ALMANACCO OPERISTICO - 14 agosto 2020 - IL TURCO IN ITALIA di G. Rossini
IL TURCO IN ITALIA
Dramma buffo in
due atti di Felice Romani, dal libretto di Caterino Mazzolà Il Turco in
Italia, messo in musica da Franz Seydelmann (Dresda 1788)
Musica di Gioachino
Rossini
Prima
rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 14 agosto 1814
Storia strana, quella del Turco in Italia. Una fra le più raffinate e innovative opere buffe mai composte ebbe, anzitutto, un esordio decisamente infausto; una delle cause principali sembra sia stata la diceria che Rossini avesse voluto, in un certo senso, prendere in giro il pubblico milanese, offrendogli una sorta di parafrasi, a ruoli invertiti, dell’Italiana in Algeri, presentata a Milano l’anno prima, al Teatro Re (in realtà, non solo fra le due opere non vi è una sola nota in comune, ma Il Turco in Italia è un’opera composta interamente ex novo). D’altra parte, va considerato anche il meccanismo drammaturgico del tutto inedito messo in atto da Rossini e dall’allora ventiquattrenne Felice Romani, che aveva debuttato come autore di libretti soltanto un anno prima: l’idea di porre in scena un poeta (leggi: librettista) che cerca nella vita reale i personaggi per il suo dramma buffo; una novità assoluta, di straordinaria modernità – qualche commentatore moderno l’ha accostata addirittura a certe soluzioni pirandelliane – ma certo di non immediata comprensibilità per un pubblico abituato al comique absolu di opere come L’Italiana in Algeri. La sorte non proprio fortunata del Turco è proseguita per oltre un secolo; sebbene negli anni successivi alla prima rappresentazione, sull’onda degli stupefacenti successi che Rossini mieteva in tutta Europa, anche il Turco ricevesse accoglienze migliori rispetto al debutto, in seguito quest’opera non venne mai considerata all’altezza delle sue sorelle maggiori, la già citata Italiana, nonché Il barbiere di Siviglia e La Cenerentola. Si dovette giungere agli anni Cinquanta del nostro secolo per vedere il Turco risorgere, ed entrare definitivamente nel repertorio teatrale, grazie a Gianandrea Gavazzeni prima e quindi a Vittorio Gui, ma soprattutto alla sensazionale Fiorilla che Maria Callas portò prima sulle scene e poi in disco.
LA TRAMA
Atto primo. Siamo nei pressi di Napoli, ove il poeta Prosdocimo,
in cerca di un buon soggetto, si imbatte in un gruppo di zingari. La zingara
Zaida, dopo aver letto la mano a Geronio, che vuole sapere quando la sua
capricciosa moglie Fiorilla metterà finalmente giudizio (“Vado in traccia di
una zingara”), narra a Prosdocimo come sia stata costretta a fuggire dall’amato
principe Selim a causa della gelosia delle sue compagne. Prosdocimo la informa
dell’imminente arrivo di un principe turco, che potrebbe forse intercedere per
lei. Mentre entra in scena Fiorilla, che passeggia con un gruppo di amiche,
giunge il principe (“Cara Italia, alfin ti miro”); colpito dalla bellezza di
Fiorilla, comincia subito a corteggiarla. Prosdocimo incontra Narciso, cavalier
servente di Fiorilla, che teme pure lui il carattere incostante della giovane,
e quindi un indignato Geronio, che gli comunica che Fiorilla ha invitato il
principe – che altri non è se non quel Selim amato da Zaida – a prendere il
caffè in casa sua. Prosdocimo è soddisfatto per i possibili sviluppi del suo
dramma. La seconda scena del primo atto si svolge appunto in casa di Geronio:
Fiorilla civetta con Selim (“Siete turchi: non vi credo”) quando arriva
Geronio, che viene costretto a baciare la veste del principe in segno di
omaggio, subendo poi per questo anche i rimbrotti di Narciso (“Io stupisco, mi
sorprendo”). Selim, prima di lasciare la casa, dà appuntamento a Fiorilla in
riva al mare per quella sera stessa. Geronio, dopo aver narrato gli ultimi
avvenimenti a un sempre più entusiasta Prosdocimo, ha un duro scontro con la
moglie, che proclama orgogliosamente la sua libertà di prendersi tutti gli
amanti che vuole (“Per piacere alla signora”). La scena si sposta quindi in
riva al mare, ove Selim, che attende Fiorilla, incontra Zaida: i due si
riconoscono e si abbracciano, quando giunge Fiorilla, seguita di nascosto da
Narciso e Geronio; la giovane immediatamente si scontra con Zaida, mentre gli
uomini tentano invano di fare da pacieri e Prosdocimo se la ride.
