ALMANACCO OPERISTICO - 28 agosto 2020 - LOHENGRIN di R. Wagner
LOHENGRIN
Opera romantica
in tre atti
Parole e musica
di Richard Wagner
Prima
rappresentazione: Weimar, Teatro di corte, 28 agosto 1850
Il libretto, concepito nel 1841 ma realizzato nel 1845, all’indomani
della rappresentazione del Tannhäuser, si avvale di diverse fonti della
saga di Lohengrin (dal francese antico ‘li loheren Garin’: Gerin il loreno),
che Wagner collazionò non senza aver inserito situazioni e personaggi di sua
invenzione. Si tratta del poema di Wolfram von Eschenbach Parzival (lo
stesso da cui Wagner attingerà per il Parsifal), del poema epico tedesco
anonimo del XIII secolo Lohengrin e del poema medievale anonimo Le
Chevalier au cygne. La composizione della musica risale al triennio
1846-1848; circostanza non occasionale per il musicista, egli iniziò il lavoro
cominciando dal terzo atto e lo terminò a ritroso, con la stesura del celebre
preludio al primo atto. Wagner era sicuro di rappresentare anche Lohengrin
al Teatro di corte di Dresda, dopo che vi aveva presentato (pur senza
riscuotere grande successo) Der fliegende Holländer e Tannhäuser,
e modellò la partitura sulle forze vocali e strumentali di quel teatro; ma
l’adesione alla rivolta dei nichilisti di Bakunin contro la città, nel 1848,
gli costò la condanna a morte e lo costrinse alla fuga in esilio a Zurigo,
oltre che, ovviamente, alla cancellazione della rappresentazione. Fu poi
l’amico (e, anni dopo, suocero) Franz Liszt, direttore musicale del più piccolo
teatro di Weimar, al quale Wagner si era rivolto con un’accorata supplica, a
offrirsi di curare la prima rappresentazione, nonostante alcune riserve
sull’efficacia scenica: il 28 agosto 1850, giorno dell’anniversario della
nascita di Goethe, Lohengrin ricevette il suo battesimo. Wagner, che non
poteva essere presente all’avvenimento, si risparmiò quanto meno la delusione
di un’accoglienza non molto calorosa da parte del pubblico. Non mancarono
tuttavia musicisti e ‘addetti ai lavori’ a segnalare che, con Lohengrin,
si era stabilito una volta per tutte chi fosse il primo compositore tedesco del
momento; e anche il successo popolare non tardò a seguire negli anni
successivi. Oggi Lohengrin è l’opera wagneriana più rappresentata nel
mondo, e probabilmente anche la più amata dal pubblico. Lohengrin è
anche la prima opera di Wagner mai rappresentata in Italia; l’avvenimento
risale al 1871, a Bologna, e a seguito di esso si alimentò in Italia la
cosiddetta ‘questione wagneriana’, che da tempo contrapponeva i fautori della
tradizione verdiana a quelli del ‘progresso’.
LA TRAMA
Atto primo. Anversa, prima metà del X secolo. Giunto nel Brabante
per richiamare i nobili al dovere dell’impegno militare contro gli Ungari, il
re tedesco Heinrich der Vogler (Enrico l’Uccellatore) convoca il nobile
Friedrich von Telramund, affinché gli spieghi il motivo per cui i brabantini
sono rimasti senza un capo e in lotta tra loro. Telramund avanza pretese sul
governo della regione perché Elsa, figlia del duca di Brabante, sarebbe la
responsabile della scomparsa di Gottfried, il fratello, cui sarebbe spettato il
potere alla morte del duca; perciò, aggiunge Telramund, nonostante il vecchio
duca avesse individuato in lui il futuro sposo di Elsa, egli ha preferito
unirsi a Ortrud. Elsa ricorda di aver avuto un giorno la visione di un
cavaliere che la confortava (“Einsam in trüben Tagen”) e, quando Heinrich la
convoca per il giudizio divino, invitandola a scegliersi un difensore, ella si
appella al misterioso cavaliere, offrendogli la sua mano e il Brabante. Al
terzo appello dell’araldo del re, sulle acque della Schelda appare il cavaliere
Lohengrin nella sua argentea armatura, a bordo di una navicella trascinata da
un cigno (“Nun sei bedanht, mein lieber Schwan!”); e, in cambio della promessa
di lei di non chiedergli mai né il suo nome né la sua provenienza, si rende
disponibile a provare l’innocenza di Elsa (“Nie sollst du mich befragen”). Sarà
il duello a fornire la prova: e infatti Telramund è abbattuto, ma non finito,
da Lohengrin, tra l’esultanza del re e del popolo.
