ALMANACCO OPERISTICO - 12 agosto 2020 - ALZIRA di G. Verdi

 

ALZIRA

Tragedia in un prologo e due atti di Salvatore Cammarano, dalla tragedia Alzire, ou les Américains di Voltaire

Musica di Giuseppe Verdi


Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Carlo, 12 agosto 1845


Commissionata nel 1844 da Vincenzo Flauto, impresario del San Carlo, Alzira fu terminata da Verdi solo il 10 luglio dell’anno successivo. La composizione di quest’opera e della successiva, Attila, furono infatti ostacolate come nessun’altra dalle precarie condizioni di salute del musicista. Ultimata la strumentazione il 30 dello stesso mese, Alzira andò in scena meno di due settimane dopo con una compagnia di artisti di prim’ordine: Eugenia Tadolini nel ruolo della protagonista, Gaetano Fraschini nei panni di Zamoro e Filippo Coletti in quelli di Gusmano. Nonostante ciò l’esito della ‘prima’ fu tiepido, anche per la comprensibile resistenza del pubblico del San Carlo ad accogliere, dopo Rossini e Donizetti, un altro musicista ‘straniero’ nel massimo teatro partenopeo. In seguito, a Roma e a Milano, l’opera fu ascoltata persino con ostilità tanto che Verdi, resosi conto che il destino della «sventurata Alzira» non sarebbe stato quello di Nabucco o di Ernani, finì per rassegnarsi alla sua congenita debolezza.


LA TRAMA

Prologo. In Perù, verso la fine del Cinquecento. Ampia pianura irrigata dal fiume Rima, all’alba. Otumbo (tenore) e una tribù di selvaggi Americani legano a un tronco il vecchio Alvaro (basso), il governatore del Perù che hanno catturato, e stanno per ucciderlo quando da una canoa scende Zamoro (tenore), capo di una tribù peruviana davanti al quale tutti si prostrano. Zamoro vede il prigioniero, si commuove davanti alla sua età, ne chiede ed ottiene la riconoscente liberazione. Alvaro parte, sotto scorta, e Zamoro racconta di essere stato torturato a morte dagli Spagnoli, comandati dal crudele Gusmano, ma di essere poi sopravvissuto, e fa il nome dell’amata Alzira. Otumbo gli risponde che la principessa è a Lima, prigioniera degli Spagnoli col padre Ataliba (altro capo di tribù), e Zamoro incalza: scampato alla morte, era penetrato in regioni fredde e lontane, le cui popolazioni si erano sentite coinvolte nella riscossa e s’apprestavano a raggiungere gli Incas. E tutti, tumultuosamente, inneggiano al dio della guerra.

Atto primo. Nella piazza di Lima si schierano i soldati spagnoli e si radunano i loro ufficiali, per ascoltare un messaggio testé giunto. Alvaro comunica che il Re di Spagna ha passato il governatorato del Perù dalle sue vecchie mani a quelle giovani del figlio Gusmano (baritono), che nella gioia comune annuncia la pace con gli Incas stringendo la mano ad Ataliba (basso) e comandando di apriule le porte della città a tutti gli indigeni. Pegno di pace è anche la mano di Alzira, che però Ataliba non ritiene ancora matura per le nozze. Allora Gusmano capisce che la fanciulla pensa sempre all’antico fidanzato, da lui ucciso, e chiede al vecchio di intervenire presso la figlia, senza la quale la sua gloria di guerriero non ha senso. Nel palazzo del governatore, l’appartamento destinato ad Ataliba. Zuma (mezzosoprano), altra figlia di Ataliba, solleva una cortina oltre la quale si vede Alzira che dorme, e dice alle donne che dopo una notte insonne solo all’alba la sorella ha preso sonno. Alzira invoca Zamoro, si sveglia, si alza, si mette a cercare e quindi narra un sogno: fuggendo da Gusmano, in barca, era sorpresa da una tremenda tempesta, ma poi sollevata in alto da una nube incontrava Zamoro in un momento di gioia suprema, giacché Zamoro vive ancora nella stella più luminosa del cielo e lei desidera solo di tornare a fargli visita. Per questo compianta dal coro, Alzira accoglie poi il padre che la prega vivamente, anche per il suo popolo, di sposare Gusmano, e al suo rifiuto comanda e parte. Zuma annuncia ad Alzira un peruviano, che è Zamoro in persona. Alzira prima si spaventa, poi si abbandona alla gioia dell’amore ritrovato, rassicurando l’amante circa la notizia delle sue nozze. Ecco Gusmano, che vede, grida al tradimento, riconosce Zamoro e ordina ai suoi di arrestarlo. Zamoro inveisce contro il carnefice, ma a salvarlo è Alvaro che sopraggiunge, ravvisa in lui il suo pietoso salvatore e si inginocchia davanti al figlio chiedendo la grazia. Alzira dispera, Zamoro affida a lei la vendetta della sua morte, Gusmano resiste alla preghiera fino a che Ovando (tenore), duca spagnolo, non gli annuncia che i nemici si stanno avvicinando a Lima e chiedono il loro capo. Così cede al padre e libera il rivale che sfida all’imminente battaglia. I due gruppi si dividono fieramente, le donne trattengono Alzira che vorrebbe seguire Zamoro.


