LA PICCOLA FARFALLA... VOLA LIBERA SUL CIELO DI TORRE DEL LAGO
Madama Butterfly chiude con successo il 66° Festival Puccini di Torre dal Lago; un festival inevitabilmente segnato dalle tante difficoltà dovute alla gestione della pandemia ma che ha saputo dare al suo pubblico una discreta scelta (dal Gianni Schicchi inaugurale a Viareggio passando poi per il concerto dell’Orchestra di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano).
L’allestimento dell’opera pucciniana, ascoltato in diretta streaming la
sera di venerdì 21, è stato affidato in toto a Manu Lalli che ne ha curato,
oltre alla regia, anche le scene e i costumi. La scena che si presenta allo
spettatore è minimalista e si avvale di una pedana centrale (che simboleggia la
casa) attorniata da una fitta vegetazione fatta di arbusti e alberi veri. Questi
poi nel secondo atto diventano vegetazione secca, forse a simboleggiare la
tragedia che poi si consumerà alla fine. Pochissimi gli elementi e una regia
che non fa cose straordinarie ma che si limita ad accompagnare, senza strafare,
l’azione e la musica straordinaria che Puccini mette nella partitura. Certo non
c’è nulla di impressionante, non ci sono scelte particolari da parte della
regista, ma questo va a suo merito in quanto lo spettacolo si fa guardare bene
senza avere distrazioni. Poi bisogna riconoscere che ci sono alcuni momenti
sicuramente belli: uno è sicuramente è il finale primo quando la scena è quasi
illuminata dalle stelle del cielo che sovrasta il Lago di Massaciùccoli.
Se la parte visiva è abbastanza apprezzabile (e dicendo questo ripenso
alla “brutta” Tosca della settimana precedente) non è da meno anche la parte
musicale.
Enrico Calesso dirige un’Orchestra del Festival che suona in maniera diametralmente opposta rispetto alla Tosca della settimana precedente. Sicuramente il merito va dato al giovane direttore, che riesce a dare alla lettura orchestrale (pur non avendo a disposizione i Wiener Philharmoniker!) un peso ed una sostanza di tutto rispetto. Certo i tempi scelti sono generalmente abbastanza lenti ma lo spessore della trama che riesce a cavare dagli orchestrali è di tutto rispetto. Alcuni cali di tensione ci sono (penso ad alcune distorsioni nell’ingresso di Yamadori o ad alcune entrate degli ottoni non proprio precisissime) ma nell’insieme una buonissima prova del direttore trevigiano.
Il cast nel complesso è buono ed è capeggiato dal soprano giapponese
Shoko Okada. Se la presenza scenica è centratissima qualche difficoltà la sua voce
la trova nel primo atto, forse vocalmente meno adatto a lei (quando comunque
deve dar voce ad una ragazzina di quindici anni), per poi crescere durante la
recita lasciandoci un secondo atto ed un finale davvero interessanti. I momenti
per lei più riusciti sono, a mio avviso, l’intero duetto con Sharpless e quello
successivo con Suzuki nel secondo atto e poi il finale, dove arriva un po’
stanca ma interpreta benissimo.
Pinkerton è interpretato da Raffaele Abete che non ha nessuna difficoltà
a cantare le note scritte in partitura. Il registro centrale a mio parere è un
po’ troppo “grosso” mentre quando si avvicina alle note più alte la voce si apre
e schiarisce. Sicuramente in questo ruolo (come in altri) avrà un futuro.
Bravissimo Alessandro Luongo che dona una insolita nobiltà alla parte
tutt’altro che semplice di Sharpless. Bella la sua entrata in scena e
sicuramente interessante il suo approccio del primo duetto con Pinkerton mentre
nella maggior parte delle volte, questo fila via senza ricordandosene.
Buonissima la Suzuki di Annunziata Vestri che canta bene durante tutta la
recita ma ha il suo apice nel drammatico finale.
Efficace il Goro di Francesco Napoleoni così come risulta interessante,
pur nella piccola parte, la Kate di Anna Russo.
Sufficienti comunque tutti gli interpreti del cast, così come si
destreggia abbastanza bene il coro diretto da Roberto Ardigò.
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