Atto secondo. Castello di Anversa, di notte. Telramund si scaglia
contro Ortrud, per averlo costretto ad accusare ingiustamente Elsa al fine di
soddisfare la sua brama di potere; ma Ortrud gli suggerisce che il potere del
misterioso cavaliere avrà termine, se qualcuno lo costringerà a rivelare il
proprio nome o riuscirà a tagliargli un dito della mano: i due escogitano il
piano che li porterà al governo del Brabante. All’apparire di Elsa sul balcone
del suo castello (“Euch Lüften, die mein Klagen”), Ortrud fa in modo di farsi
vedere pentita e riesce a introdursi nei suoi appartamenti. Nel dialogo tra le
due donne Ortrud riesce poi a insinuare nella giovane Elsa un dubbio sulla
natura del suo cavaliere che, come velocemente è giunto, altrettanto
velocemente potrebbe ripartirsene. L’araldo proclama intanto i voleri del re:
la messa al bando dalla legge per Telramund e le nozze immediate tra Elsa e il
cavaliere, nuovo protettore della regione; si forma il corteo nuziale, mentre
Ortrud accusa pubblicamente Lohengrin di sortilegio. Telramund, mentre il re e
i nobili rinnovano la loro fiducia in Lohengrin, si avvicina furtivamente a
Elsa, protetto da quattro nobili brabantini: nella notte si nasconderà vicino
alla sua camera, pronto a ferire il cavaliere, qualora lei ritenesse di essere
in pericolo; ma Elsa, in cui la fede nel misterioso cavaliere prevale ancora
sul dubbio, rifiuta l’offerta.
Atto Terzo. Inno nuziale (“Treulich geführt”): Elsa e Lohengrin possono finalmente adagiarsi sul talamo nuziale (duetto “Das süße Lied verhallt”). Lohengrin sente crescere la curiosità di Elsa verso di lui; cerca di impedire, ma invano, che gli ponga la domanda sulle sue origini. E proprio nel momento in cui ella cede, Telramund e i quattro nobili irrompono nella stanza, decisi a ferire il cavaliere; Elsa sviene. Lohengrin uccide Telramund e si volge a contemplare l’amata, consapevole d’averla ormai perduta; al suo risveglio le comunica che le rivelerà il suo nome, ma solo al cospetto del re e del popolo. Sulle rive della Schelda, ai brabantini che attendono di partire per la guerra, il cavaliere, dopo aver deplorato il ‘tradimento’ di Elsa, si rivela: egli è Lohengrin, figlio di Parsifal, capo dei custodi del santo Graal; è sceso sulla terra per portare pace, protetto da una potenza divina che però svanisce se è costretto a rivelare chi sia (“In fernem Land”). Elsa lo supplica di perdonarla, ma invano, ché già sta sopraggiungendo il cigno che riporterà Lohengrin da dove è venuto. Segue il mesto commiato tra i due; il popolo del Brabante è invece confortato dalla rassicurazione di Lohengrin circa la vittoria in battaglia. Ortrud rivela che il cigno in realtà è Gottfried, così trasformato da lei per sortilegio. Lohengrin si raccoglie in preghiera, finché giunge una colomba che trascina la sua navicella, mentre il cigno si immerge nelle acque del fiume per uscirne nelle vesti di Gottfried, pronto – ora che è stato spezzato il malefico sortilegio di Ortrud – ad assumere il governo del Brabante. Lohengrin si allontana; Elsa si abbandona esanime tra le braccia del fratello.
