CAVALLERIA ALLA PALERMITANA... CON MOLTE PECCHE
Nelle estati delle grandi e piccole istituzioni musicali non può mancare Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. In questa estate poi, segnata dalla pandemia e dalle misure di distanziamento sociale, pullulano le Cavallerie in forma di concerto in vari luoghi del nostro Belpaese.
Anche il Teatro Massimo di Palermo l’ha allestita in questi giorni presso
il Teatro di Verdura con la direzione orchestrale di Carlo Goldstein e due cantanti
che hanno sicuramente richiamato il pubblico siciliano: Roberto Alagna e
Aleksandra Kurzak.
La recita di martedì 11 è stata trasmessa in diretta streaming sul sito
del teatro ed ha quindi permesso ad un pubblico molto più vasto di poter godere
del grande capolavoro mascagnano.
Partiamo innanzitutto dalla musica e dalla direzione di Golstein, uno dei
più emergenti direttori della nuova generazione. La sua è una Cavalleria
abbastanza arcigna, con tempi che tendono in molte occasioni ad essere
particolarmente veloci (forse anche in considerazione del luogo e dell’acustica)
ma nello stesso tempo non ho avuto la sensazione di una amalgama pienamente
riuscita. Spero che questo sia dovuto in primis alle poche prove che forse il
direttore ha avuto a disposizione. Per chi conosce bene la partitura concepita
da Mascagni sa bene quanto difficile essa sia e come la resa orchestrale sia
non facile da ottenere. Goldstein ci lascia sicuramente un bell’intermezzo e un
ottimo accompagnamento ai cantanti (forse anche troppo benevolo rispetto ad
alcune concessioni prese dai più “vecchi” del cast). L’orchestra (amplificata
come pure i cantanti) suona bene anche se qua e la si sentono alcune sbavature.
Un plauso invece al coro, istruito da Ciro Visco, che a mio parere ha cantato
benissimo.
Veniamo ora al cast.
Aleksandra Kurzak non è vocalmente la Santuzza ideale, avendo una voce
che tende molto più alla propensione verso l’alto, mentre la partitura richiede
all’interprete una quantità di voce del registro medio molto importante (non a
caso tante ottime Santuzze sono dei mezzosoprano). La voce non è amplissima e a
questo sicuramente ha giovato l’amplificazione. Nel complesso però riesce a
rendere un personaggio molto credibile anche aiutandosi con la recitazione.
Buona la romanza e ben cantata la preghiera del Regina Coeli.
Roberto Alagna, pur destando i convinti applausi del pubblico palermitano,
è la vera delusione della serata. Ormai la sua voce tende ad ingrossarsi sempre
più (quanto rimpiango la mia prima Traviata ad Adria con lui giovanissimo
nel 1989 assieme alla Devinu) mentre la zona di passaggio e gli acuti ormai
cominciano ad affievolirsi in maniera preoccupante. Questo fa sì che quindi sia
costretto a spingere per trovare l’acuto… oltre che a respirare continuamente.
Anche chi ascolta senza avere presente lo spartito dell’opera si sarà reso
conto di come la maggior parte delle frasi non sia assolutamente legata e,
anzi, i respiri dovuti ad un affanno che via via è aumentato nel corso della
recita hanno reso la sua prestazione scarsa. Certo… è un grande lupo da
palcoscenico ma l’opera bisogna cantarla e anche come si deve. La sua siciliana
(cantata come prescritto fuori scena) è inascoltabile anche per le parole
inventate rispetto a quelle scritte nel libretto, in più momenti ha sbagliato
gli attacchi ed ha costretto il direttore e l’orchestra ad aspettarlo. Insomma,
non so se si è capito… ma non mi è piaciuto.
Interessante l’Alfio di Ernesto Petti anche se la gioventù in alcuni
momenti lo fa gareggiare (sbagliando) con Alagna alla “chi spinge di più”.
Perde il tempo nella sua aria di entrata ma nel complesso una prova più che
dignitosa e prospettata comunque nel futuro.
Buona la Lola di Sofia Koberidze e ottima, invece, la Mamma Lucia di
Romina Boscolo a mio modo di vedere la migliore del cast.
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