QUEL CLOWN... DI TANNHAUSER

Edizione molto controversa quella del Tannhauser che ha inaugurato l’edizione 2019 del Festival wagneriano di Bayreuth.

Di primo acchito colpisce, e non poco, la visione registica di Tobias Kratzer, molto… molto particolare. Ammetto che normalmente non mi scandalizzano certe interpretazioni e trasposizioni,  ma questa mi ha dato molto da pensare (e le sonore contestazioni finali hanno aggiunto ulteriore pepe sulle mie considerazioni).

Innanzitutto la regia fa i conti con la versione musicale scelta, quella di Dresda che quindi è più asciutta rispetto a quella parigina.
Il Venusberg non esiste… Venere è una girovaga-circense che viaggia a bordo di uno sgangherato furgoncino insieme ad un nano e a una drag-queen e assieme a loro vive Tannhauser, in vesti di clown, che partecipa alle scorribande della banda. Tannhauser pare sempre in un equilibrio psichico instabile, ammaliato sì da Venere ma mai in maniera risoluta. Ad un certo punto il poeta cantore lascia il gruppo lanciandosi dal furgoncino e si ferma proprio davanti al Festspielhaus di Bayreuth dove presumibilmente dovrà essere messo in scena proprio Tannhauser. Lì incontra i suoi compagni cantori ed entra nell’edificio per prepararsi all’atto della gara.


Nel secondo atto l’idea, credo, è quella un po’ classica del “teatro nel teatro” perché lo spettatore è immerso nella classicissima scena della sala del Wartburg mentre nella parte superiore del palcoscenico le videoproiezioni (onnipresenti durante tutto lo spettacolo) ci portano nel “dietro le quinte”. Mentre si consuma la gara canora i tre personaggi circensi si intrufolano nell’edificio del Festispielhaus e Venere, in particolare, riesce a rubare un costume di scena ad una corista afflitta da disturbi intestinali e quindi a entrare in scena, disturbando la gara. Tannhauser, sempre in condizioni psichiche molto labili, sembra andare fuori di testa, entrano in scena anche il nano e la drag-queen e un video ci mostra addirittura come la stessa Katharina Wagner (quanta autocelebrazione!!!) chiami la polizia per il disturbo durante la recita. La polizia arriva e nel parapiglia generale di chiusura dell’atto arresta Tannhauser.


Il terzo atto si svolge in un ambiente molto simile ad una discarica o rimessa di vecchi mezzi a motore e nel preludio si vede il nano (dal punto di vista interpretativo… bravissimo) che si sta facendo da mangiare una scatoletta di fagioli mentre arriva Elisabeth in cerca di Tannhauser. Questa è disperata (anche qui la psiche la fa da padrona) e addirittura durante il duetto con Wolfram tra i due avviene un atto sessuale (con Wolfram travestito da clown come Tannhauser), al termine del quale la giovane si suicida. A questo punto Tannhauser ritorna dal carcere e dopo un breve scambio con Wolfram e Venere (che spera di riportarlo per un’ultima volta da lei), al sapere della morte della sua amata sogna di fuggire con lei per un viaggio che mai, nella realtà, sarebbe potuto accadere. E qui si chiude il sipario.



La parte musicale ha visto la direzione, a mio avviso molto precisa e asciutta, di Valery Gergiev (debutto per lui a Bayreuth) seguito da un’orchestra strepitosa e da un coro da 10 e lode. Il risultato non è stato apprezzato da tutti in sala perché al suo ingresso in proscenio al termine dell’opera ridondanti sono state le contestazioni. A mio avviso però è stata una edizione musicalmente buona, sicuramente non eccellente, dove i cantanti hanno dato tutto quello che potevano e avevano nelle corde (da notare come in alcuni momenti questi guardassero in direzione del golfo mistico per cercare l’appoggio per l’attacco o la chiusura).


Stephen Gould, nel ruolo del protagonista, mi è apparso fin da subito non del tutto in sintonia con la parte registica e credo che anche nel canto, soprattutto nel primo atto, non abbia dato il meglio di sé. Sicuramente migliore il secondo e terzo atto.
Lise Davidsen ha tutte le note di Elisabeth, la canta molto bene, ha anche il phisique du role giusto ma è trattata dal regista in maniera assurda e la sua figura viene ad essere alla fine quasi una macchietta… ed è un peccato perché lei canta divinamente.
Elena Zhidkova, nei panni di Venere, invece entra a pieno nel personaggio sia musicalmente che teatralmente (forse visivamente l’interpretazione più riuscita).
Buone le parti di contorno con una menzione a Katharina Konradi nei panni del pastore (in bicicletta) e Stephen Milling come Langravio.
Non particolarmente esaltante, ma forse anche questo dovuto all’aspetto registico, il Wolfram di Markus Eiche.

Dopo questa nuova edizione il Festival di Bayreuth aspetta con ansia la nuova teatralogia del 2020 con la direzione di Pietari Inkinen e la regia di Valentin Schwarz.

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