ALMANACCO OPERISTICO - 17 marzo - ATTILA di G. Verdi
ATTILA
Dramma lirico in
un prologo e tre atti di Temistocle Solera, dalla tragedia Attila, König der
Hunnen di Zacharias Werner
Musica di Giuseppe
Verdi
Prima
rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 17 marzo 1846
Il soggetto riscosse particolare apprezzamento da parte di Verdi, che era
rimasto affascinato dai personaggi di Attila, di Ezio e naturalmente di
Odabella, una personalità volitiva come l’Abigaille di Nabucco, legata
tra l’altro a due temi cari al musicista: la brama di vendetta e il rapporto di
un’eroina con il padre. Per questo, Verdi scrisse all’editore francese Escudier
affinché esaminasse la possibilità di trasformare il lavoro in un grand-opéra
per Parigi. Poiché Solera aveva modificato a fondo la tragedia originaria e tratteggiato
una storia di odii e di vendette dai profili drammatici sommariamente
delineati, Verdi, autorizzato dal librettista, che si trovava all’estero per
altri incarichi, fece apportare da Francesco Maria Piave le modifiche ritenute
necessarie. Il rifacimento giunse però a stravolgere a tal punto il libretto
originario (soprattutto nel terzo atto) che Solera ebbe a esprimere il suo
disappunto in merito, e da allora non collaborò più con il musicista.
Prologo. Ad Aquileia attorno alla metà del V secolo. Odabella,
figlia del signore della città, ha perduto l’intera famiglia in seguito al
saccheggio degli Unni e intende vendicarsi di Attila uccidendolo (“Santo di
patria indefinito amor”). Il generale romano Ezio, consapevole della debolezza
del proprio imperatore, offre ad Attila un’alleanza purché l’Italia sia salva;
ma Attila rifiuta sdegnosamente.
Atto primo. Mentre gli Unni, giunti alle porte di Roma, si
preparano a conquistarla, Odabella invoca l’immagine paterna (“Oh! nel fuggente
nuvolo”), poi, si ricongiunge al suo amante Foresto e lo informa del suo piano
di vendetta. Intanto Attila, già turbato da un sogno, s’imbatte in Leone,
accorsogli incontro con tutta la popolazione dell’Urbe, e rinuncia alla
conquista e al saccheggio di Roma.
Atto secondo. Attila offre un banchetto in onore di Ezio, che
nuovamente gli propone un’alleanza. Odabella, appreso che si congiura per
avvelenare il re, lo avverte; non per salvarlo, ma per ucciderlo ella stessa in
seguito. Foresto confessa ma Attila lo perdona e, colpito dal gesto di
Odabella, che crede generoso, annuncia le sue nozze con la donna. Poi congeda
Ezio, assicurandogli che non conquisterà mai Roma (“O sposa, t’allieta”).
Atto terzo. Attila è affrontato da Ezio, Foresto e Odabella;
intuendo che lo si vuole uccidere, ricorda al generale di avere salvato Roma, a
Foresto la grazia ottenuta e a Odabella di volerla sposare; ma le sue colpe e i
suoi delitti sono troppi per essere perdonati. Odabella trafigge a morte il re
mentre i romani si battono con i barbari.
La composizione richiese più tempo del previsto, in primo luogo per le
condizioni di salute di Verdi, che dall’epoca di Alzira non si era
ancora completamente ristabilito, ma anche per la particolare cura del
compositore nel delineare i personaggi. Per Odabella, Verdi scrisse infatti
un’aria, “Santo di patrio indefinito amor” che è tra le più impegnative e
vocalmente estese, nonché sviluppate dal punto di vista formale da lui mai
concepite sino ad allora, e un’aria, come “Oh! nel fuggente nuvolo”, dalla scrittura
strumentale insolitamente raffinata. Ad Attila il musicista riservò due pagine,
il sogno e il successivo incontro con Leone che, al di là di un’ambientazione
forse di maniera, possiedono forza emotiva e austera dignità. Per la prima
volta, Verdi rifiutò inoltre l’impiego della banda, tacciandola di
provincialismo, e compose ben due ouvertures (prima di ripiegare su un
preludio, forma che sentiva più congeniale) e una pagina orchestrale per
l’uragano a Rio Alto (abilmente esemplata da Le désert di Felicien
David) che tradisce una certa ambizione descrittiva. Nonostante ciò,
l’orchestrazione appare ancora non molto raffinata e, come del resto i cori,
improntata a una certa semplicità disadorna, peraltro non priva di suggestione.
La prima rappresentazione ebbe un esito inferiore alle aspettative del
musicista, forse perché riuscì solo in parte il tentativo di Piave di
conciliare la visione epica, quasi statuaria di Attila e di Odabella con
l’esigenza di Verdi di conferire loro un’anima e uno spessore. Nonostante
l’esito modesto della ‘prima’, Attila si avviò presto a diventare una
tra le più popolari opere di Verdi, non inferiore, per ammissione dello stesso
musicista, a nessuna delle altre, e fu ripresa, sia pure di tanto in tanto,
fino ai nostri giorni.
Fonte: Dizionario dell’Opera Baldini & Castoldi
LA MIA PROPOSTA
Opera a mio avviso molto importante nella maturazione musicale e
artistica di Verdi, Attila non è particolarmente sfruttato dalla
discografia. Queste a mio avviso le edizioni imprescindibili:
- Edizione audio diretta da Lamberto Gardelli nel 1972 a Londra (R.
Raimondi, S. Milnes, C. Deutekom, C. Bergonzi);
- Edizione audio diretta da Riccardo Muti nel 1989 a Milano (S. Ramey, G.
Zancanaro, C. Studer, N. Shicoff);
- Edizione video diretta da Riccardo Muti nel 1991 a Milano (S. Ramey, G.
Zancanaro, C. Studer, K. Kaludov).
Lamberto Gardelli dirige in maniera abbastanza anonima, essendo però
questa concertazione una delle sue migliori. Il cast è tra i migliori possibili
anche se Ruggero Raimondi, pur essendo molto bravo, non mi convince appieno.
Ottimo Milnes che interpreta un Ezio di rara bellezza, musicalità e nobiltà
(pur nella figura tutt’altro che limpida). Cristina Deutekom è un’ottima
Odabella così come Carlo Bergonzi è, a mio parere, il migliore Foresto di
sempre.
Riccardo Muti sbaraglia abbondantemente Gardelli e mette su disco una
delle sue migliori interpretazioni verdiane, anche perché ha a disposizione
un’orchestra in stato di grazia e un coro a livelli stratosferici. Un esempio
per tutti, in merito alla sua direzione: lo splendido momento della tempesta.
Samuel Ramey dipinge un Attila sanguigno ma musicalissimo, un vero e proprio
fuoriclasse. Giorgio Zancanaro, pur lasciando qualche punto per strada in
termini di calore interpretativo rispetto a Milnes, ci lascia un Ezio
ottimamente cantato. Cheryl Studer interpreta una ottima Odabella, che nulla ha
da perdere nel confronto con la Deutekom. L’unica pecca di questa edizione è
senza dubbio il tenore: Neil Shikoff qui è fuori ruolo.
L’edizione in video di qualche anno successiva sostanzialmente mantiene
le stesse prerogative dell’edizione in studio ma ha il pregio del calore del
pubblico. Una serata elettrizzante. Per questo ho scelto di postare questa
edizione, pur considerando come l’ascolto della registrazione audio sia
migliore.
Ecco qui di seguito il link dell'opera diretta da Muti:
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