Come tutte le azioni drammatiche in cui il mito prevale sulla storia,
l’ideale sul reale, il fantastico sul concreto, anche Lohengrin si
presta a essere interpretato sotto diverse chiavi di lettura, di tipo
filosofico, psicoanalitico, storico-letterario o sociologico. Wagner scrisse di
vedere in Lohengrin il prototipo dell’artista moderno – un’ombra di se stesso,
dunque – gravato da un destino di solitudine e di incomprensione da parte del
mondo circostante. Elsa, che è personaggio positivo in quanto tenta di
afferrare la vera natura di Lohengrin, per così dire di umanizzarlo, pur
sapendo che il suo tentativo è destinato al fallimento, presenta in ciò
caratteri comuni alla Senta dell’Olandese volante o all’Elisabetta del Tannhäuser.
La coppia Ortrud-Telramund, ch’è mero strumento nelle mani di quest’ultimo, è
invece – sempre secondo Wagner – «l’impersonificazione della borghesia
reazionaria», che all’amore, al puro e persino utopico amore che Lohengrin
cerca in Elsa, sostituisce una visione degli umani rapporti basata sulla logica
di potere. Per quanto discutibile, l’interpretazione wagneriana sembra tuttavia
trovare fondamento nella struttura armonica dell’opera, se è vero che la coppia
Lohengrin-Elsa è sempre raffigurata con brani in tonalità maggiori, mentre la
coppia Telramund-Ortrud appare in tonalità minori. Quest’ultimo è solo un
aspetto tra i tanti che documentano la perfetta organizzazione drammatica della
partitura wagneriana, che appartiene (con Der fliegende Holländer e Tannhäuser)
alla trilogia di lavori fortemente sperimentali sottotitolati come ‘opera
romantica’, che precedono e preludono ai ‘drammi musicali’ veri e propri, nei
quali l’estetica e la poetica wagneriana si realizzano compiutamente. Di tale
trilogia Lohengrin rappresenta, non solo cronologicamente, l’ultima
tappa; è infatti l’opera che, più delle altre, presenta da una parte una trama
motivica (particolarmente in evidenza i temi ‘del Graal’, ‘del cigno’, ‘di
Lohengrin’, ‘di Elsa’, ‘di Ortrud’, ‘del giudizio divino’ e ‘della domanda proibita’)
particolareggiata e funzionale a tutte le scene, dall’altra un rapporto tra
parti strofiche e parti libere, ponendo l’elemento di distinzione tra quelle
soggette a una quadratura ancora in qualche modo tradizionale della frase e
quelle sorrette da uno sciolto e fluido declamato drammatico, decisamente in
favore di queste ultime. Abolita già con Tannhäuser la tradizionale
suddivisione in numeri chiusi, a maggior ragione non si fatica a cogliere come
tutto il materiale musicale di Lohengrin fluisca ininterrottamente
all’interno di ogni atto, potendosi considerare momenti ‘chiusi’ soltanto
l’aria di Elsa nel primo atto, la celeberrima marcia nuziale, il duetto amoroso
Elsa-Lohengrin e il racconto coram populo del cavaliere del Graal verso
la fine del terzo atto. L’aspetto dell’opera meno ricco di innovazioni, anche
alla luce degli straordinari esiti del Wagner successivo, sembra quello
orchestrale; in altri termini, Lohengrin è l’ultima opera wagneriana in
cui la conduzione del discorso è ancora precipuamente affidata alla vocalità:
un elemento al quale l’orchestra fornisce sì un sostegno ricco e ineliminabile,
ma interamente subordinato (e forse proprio per questo, come ha suggerito
Massimo Mila, quest’opera gode di particolare popolarità in Italia). Accanto a
talune pecche nella strumentazione, a tratti eccessivamente pesante, l’unico
aspetto timbrico davvero funzionale al dramma è il contrasto tra i suoni
‘bianchi’, ‘argentei’ del primo atto (eloquente in tal senso il celebre, etereo
e luminoso preludio, con i violini suddivisi in quattro soli, più primi e
secondi divisi in due leggii), incentrato su Elsa e Lohengrin, e i suoni
‘neri’, grevi e gravi dell’atto secondo, dedicato alle figure di Ortrud e
Telramund.