Atto secondo. Il secondo atto si apre all’interno di una locanda,
ove Geronio apprende dal poeta che proprio lì sua moglie deve incontrare Selim.
Il principe, sopraggiunto, propone a Geronio di vendergli la moglie, secondo le
usanze del suo paese (“D’un bell’uso di Turchia”); al netto rifiuto seguono
minacce reciproche. Partito Geronio, tocca a Fiorilla e Zaida scontrarsi con
Selim, l’una offesa e l’altra addolorata per le incertezze sentimentali del
principe. Prosdocimo, che è venuto a sapere che Selim intende rapire Fiorilla
durante una festa mascherata, avvisa Zaida, suggerendole di presentarsi alla
festa travestita da Fiorilla; consiglia poi anche Geronio di partecipare alla
festa, in costume da gorilla, per sorvegliare la moglie e impedirne il
rapimento. Narciso, che ha udito tutto, decide di travestirsi a sua volta da
turco, per portare via con sé Fiorilla. Tutti questi travestimenti creano una
serie infinita di equivoci durante la festa: Geronio, che vede due turchi e due
Fiorille (“Oh guardate che accidente”), reclama a gran voce la moglie e fa la
figura del pazzo; Fiorilla fugge poi con Narciso e Zaida con Selim. Tornato
alla locanda, Prosdocimo, che ha appreso dallo stesso Selim della sua
definitiva riconciliazione con Zaida, suggerisce allo sconsolato Geronio di
dare una lezione alla moglie fingendo un divorzio. Fiorilla riceve quindi una
lettera di ripudio dal marito, che le impone di tornare a Sorrento dalla sua
famiglia; prepara quindi le sue cose e, addolorata, abbandona la casa
(“Squallida veste bruna”). Tutto è pronto per il finale lieto: ed è come sempre
Prosdocimo, che ha ormai tutti gli elementi per il suo dramma buffo, a fungere
da motore degli avvenimenti. Narra il sincero pentimento di Fiorilla a Geronio,
che dal canto suo non vedeva l’ora di riabbracciarla e di accoglierla di nuovo
con sé; la coppia riconciliata saluta Selim e Zaida, che si imbarcano per far
ritorno alla loro terra.
Il Turco in Italia conteneva probabilmente troppe novità per i suoi tempi: lasciandosi alle spalle la comicità ossessiva, per quanto efficacissima, dell’Italiana in Algeri, Rossini imboccò decisamente la strada della raffinata commedia di costume. Questo genere di drammaturgia non era però fatto per incontrare i favori del pubblico dell’epoca, come dimostra, mutatis mutandis, lo scarso successo che in quegli stessi anni veniva decretato alle ‘prime’ milanesi delle Nozze di Figaro e di Così fan tutte. Era in un certo senso prevedibile che un pubblico aggiornato potesse meglio apprezzare la rappresentazione musicale della capricciosa Fiorilla o del bonario Geronio, e soprattutto quella straordinaria invenzione drammaturgica che è Prosdocimo, deus ex machina dell’intera vicenda, al quale non a caso Romani e Rossini – la collaborazione tra i due fu certo strettissima – non affidano alcuna aria. Se a questo si aggiungono la stupefacente maestria di un Rossini appena ventiduenne nella definizione formale e nel trattamento di voci e strumenti, il quadro si definisce in tutti i suoi particolari: il Turco è un’opera di altissimo valore, il cui unico difetto è forse quello di aver dovuto reggere il confronto con il Barbiere e la Cenerentola.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi
LA MIA PROPOSTA
La discografia di quest’opera, che è a mio avviso tra le più belle di
Rossini, è abbastanza importante anche se forse non tanto come meriterebbe. Io
mi sento di citare queste edizioni:
- edizione audio diretta da Gianandrea Gavazzeni nel 1954 (Scala – N. Rossi-Lemeni,
M. Callas, N. Gedda, F. Calabrese, M. Stabile);
- edizione audio diretta da Nino Sanzogno nel 1958 (RAI Milano – S.
