ALMANACCO OPERISTICO - 9 marzo 2021 - NABUCCO di G. Verdi
NABUCCO
Dramma lirico in
quattro parti di Temistocle Solera, dal dramma Nabuchodonosor di Auguste
Anicet-Bourgeois e Francis Cornu e dal ballo Nabuccodonosor di Antonio
Cortesi
Musica di Giuseppe
Verdi
Prima
rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 9 marzo 1842
Originariamente era Nabucodonosor, nella partitura autografa di
Verdi e nella prima edizione a stampa, ma lo stesso Verdi usò sempre in seguito
il titolo abbreviato, Nabucco, per la sua terza opera nonché primo dei
numerosi trionfi che segnarono la sua lunga carriera. La storia della
composizione di Nabucco mescola romanzescamente verità e fantasia nel
libro Volere è potere (1869) di Michele Lessona e nel Racconto
autobiografico, presumibilmente dettato da Verdi a Giulio Ricordi nel 1879.
Entrambe le fonti ci raccontano, in modo più o meno fantasioso, come
l’impresario della Scala, Bartolomeo Merelli, nel periodo successivo alla
composizione di Oberto, conte di San Bonifacio, offrì a Verdi un
contratto per tre opere da scrivere in otto mesi, tra cui un’opera buffa, Un
giorno di regno, che cadde clamorosamente alla prima esecuzione; Merelli
non diede peso a questo evento e confermò comunque la sua fiducia in Verdi,
offrendogli di musicare un libretto –Nabucodonosor appunto – che era
stato rifiutato dal giovane compositore prussiano Otto Nicolai. Per quanto non
sia possibile stabilire con certezza quando Verdi mise mano a Nabucco, è
stato ipotizzato (Parker) che l’inizio della composizione non sia avvenuto
prima del maggio 1841. Prima fonte del libretto di Temistocle Solera è
naturalmente la Bibbia, letta nella traduzione di Giovanni Deodati, come
testimoniano le citazioni apposte a capo delle varie sezioni del libretto. I
riferimenti alla Bibbia riguardano in particolare il regno di Giuda e la sua
invasione da parte del re babilonese Nabucodonosor nel 587-586 a.C., quando fu
saccheggiato il tempio di Gerusalemme, cui seguì la deportazione dei vinti in
Babilonia, dove circa mezzo secolo dopo furono liberati; nel racconto biblico
non figurano però né Ismaele – nipote di Sedecia re di Gerusalemme – né
Abigaille, e neppure Fenena. Altre fonti più vicine al libretto di Solera sono
il dramma francese Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis
Cornu, rappresentato nel 1836 al Théâtre de l’Ambigu-Comique di Parigi,
tradotto dopo circa due anni in italiano, e il ballo storico Nabuccodonosor
di Antonio Cortesi, rappresentato alla Scala il 27 ottobre 1836. Frutto della
fantasia di Solera è invece l’amore non corrisposto di Abigaille per Ismaele,
che non trova riscontro in alcuna delle fonti citate.
Se la rielaborazione delle varie fonti operata da Solera non aveva
convinto Otto Nicolai, che volentieri aveva lasciato libero il libretto di Nabucco
scrivendo che una rabbia perpetua, spargimento di sangue, maledizioni, frustate
e omicidi» non erano un soggetto adatto a lui, tale soggetto era stato
evidentemente giudicato funzionale allo sviluppo drammaturgico della propria
opera da Verdi che, certo del risultato che Nabucco avrebbe sortito,
intraprese un braccio di ferro con Merelli al fine di vedere l’opera inserita
nel cartellone della stagione di carnevale-quaresima 1842. Per l’impresario non
era consigliabile infatti figurare in un cartellone che contemplava nomi di
compositori più illustri, quali Donizetti, Pacini, Bellini, e proponeva che si
rimandasse l’opera a primavera. Ma Verdi non ci sentiva: secondo quanto narra
il Racconto autobiografico, egli insistette caparbiamente per carnevale,
anche perché il cast di quella stagione comprendeva il soprano
Giuseppina Strepponi e il baritono Giorgio Ronconi. Nonostante le pessime
condizioni vocali della Strepponi nel ruolo di Abigaille (condizioni talmente
critiche da costituire probabilmente la causa del taglio, a partire dalla terza
recita, dell’agonia di Abigaille che chiude l’opera) e le scene e i costumi, raffazzonati
alla meglio, l’opera andò in scena il 9 marzo 1842 con un successo tale da
venire ripresa settantacinque volte solo alla Scala entro la fine dell’anno.