Fonte: Dizionario dell’Opera Baldini&Castoldi
LA MIA PROPOSTA
La discografia ufficiale del capolavoro wagneriano è molto ampia (conta
più di 100 edizioni).
Io mi sento di ricordare queste edizioni:
- Edizione audio diretta da Joseph Keilberth nel 1953 (Bayreuth – W.
Windgassen, E. Steber, A. Varnay, H. Uhde);
- Edizione audio diretta da Rudolf Kempe nel 1963 (Vienna – J. Thomas, E.
Grummer, C. Ludwig, D. Fischer-Dieskau);
- Edizione audio diretta da Rafael Kubelik nel 1970 (Monaco – J. King, G.
Janowitz, G. Jones, T. Stewart);
- Edizione video diretta da Claudio Abbado nel 1990 (Vienna – P. Domingo,
C. Studer, D. Vejzovic, H. Welker);
- Edizione audio diretta da Daniel Barenboim nel 1998 (Berlino – P.
Seiffert, E. Magee, D. Polaski, F. Struckmann).
Keilberth è un direttore che sto scoprendo sempre più (fino a qualche
mese fa mi era praticamente sconosciuto… poi il suo Ring mi ha aperto un
mondo fino ad ora inesplorato) e anche nell’edizione da lui diretta nel ’53
mette in mostra tutte le sue qualità. Buonissimo il Lohengrin di Windgassen, in
quegli anni all’apice della sua carriera ma non entusiasmanti gli altri.
L’edizione diretta da Kempe è tra le migliori in assoluto con un cast
che, a parte Thomas che non mi entusiasma è strabiliante, in particolare la
Ludwig (gran lusso come Ortrud… forse anche troppo nobile) e Fischer-Dieskau
(credo il miglior Telramund da me ascoltato).
Molto interessante anche l’edizione ripresa dal vivo alla Staatsoper di
Vienna con la direzione molto particolare di Claudio Abbado e con un cast che
vede primeggiare Placido Domingo, in una delle sue migliori interpretazioni in
assoluto nel repertorio wagneriano. Buone ma non entusiasmanti le due donne.
Discreta anche l’edizione in studio diretta da Barenboim a Berlino, che
preferisco di gran lunga all’edizione scaligera di qualche anno fa. Gli
interpreti sono buoni ma nessuno è indimenticabile.
L’edizione che più mi convince è quella diretta in maniera magistrale da
Rafael Kubelik che concerta l’opera in maniera, oserei dire, poetica. La
Janowitz, Stewart e Ridderbusch (a mio parere il migliore Re Enrico in
assoluto) io personalmente li trovo straordinari. King ha una voce che non mi
entusiasma ma trovo che questa sia la sua migliore incisione wagneriana. La
Jones, pur con un timbro di voce decisamente brutto e che tende a stridere
parecchio quando le note si alzano, lascia comunque una superba Ortrud (da
ascoltare l’eccelso duetto con la Janowitz). Quindi, pur con qualche
diffettuccio, questa ritengo sia la migliore edizione e la consiglio a tutti
voi.
Di seguito i link per ascoltare l’opera diretta da Kubelik:
https://www.youtube.com/watch?v=niF4kyyBqqY
(CD 1 – Atto I e inizio Atto II)
https://www.youtube.com/watch?v=oIIRjxkP-CQ
(CD 2 – continuazione Atto II)
https://www.youtube.com/watch?v=uDLjHVoTmkw
(CD 3 – Atto III)
Se volete guardare lo spettacolo viennese diretto da Abbado ecco qui i
link:
https://www.youtube.com/watch?v=Y9JoIFVG-0A
(Atto I e II)
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