultimi 10 anni. La sua voce brunita
ma nello stesso tempo musicalissima e squillante è un piacere all’ascolto.
Francesco Meli canta da par suo molto bene, spingendo il
giusto e cantando un Ingemisco più improntato sulle mezze voci che non sulla
voce piena.
Ildar Abdrazakov, con la sua voce carica di nobiltà,
armonica e piena è straordinario anche nelle sottigliezze (sentire il modo in
cui scandisce la parola mors nel Mors stupebit).
In sostanza… una bellissima esecuzione che onora degnamente
Herbert von Karajan.
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