Atto primo. ‘Gerusalemme’. All’interno del tempio di Salomone,
Ebrei e Leviti invitano le vergini ebree a pregare per la salvezza di Israele,
poiché il re d’Assiria, Nabucco, ha attaccato gli Ebrei (coro “Gli arredi
festivi”). Entra il pontefice Zaccaria, dicendo che Dio ha tratto in suo potere
Fenena, figlia di Nabucco: lei forse potrà far ritornare la pace; invita perciò
gli Ebrei a confidare nel loro Dio (cavatina “D’Egitto là sui lidi”).
Improvvisamente si sentono grida: arriva Ismaele, nipote di Sedecia re di
Gerusalemme, annunciando che Nabucco si sta avvicinando furibondo. Zaccaria
affida Fenena a Ismaele, predicendo rovina al Dio di Belo (cabaletta “Come
notte a sol fulgente”). Intanto Ismaele, innamorato di Fenena e trovatosi solo
con lei, ricorda quando, nelle vesti di ambasciatore di Giuda, andò in
Babilonia e, imprigionato, fu salvato da Fenena: sia dalla prigione, sia
dall’amore furente della di lei sorella, Abigaille. Fenena gli rammenta la sua
attuale condizione di schiava, e Ismaele le giura che le renderà la libertà;
ma, mentre sta per aprire una porta segreta da cui fuggire, entra Abigaille,
schiava creduta figlia primogenita di Nabucco, seguita da alcuni guerrieri
babilonesi travestiti da Ebrei. Sorpresi i due amanti, ella accusa Ismaele di
tradire la patria per una donna babilonese e grida vendetta, confessando di
averlo amato e di avergli offerto anche il regno di Babilonia; sentendosi
schernita, ha mutato ora il suo amore in odio, ma si dichiara pronta a salvarlo
se Ismaele cambierà partito (terzettino “Io t’amava!...”). Gli Ebrei sono in
preghiera nel tempio, quando giunge la notizia che Nabucco a cavallo si sta
avvicinando. S’avanza anche Abigaille, inneggiando a Nabucco: è lei che ha
aperto il passo ai guerrieri babilonesi, che ora fanno irruzione nel tempio.
Segue anche Nabucco, che viene affrontato da Zaccaria; questi minaccia di
uccidere Fenena, che tiene in pugno, se Nabucco osasse profanare il tempio.
Mentre Zaccaria sta per vibrare il colpo su Fenena, Ismaele ferma il pugnale;
la fanciulla corre fra le braccia di Nabucco, che annuncia tremenda vendetta.
Atto secondo. ‘L’empio’. Abigaille ha in mano uno scritto che ha
sottratto a Nabucco, nel quale si attesta la sua nascita servile; per questo
motivo Nabucco ha destinato il trono alla figlia minore, Fenena, mentre
Abigaille è tenuta in schiavitù. Questa sua condizione la rende furente contro
tutti, al punto da minacciare di morte Fenena, il finto padre Nabucco e il
regno (aria “Anch’io dischiuso un giorno”). Il gran sacerdote di Belo avverte
Abigaille che Fenena sta liberando gli Ebrei, per cui il popolo assiro acclama
regina Abigaille (cabaletta “Salgo già del trono aurato”). Nella reggia Ismaele
incontra i Leviti che gli intimano di fuggire, maledicendolo perché ha tradito
il suo popolo (coro “Il maledetto non ha fratelli”). Sopraggiunge Anna, che
dice di aver pietà di Ismaele: ha salvato un’ebrea, Fenena, che si è infatti
convertita al dio di Israele. Entra Abdallo, dicendo che è stata annunciata la
morte di Nabucco e che Abigaille è invocata regina. Abigaille intima a Fenena
di renderle la corona; ma entra Nabucco e, strappata la corona dalle mani di Abigaille,
la sfida a prenderla dal suo capo (“S’appressan gl’istanti”). Nabucco ripudia
il dio di Babilonia, che ha reso i babilonesi traditori e quello degli Ebrei,
che li ha posti in suo potere e, in un impeto d’orgoglio, dichiara se stesso
dio. A questa affermazione scoppia un fulmine; Nabucco sembra avere sul volto
le tracce della follia: sconvolto, cade, invocando l’aiuto di Fenena (“Chi mi
toglie il regio scettro”), mentre Abigaille raccoglie la corona.
