RIGOLETTO... IN SALSA DALMATA


Allestire un’opera conosciutissima dal pubblico di tutto il mondo può sembrare una facilità ma, invece, rappresenta un’insidia non da poco per ogni regista in primis, per ogni direttore d’orchestra e per i cantanti che affrontano i vari ruoli.
Il Festival di Spalato, giunto quest’anno alla 65^ edizione, ha proposto nella seconda metà di luglio per la prima volta nella sua storia Rigoletto, uno dei sommi capolavori di Giuseppe Verdi.


La location “open air” è il suggestivo Peristilio del complesso del Palazzo di Diolceziano, centro storico focale della città croata, che funge in buona parte da scenografia naturale per la regia di Drazen Siriscevic. Sul palcoscenico troviamo poi due grandi lampadari ai lati e una porta stilizzata, contornata di neon, che nella visione del regista diventa prima l’entrata della casa di Rigoletto poi l’entrata (verso l’abisso della morte) della cascina di Sparafucile. Tutta l’azione sembra di dipanarsi in una discoteca “stile anni ’90” della riviera romagnola, con ragazze vestite con abitini abbastanza succinti, colori sgargianti e che sembrano quasi adocchiare continuamento questo o quel bel giovane. Il Duca è sicuramente il più invidiato ed è contornato da una serie di inservienti e dal buffone (qui senza gobba ma con la giubba “di ordinanza”). Ci sono persino delle coreografie tra il sado e maso e alla fine non si capisce molto dove la regia voglia arrivare. Questa alla fine risulta essere un’accozzaglia di tante banalità tradizionali ma non dà nulla, in termini qualitativi, allo svolgersi della vicenda.
La parte musicale si è avvalsa di un cast molto disomogeneo anche se, sulla carta, si potevano prevedere alcune certezze qualitative.


Rigoletto è impersonato da Elia Fabbian che ancora una volta (ascoltato molte volte dal vivo e proprio nel ruolo di Rigoletto molto apprezzato al Teatro Sociale di Rovigo nel 2016) dimostra la potenza e la buona duttilità del suo strumento vocale ma in questa occasione pare non entrare a pieno né nella parte scenica né sembra attento alle sfaccettature che il ruolo “monstre” di Rigoletto richiede.
Elena Mosuc è una veterana del ruolo di Gilda e da grandissima conoscitrice della parte mette tutto quello che ha – voce e molto mestiere – per dare compiutezza ad un ruolo altrettanto sfaccettato (nel giro di un atto Gilda cresce e da ragazzina ingenua diventa una donna che per amore muore).
Il Duca di Amir Saracevic mette in scena quasi esclusivamente la sua giovane età. Il ruolo per lui è senza dubbio troppo pesante in questo momento della sua carriera: non ci sono note ferme, gli acuti sono pochissimo squillanti, le vocali danno dei problemi grossissimi di fiato ed intonazione.
Molto bene invece lo Sparafucile di Ivica Cikes che delinea bene il ruolo del sicario. Buona anche la Maddalena di Theresa Kusanovic sia dal punto di vista musicale che scenico.
Accettabili e nulla più gli altri ruoli comprimari così come appena sufficiente il coro.


Il maestro Ivo Lipanovic ha diretto con piglio esperto l’Orchestra dell’Opera Nazionale Croata di Spalato. La sua direzione, vista la location e il materiale umano a disposizione, la si può considerare di buona routine. In tanti momenti ha preferito seguire tempi veloci, forse per aiutare anche le tante difficoltà di pronuncia e accentazione di cantanti e coristi.

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