TOSCA... MA NON TROPPO
Tosca è stato uno dei pezzi forti dell’edizione 2019 del
Festival di Aix en Provence, messa in scena dal regista Christophe Honoré e
diretta dall’italiano Daniele Rustioni con un cast, sulla carta, interessante.
Parto in primis dalla regia che ha deciso di trasporre la
vicenda ai giorni nostri e di ambientare il tutto nella villa di una ex-diva
della lirica, che si percepisce, sta preparando i cantanti proprio su “Tosca”.
La diva in questione è Catherine Malfitano, il famoso soprano americano nota
per la Tosca televisiva “nei luoghi e nelle ore di Tosca” con Domingo e
Raimondi, diretta da Mehta e con la regia di Patroni Griffi. A mio parere forse
la scelta poteva cadere sulla grande Raina (che non avrebbe mai accettato tale
progetto a mio avviso), quella sì forse l’ultima grande diva… ma tant’è.
Il primo atto vola via quindi come una grande prova di
assieme dei vari personaggi, dove soprattutto Tosca e Cavaradossi sembrano
godere delle maggiori attenzioni della “maestra di canto”. Da subito si capisce
che la regia cerca di mettere in parallelo le storie personali dei cantanti (l’interprete
di Cavaradossi è attratto dall’attempata maestra mentre la giovane Tosca già
comincia a subire piccole molestie da Scarpia del quale si capiranno bene le
intenzioni nel secondo atto) con la storia narrata dall’opera pucciniana. Ne
risulta a mio avviso un mezzo “pastrocchio”, che dice veramente poco.
Peggio ancora è il secondo atto, che si svolge sempre nella
casa della diva, dove Cavaradossi è praticamente ubriaco e non riesce a stare
in piedi (il suo pensiero va alla “maestra”), Scarpia e i suoi amici (Spoletta,
Sciarrone e un altro) stanno mangiando cibo cinese/giapponese e bevendo birra
mentre la giovane Tosca sta provando la sua parte (quella della cantata fuori
scena) assieme alla diva. La tortura di Cavaradossi è praticamente una dormita
dello stesso, dovuta alla sbronza, condita da alcuni intercalare in sogno con
Tosca mentre sugli schermi sopra il palcoscenico scorrono immagini (nel momento
focale del “Vissi d’arte”) delle varie grandi Tosche del passato (Callas, Tebaldi,
Kabaivanska, Verrett per poi finire con la Malfitano), passando poi per un
quasi stupro di Scarpia a Tosca, un quasi atto sessuale della diva con il suo
maggiordomo nudo e quest’ultimo che quasi viene sodomizzato da Spoletta &
C. Una caciara tremenda di cui non si riesce a venire a capo.
Non sapendo come chiudere il terzo atto la regia sceglie di
portare sul palco l’intera orchestra e alla fine ci si trova ad ascoltare l’atto
in forma di concerto con la supervisione della diva (che purtroppo si azzarda a
cantare la parte del pastorello). L’opera fila via liscia in questo senso,
arrivando alla fine con la diva che si suicida (accorgendosi di non potendo
aspirare all’amore dell’interprete di Cavaradossi) proprio nel momento in cui
Tosca sta cantando la sua invettiva finale contro Scarpia.
Si sentono applausi… ma non sono poi così convinti.
La parte musicale è stata abbastanza interessante anche se
non è riuscita a giovarsi di un allestimento quanto meno all’altezza.
Rustioni dirige con piglio i complessi dell’Opéra di Lione,
ne tiene bene le fila ma non riesce ad ottenere a mio avviso un risultato
omogeneo: discreti i primi due atti, migliore il terzo (e qui ne ha preso
giovamento sicuramente per il fatto che l’orchestra è stata la protagonista sul
palcoscenico).
Angel Blue nel ruolo di Tosca canta bene, ha tutte le note,
ma forse manca di un peso specifico importante per rendere appieno il
personaggio e forse proprio l’aver accostato, anche solo visivamente, dei
mostri sacri di questo ruolo a lei, certo non le ha giovato.
Joseph Calleja canta bene Cavaradossi anche se in alcuni
momenti sembra avere il freno a mano tirato, non convincentissimo neanche nelle
due arie “di ordinanza”.
Alexey Markov, nel ruolo di Scarpia, vocalmente mi è parso
abbastanza fuori ruolo.
I ruoli di contorno, bistrattati dalla regia, appena
sufficienti, con una punta di bravura per il sagrestano di Leonardo Galeazzi.
Sicuramente una Tosca… che non rimarrà purtroppo nei
ricordi.
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