PERCHE' SALISBURGO... E' SEMPRE SALISBURGO

L’edizione numero 100 del glorioso Festival di Salisburgo si è aperta domenica scorsa con una pregevole, più dal punto di vista musicale che visivo, edizione di Elektra di Richard Strauss.

L’immensa Felsenreitschule ha ospitato le maestose scene pensate da Małgorzata Szczęśniak e che ben accompagnano la visione registica di Krzysztof Warlikowski.


Prima dell’inizio dell’opera il regista polacco ha voluto inserire un monologo, tratto dall’Orestea di Eschilo, nel quale Clitennestra, rivolgendosi al pubblico da un microfono posizionato sul proscenio, cerca di giustificare il suo regicidio. Questo, credo, nella visione di Warlikowski dovrebbe rendere più comprensibile al pubblico l’aspetto prima di carnefice e poi di vittima della regina, anche rispetto alla tradizionale concezione che si ha di questo personaggio. Al termine del monologo Franz Welser-Most inizia l’opera…

La scena, che rappresenta il palazzo di Micene, è una sorta di grande spogliatoio con otto docce arrugginite sul fondo all’interno del quale è stato ucciso Agamennone e dove il sangue schizza ancora sui muri. Di fronte alle docce una piscina in cui un po’ tutti i personaggi si immergono (come se tutti dovessero lavarsi di dosso sangue e colpe orrende). Una grande scatola trasparente funge da interno del palazzo in cui vengono mostrati gli eventi esposti dalla regina nel prologo recitato, dove Clitennestra stessa intraprende i rituali che la riforniscono di sangue e quindi di vitalità e dove andrà anche ad incontrare la morte per il tramite del figlio Oreste. I costumi sono moderni: Elettra, sfoggia un vestitino bianco a fiori rossi, un cardigan rosso e una borsetta dalla quale spesso tira fuori un pacchetto di sigarette; sua sorella Crisotemide ha un vestito in due pezzi di pelle rosa brillante, sua madre è vestita di un rosso brillante con grandi gioielli. Nel complesso la regia non fa nulla di particolarmente eclatante (a parte il nudo femminile iniziale che la regia televisiva cerca di far vedere poco oppure alcune citazioni poco coerenti come una delle ancelle che assomiglia in maniera quasi grottesca alla “Mami” di Via col vento). L’idea di fondo quindi non mi è dispiaciuta anche se la regia è molto particolare, pur nel rispetto del dettato musicale di Strauss, e la ripresa televisiva (anche per colpa del palcoscenico immenso che sempre non poteva essere inquadrato nella sua interezza) forse non ne ha reso a pieno l’intero dipanarsi degli eventi.

La parte musicale è molto… molto buona. I tre ruoli femminili sono impersonati da tre straordinarie cantanti nonché attrici.

L’Elettra di Aušrinė Stundytė è eccezionale per pregnanza realistica rispetto alla concezione di Warlikowski. Ci troviamo di fronte ad una Elettra fragile, infantile e vulnerabile che la cantante riesce a mettere a pieno anche nella voce, non sforzando mai (quanto è facile ascoltare Elettre urlanti che cercano di sovrastare l’orchestra) e lasciandoci nel complesso un personaggio a tutto tondo.

Splendida è la Crisotemide di Asmik Grigorian (cantante che io personalmente adoro): la sua voce si amalgama benissimo con quella della Stundytė e ne rende una coppia di sorelle straordinarie. La sua presenza scenica è strabordante (lo si vede subito fin dalla sua entrata iniziale in scena) e la sua voce è brillante e cristallina. Rende allo spettatore un personaggio altrettanto complesso come è quello di sua sorella e fa capire quanto la storia delle due sia in simbiosi (e qui va dato merito alla regia di aver fatto comprendere come Crisotemide non sia la piccola e scialba sorella ma, anzi, forse viene lei ad essere la forte nei momenti che contano).

Molto bella l’interpretazione di Tanja Ariane Baumgartner come Clitennestra. La sua è una interpretazione molto pregnante sia scenicamente che musicalmente: la sua voce bene riesce ad esprimere i brividi e gli incubi che anche fisicamente la percuotono.

Ben al di sotto delle tre figure femminili sono le parti maschili (anche perché molto minore è la loro parte) che comunque vedono un buon Derek Welton come Oreste e un discreto Michael Laurenz come Egisto.

Buoni i ruoli comprimari.

Ottima, a mio modo di vedere, la direzione di Franz Welser-Most alla guida dei Wiener Philharmoniker in stato di grazia. La sua concertazione è accuratissima: si percepiscono, all’interno dell’oceano strumentale che Strauss mette in opera, tutti i singoli strumenti; l’orchestra, pur passando dai ppp ai ffff non sovrasta mai le voci. Tutto questo è un grande merito del direttore austriaco, ormai di casa a Salisburgo.

Qui di seguito il link per poter vedere l'opera:

https://www.arte.tv/de/videos/098928-000-A/elektra-von-r-strauss/


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