Atto terzo. ‘La profezia’. La scena si apre negli orti pensili di
Babilonia. Abigaille è sul trono; il sacerdote di Belo invoca la morte per
tutti gli Ebrei e per Fenena per prima, in quanto traditrice di Belo. Entra
Nabucco, con vesti lacere e barba incolta; Abigaille ordina di rinchiuderlo
nelle sue stanze, poiché ha perso il senno, ma Nabucco rivendica il suo trono e
affronta Abigaille chiedendole come osa sedervi. La donna dice di averlo
occupato per il bene di Belo quando lui era demente e invoca lo sterminio degli
Ebrei. Nabucco è perplesso, Abigaille lo accusa di essere un vile; egli firma
allora l’ordine, ma quando si rende conto che in questo modo ha condannato
anche Fenena vorrebbe tornare sui suoi passi. Abigaille non lo permette, e dice
che avrà lei come figlia; furibondo, Nabucco la appella schiava e cerca il
foglio che attesta la sua nascita servile, ma è Abigaille a trarlo dal seno e a
farlo in pezzi (duetto “Donna, chi sei?”). Abigaille fa condurre in prigione
Nabucco, il quale chiede di rendergli almeno Fenena. Intanto, sulle sponde
dell’Eufrate, gli Ebrei incatenati e costretti al lavoro pensano con nostalgia
alla loro patria (coro “Va pensiero sull’ale dorate”); arriva Zaccaria, che
profetizza la futura liberazione del suo popolo (“Del futuro nel buio
discerno”).
Atto quarto. ‘L’idolo infranto’. Negli appartamenti della reggia
Nabucco è assopito; si sveglia ansante al suono di guerra, e crede che Belo
stia cadendo in mano agli Ebrei: si affaccia alla finestra e vede Fenena tratta
a morte in catene. Cerca di uscire, ma si rende conto di essere rinchiuso; disperato,
si tocca la fronte e domanda perdono al Dio degli Ebrei (aria “Dio di Giuda!”).
Fa per aprire con violenza la porta, sentendosi ormai guarito e rinvigorito,
prende la spada di Abdallo e corre a salvare Fenena (cabaletta “O prodi miei
seguitemi”). Intanto negli orti pensili il sacerdote di Belo attende Fenena,
che si prepara al martirio (“Oh dischiuso è il firmamento”). Irrompe Nabucco,
con Abdallo e i guerrieri; cade l’idolo, e Nabucco narra di come il Dio di
Giuda lo rese demente quand’era tiranno, facendo anche impazzire Abigaille che
nel frattempo ha bevuto il veleno. Tutti si inginocchiano e rendono grazie a
Dio (“Immenso Jeovha”). Entra Abigaille, in fin di vita, sorretta da due
guerrieri: chiede perdono a Fenena, benedicendo il suo amore con Ismaele; muore
implorando la pietà di Dio (aria “Su me... morente... esanime”), mentre
Zaccaria saluta Nabucco re dei re.
La fortuna di Nabucco è strettamente legata al successo di una
delle pagine più celebri, il coro “Va pensiero” che, erroneamente, certa
critica sostiene essere stato bissato alla prima esecuzione, laddove fu invece
il coro “Immenso Jeovha” a essere replicato. In realtà “Va pensiero”
costituisce il fulcro ideale di un’opera che, se contempla naturalmente
passioni individuali (l’amore tra Fenena e Ismaele, il conflitto tra Abigaille e
Nabucco, l’amore paterno di Nabucco per Fenena), è fortemente connotata come
dramma corale che si articola attraverso una serie di ampi pannelli. Non è
dunque un caso che già dalla sinfonia, in cui, come di consueto, si concentra
l’essenza drammatica dell’intera partitura, il tema presentato come principale
sia quello della fermezza degli Ebrei di fronte alla persecuzione, seguito dal
tema della maledizione di Ismaele. Per questo suo carattere una delle opere che
più spesso si richiamano a modello ideale di Nabucco è il Moïse et
Pharaon di Rossini, opera eminentemente corale. A questa impostazione del
dramma come scontro di popoli corrisponde una concezione della partitura
estremamente massiccia, connotata da una forte presenza degli ottoni, trattati
spesso con una scrittura corale, e dalla banda. Rimane naturalmente lo spazio
anche per il dramma intimo, come quello di Abigaille alla fine dell’opera: uno
dei momenti più toccanti della partitura, dove il canto franto della schiava
morente è orchestrato con mano leggerissima (corno inglese, arpa, violoncello e
contrabbasso soli); o il momento altissimo della follia di Nabucco, alla fine
della seconda parte, dove l’ampia gamma emotiva del protagonista (follia,
terrore, pianto, svenimento) è condensata con una straordinaria ed
efficacissima economia di mezzi. La grandezza della partitura di Nabucco
sta proprio in questa nuova capacità verdiana di far prevalere sempre e
comunque il dramma, e funzionale a questo esito è la messa a fuoco di un
procedimento che sarà fondamentale nello sviluppo della produzione successiva,
vale a dire l’individuazione di un conflitto tra personalità incarnate in tipi
vocali (baritono/basso, conflitto che diverrà tipico in Verdi, e che si attua
qui tra Nabucco e Zaccaria; o baritono/soprano: Nabucco/Abigaille). Vi è poi in
Nabucco l’immissione di quella larga vena di melodismo popolare che
pervaderà tutti i cori ‘patriottici’ fino alla Battaglia di Legnano.