Atto secondo. All’interno delle fortificazioni di Lima gli Spagnoli brindano alla vittoria appena conseguita, mentre si vedono Zamoro e altri peruviani passare in catene. Gusmano sta per firmare la condanna di Zamoro quando irrompe Alzira, che chiede pietà. Gusmano allontana gli altri e giura alla fanciulla che se lo sposerà Zamoro sarà libero. Lei piange, lui s’ingelosisce e fa per firmare, ma lei lo ferma e promette. Allora il governatore esulta, chiama Ovando e annuncia il fastoso rito matrimoniale, mentre la principessa, fra sé, parla di morte. In un’orrida caverna, di notte. Guardingo, Otumbo entra e batte contro uno scudo appeso, così fa uscire dalle diverse cavità gli Americani superstiti e comunica loro di essere riuscito a liberare Zamoro, corrompendo le guardie. Zamoro, eccolo arrivare vestito da spagnolo. Disperato, il giovane non si sente più di continuare la resistenza, fra l’altro senza l’amore di Alzira, ma quando Otumbo gli dice che Alzira sta per sposare Gusmano s’infuria e corre a farsi vendetta. Festa nel salone del palazzo del governatore, con loggia in fondo che lascia vedere Lima illuminata. Le donne cantano all’America, che ha ritrovato la via della pace. Poi Gusmano presenta agli Spagnoli la sua prossima moglie, canta la gioia del guerriero che finalmente possiede l’amore, cerca la mano di Alzira ma incontra quella di Zamoro che gli pianta un pugnale nel petto e nello stupore generale si lascia catturare, accusando Alzira e spronando il rivale ad apprendere a morire dalla sua presta morte. Ma Gusmano, sorretto da Ovando e altri ufficiali, sente la voce del suo Dio e a Zamoro vuole insegnare un’altra virtù, quella del perdono, e scagiona Alzira, ai due augura giorni d’amore e chiede la loro benedizione. Alzira e Zamoro adorano il Dio che ha voluto un tale cambiamento e Gusmano muore ponendosi sul capo la mano del padre costernato.


Sino ad alcuni decenni orsono si riservava a quest’opera un giudizio poco lusinghiero, relegandola tra la produzione minore dei cosiddetti ‘anni di galera’. Ma in realtà la sinfonia e il finale del primo atto non sfigurano accanto ad altri lavori coevi; il secondo atto non ha cadute di livello e possiede un finale che va annoverato tra gli esiti più alti conseguiti da Verdi sino ad allora. Il musicista aveva accettato volentieri di collaborare con Cammarano, probabilmente il librettista più abile e ricco d’esperienza del tempo, che era inoltre assai influente nell’ambiente napoletano; e il soggetto gli era congeniale (per di più, Cammarano aveva rappresentato Zamoro come un eroe esule e vittima dell’ingiusta sorte: tra Ernani e Manrico). Tuttavia, a dispetto del suo buon livello, il libretto di Alzira era strutturato in singole scene in sé conchiuse, prive di quell’unità e concisione drammatica così necessaria a Verdi. Questi, abituato a non indugiare più di tanto sui versi di Cammarano, non concesse adeguato spazio alle esigenze imposte dagli estesi pezzi chiusi previsti dal librettista e finì per comporre un’opera di insolita e frettolosa brevità, che lasciò sconcertato il pubblico napoletano, avvezzo alle liriche atmosfere del ‘bel canto’. Ciò contribuì non poco alla sua fredda accoglienza e alla sua scarsa fortuna. Presto lasciata in ombra da altri titoli verdiani, Alzira è stata riproposta al pubblico solo nel 1967 all’Opera di Roma con i ruoli dei protagonisti affidati a Gianfranco Cecchele e a Virginia Zeani. Da allora, l’opera ha goduto di ulteriori riprese ed è rientrata abbastanza spesso in repertorio.

Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi

 

LA MIA PROPOSTA

La discografia di quest’opera verdiana è abbastanza scarna. Pochissime sono le registrazioni audio e video. Di queste voglio ricordare comunque queste edizioni:

- Registrazione audio diretta da Franco Capuana a Roma nel 1967 (V. Zeani, G. Cecchele, C. MacNeil);

- Registrazione audio diretta da Lamberto Gardelli a Monaco nel 1983 (I. Cotrubas, F. Araiza, R. Bruson);

- Registrazione audio diretta da Fabio Luisi a Ginevra nel 1999 (M. Mescheriakova, R. Vargas, P. Gavanelli);

- Registrazione video diretta da Gustav Kuhn a Dobbbiaco nel 2012 (J. Saito, F. Von Bothmer, T. Gazheli).

 

Tra quelle citate mi sento di preferire, per l’armonia di tutto l’insieme interpretativo, l’edizione diretta da Fabio Luisi, che non ha punte di straordinarietà ma vede una direzione, a mio parere, molto ispirata, ben calibrata e battagliera al punto giusto oltre ad un trio di interpreti di tutto rispetto. A mio avviso l’edizione romana vede una Zeani che è un po’ al di sotto delle sue normali possibilità (non sfrutta a pieno il registro centrale della sua voce) mentre quella diretta da Gardelli trovo che abbia completamente in parte solo lo splendido Gusmano di Bruson. L’edizione video è da ricordare solo per la buona direzione di Kuhn.

 

Ecco qui di seguito i links per ascoltare la mia proposta:

https://www.youtube.com/watch?v=JJh-REUp57k

Commenti

Post popolari in questo blog

A MILANO (in tv)... PER IL DON CARLO INAUGURALE

A ROVIGO... PER LA "GELIDA MANINA" DELLA BOHEME PUCCINIANA

A VERONA (in tv)... PER IL GIARDINO ARENIANO DEDICATO AL BARBIERE