Bruscantini, G. Sciutti, A. Lazzari, F. Calabrese, S. Colombo);
- edizione audio diretta da Riccardo Chailly nel 1981 (S. Ramey, M.
Caballè, E. Palacio, E. Dara, L. Nucci);
- edizione audio diretta da Sir Neville Marriner nel 1991 (S. Alaimo, S.
Jo, R. Giménez, E. Fissore, A. Corbelli);
- edizione audio diretta da Riccardo Chailly nel 1997 (Scala – M. Pertusi,
C. Bartoli, R. Vargas, A. Corbelli, R. De Candia).
Altre sono le registrazioni che hanno dei momenti interessanti, penso all’edizione
del ROF 2016 diretta da Riccardo Frizza con la Peretyatko oppure l’edizione
video da Zurigo con Raimondi e Bartoli… ma credo che se si vuole farsi un’idea
dell’interpretazione di quest’opera bastino quelle che ho citato.
L’edizione del ’54 è innanzitutto falcidiata in maniera impressionante
dai tagli (qui andiamo anche oltre la tradizione) e si avvale di un buon
Rossi-Lemeni e di un giovanissimo Gedda mentre la Callas (straordinaria in
quasi ogni sua interpretazione) non riesce a bissare la strepitosa interpretazione
della Rosina del Barbiere. Più interessante a mio modo di vedere è l’edizione
del ’58 con un azzeccatissimo Bruscantini e una bravissima Sciutti.
Un appunto sul particolare approccio di Sir Neville Marriner che, da
grande esperto mozartiano, imposta la sua concertazione in maniera molto
classicistica (orchestra che suona fine e lieve oltre che benissimo)… ma
Rossini a mio avviso è altra cosa. Inoltre sia Sumi Jo che Raul Giménez, a mio
parere, non sono centratissimi qui.
Rimangono quindi le due edizioni dirette da Riccardo Chailly delle quali
io consiglio (ecco la mia proposta) quella del 1997 con i complessi del Teatro
alla Scala. L’edizione è quella che è stata registrata a seguito delle recite
in teatro ma vede alcuni interpreti diversi rispetto al cast originale. Qui
abbiamo una Cecilia Bartoli (che prende il posto di Mariella Devia), a mio
parere, molto in parte e che non si lascia troppo prendere dalle iperboliche
sue acrobazie (che certe volte a me non piacciono). Assieme a lei troviamo un
ottimo Selim in Michele Pertusi e un bravissimo Alessandro Corbelli (al posto
di Alfonso Antoniozzi) come Don Geronio. Molto in parte anche Roberto De Candia
(come Prosdocimo) e buono Ramon Vargas come Don Narciso (al posto di Paul
Austin Kelly che aveva eseguito la parte in teatro). La direzione di Riccardo
Chailly qui è molto ispirata e riesce a trovare ottime musicalità e
sottigliezze da un’orchestra che lo segue a pennello.
Quest’ultima è dunque la mia proposta anche se in rete si trova un po’ a pezzi e non in un unico link.
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