Durante l’Ottocento Nabucco conobbe moltissime riprese. In
occasione di una di queste (Venezia, La Fenice, 26 dicembre 1842) Verdi scrisse
una ‘romanza’ in sostituzione della ‘preghiera’ di Fenena “Oh dischiuso è il
firmamento”, per assecondare le richieste dell’interprete, il soprano Almerinda
Granchi, che considerava la sua parte sacrificata rispetto a quella di
Abigaille. Un’altra modifica da registrare – non suggellata dal placet di
Verdi, ma interessante dal punto di vista storico, soprattutto per i
sostenitori del carattere risorgimentale di Nabucco – è la modifica
apportata a un verso significativo della cabaletta di Zaccaria “Come notte a
sol fulgente”: fino al 1848 Zaccaria cantava impunemente “Che sia morte allo
stranier”; fu solo a partire dalle riprese successive, quando la censura
divenne più rigida e la repressione più serrata, che questa frase fu
occasionalmente sostituita.
Fonte: Dizionario dell’Opera Baldini & Castoldi
LA MIA PROPOSTA
Primo grande capolavoro di Giuseppe Verdi, stracolmo di momenti musicali
eccezionali, Nabucco è stata fin dal primo ascolto un punto di
riferimento per la mia “cultura musicale”. Credo che nell’olimpo delle edizioni
di quest’opera si debbano annoverare queste che ora vi elenco:
- Edizione audio diretta da Lamberto Gardelli nel 1965 a Vienna (T.
Gobbi, E. Souliotis, C. Cava, B. Prevedi, D. Carral);
- Edizione audio diretta da Riccardo Muti nel 1978/79 a Londra (M.
Manuguerra, R. Scotto, N. Ghiaurov, V. Lucchetti);
- Edizione audio diretta da Giuseppe Sinopoli nel 1982 a Berlino (P.
Cappuccilli, G. Dimitrova, E. Nesterenko, P. Domingo);
- Edizione video diretta da Riccardo Muti nel 1986 a Milano (R. Bruson,
G. Dimitrova, P. Burchuladze, B. Beccaria).
L’edizione del 1975 vede una discreta direzione di Lamberto Gardelli
anche se le conduzioni mi risultano, a parte rare occasioni, sempre scialbe e
routiniere. Tito Gobbi è sicuramente colui che rende questa edizione bella: il
suo Nabucco è di primissimo piano, aggressivo nei momenti giusti e languido
quando deve rendersi conto della sua condizione sostanziale di prigioniero.
Elena Souliotis canta bene il ruolo difficilissimo di Abiagille anche se
personalmente non mi entusiasma. Sufficienti i ruoli di contorno.
L’edizione londinese vede la straordinaria concertazione di Riccardo Muti
che trovo sia l’unico direttore (avvicinato in questo solo da Sinopoli) ad aver
reso appieno quello che nell’intimo richiede la partitura verdiana. A
disposizione del direttore italiano abbiamo un ottimo Matteo Manuguerra, la
buonissima Renata Scotto (con qualche durezza qua e là, ma di livello alto), l’ottimo
Nicolai Ghiaurov così come lo svettante Veriano Lucchetti.
L’edizione registrata all’Opera di Berlino vede l’ottima direzione di
Giuseppe Sinopoli, fatta di tempi veloci ma non troppo, atmosfere languide in
alcuni momenti e rarefatte. Ottimo il Nabucco di Piero Cappuccilli così come
imponente è l’Abigaille di Ghena Dimitrova. Buoni poi sia Evgenij Nesterenko
come Zaccaria che Placido Domingo come Ismaele. In questa edizione mi sento di
ricordare anche la compianta Lucia Valentini-Terrani nel ruolo tutt’altro che
semplice di Fenena.
Riccardo Muti scava ancora di più nella partitura e quindi aumenta
qualitativamente la sua interpretazione nell’edizione scaligera del 1986. Non è
da sottovalutare che qui poi ha a disposizione forse la migliore orchestra d’opera
al mondo e sicuramente il miglior coro in assoluto, condotto da quello
straordinario artista che è stato Giulio Bertola. Assieme a Muti troviamo il
regale Nabucco di Renato Bruson, qui in una delle sue migliori interpretazioni
del ruolo, la straordinaria Ghena Dimitrova, l’ottimo Paata Burchuladze (il
direttore italiano riesce a fare miracoli in questa occasione col basso georgiano)
assieme ai buonissimi Bruno Beccaria (Ismaele) e Rachel Pierotti (Fenena).
Questa, a mio parere, la migliore edizione di Nabucco, a 35 anni dalla
sua messa in scena.
Ecco qui di seguito il link dello spettacolo:
Commenti
Posta un commento