ROSSINI... IN SALSA TEDESCA

Il festival rossiniano di Bad Wildbad ha messo in scena quest’anno, tra l’altro, anche la prima versione, andata in scena nel 1821, di Matilde di Shabran nella nuova edizione curata da Florian Bauer. È l’edizione romana e quindi senza la parte del poeta Isidoro cantata in dialetto napoletano (edizione quella napoletana che, invece, è stata rappresentata ben tre volte al ROF di Pesaro).
A parte la differenza dell’italiano pieno al posto del dialetto napoletano, ci sono altre piccole differenze tra le due edizioni che a mio avviso rendono però più completa e migliore la seconda. 


L’operazione però è sicuramente meritevole e bisogna dare atto ad Antonino Fogliani, direttore artistico del Festival, di aver fatto delle belle scelte in termini di opere scelte e spettacoli complessivi.
L’allestimento si è avvalso della regia di Stefania Bonfadelli ma qui mi soffermerò solo sull’aspetto musicale, avendo ascoltato solo la registrazione audio.


Le due punte di diamante dello spettacolo sono senza dubbio Sara Blanch e Michele Angelini nei ruoli, rispettivamente, di Matilde e Corradino. Il soprano spagnolo è frizzante il giusto rispetto alla parte, gode di acuti limpidi e non stiracchiati, una vera mattatrice e nel complesso, vocalmente, la vincitrice indiscussa della serata. Michele Angelini affronta senza remore l’impervio ruolo di Corradino (nelle orecchie ammetto che ancora ho le tre edizioni pesaresi con Juan Diego Florez…) e ne viene a capo bene, con il duetto assieme a Matilde che a mio avviso è il miglior momento della serata per lui. Le note ci sono tutte anche se quando si arriva in alto diventano un po’ sfocate. Buone le agilità che in parte mi hanno ricordato lo stile di Rockwell Blake.


Il ruolo del poeta Isidoro è interpretato da Giulio Mastrototaro che dopo l’aria iniziale “Ho una fame, una sete ed un freddo” cantata un po’ con il freno a mano si rilassa e porta a casa una buona prestazione. Molto interessante Victoria Yarovaya che interpreta il ruolo en travesti di Eduardo. Spassosissimo l’Aliprando di Emanuel Franco così come sopra la media dei comprimari, fermi ad una sufficienza stiracchiata, Ricardo Seguel Iturra nel ruolo di Ginardo.



José Miguel Perez-Sierra dirige con piglio la Passionart Orchestra, la quale in certi momenti fa quel che può (non splendido l’assolo del corno nel secondo atto), tenendo sempre ben stretta la barra della direzione e riuscendo ad ottenere anche un ottimo rapporto tra buca e palcoscenico.

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