DOGE E CONGIURATO... MARINO FALIERO ESALTA IL GENIO BERGAMASCO
Ieri sera, grazie alla diretta televisiva della RAI, ho assistito al MARINO FALIERO di Gaetano Donizetti che ha inaugurato l’edizione 2020 del Festival Donizetti di Bergamo. L’occasione è stata anche quella di inaugurare, dopo tre anni di lavori, il ristrutturato Teatro Donizetti. Purtroppo la pandemia in corso non ha permesso che lo spettacolo fosse visto dal pubblico presente in sala… ne abbiamo giovato però tramite televisione e web.
Come già successo in altre produzioni
liriche in questi tempi difficili, gli spazi teatrali “tradizionali” sono
ribaltati e quindi ci troviamo con la scena vera a propria in platea mentre l’orchestra
si sviluppa tra la buca (rialzata) e il palcoscenico assieme anche al coro.
L’opera viene eseguita per la
prima volta nella nuova edizione critica che non è moltissimo differente da
quella ascoltata quasi vent’anni fa a Parma (buona registrazione diretta da
Roberto Abbado con Pertusi, Devia, Servile e Blake) ma che nel complesso ci
riporta una partitura tutt’altro che secondaria all’interno dello sterminato
catalogo donizettiano.
Vorrei partire dalle note meno
piacevoli… e quindi dallo spettacolo visivo curato dal duo Ricci/Forte. Devo
premettere che non mi era dispiaciuto il loro Nabucco allestito lo
scorso anno al Festiva Verdi di Parma ma qui a Bergamo tante cose non quadrano.
Sicuramente lo spazio scenico è d’impatto (soprattutto dal punto di vista
televisivo) ed è formato da un groviglio di scale, passerelle e praticabili che
dovrebbero riportare alla mente ponti, cunicoli e segrete della Venezia più
buia. Se il mero spetto scenico può essere condivisibile è in quanto a regia
che non si capiscono tante cose: i personaggi giustamente non si avvicinano e
toccano ma la recitazione è, a tratti, macchiettistica. Non si capiscono poi l’utilità
dei tanti mimi che occupano tutta la scena con movimenti veramente
incomprensibili men che meno la scelta dei costumi, assurdi come non mai
(peggio delle scarpe del Lidl!).
La parte musicale è quella che emerge, con punte d’eccellenza e prestazioni rivedibili.
Partirei dalla direzione di
Riccardo Frizza che mette a segno una concertazione di tutto rispetto: la sua
concezione è quella di un Faliero notturno, cupo ma allo stesso tempo
limpido. Giuste le scelte dei tempi con percettibile differenziazione dei “da
capo” delle cabalette. È ben supportato da una buona orchestra e da un buon
coro: un esempio su tutti della sua concertazione è lo splendido inizio del
secondo atto.
Michele Pertusi, nel ruolo del
titolo, sovrasta l’intero cast per musicalità, pregnanza e peso vocale. Il suo
è un Faliero nobile nell’accento, espressivo, magistrale nel legato. Una prova
ottima che ha, a mio avviso, il suo punto massimo nel duetto finale con la moglie
Elena.
Elena è impersonata dalla
bravissima Francesca Dotto. La sua parte non è amplissima ma la cantante
trevigiana affronta con sicurezza le impervie note scritte sullo spartito da
Donizetti. Il suo personaggio si trova a dover affrontare momenti di intenso lirismo
insieme a momenti di agilità estrema, e alla fine ne viene a capo in ottima
maniera.
Vera pecca dello spettacolo è il Fernando
di Michele Angelini, che affronta un personaggio dalla parte impervia e al di
sopra delle sue possibilità. Durante l’intervallo è stato annunciata una sua
indisposizione che in qualche maniera un po’ lo salva dal giudizio, ma la sua
prova è ampiamente insufficiente.
Non mi ha particolarmente
convinto Bogdan Baciu nel ruolo di Israele: la linea di canto è sicuramente
interessante ma manca, ad oggi, di peso per questo ruolo.
mi consenta,ho capito bene,non le è dispiaciuto il Nabucco di Parma?...proprio a Parma si dice "è di bocca buona"..sempre con rispetto delle opinioni altrui,ma vede presentare al Regio un opera del Maestro Verdi, x noi Peppino,in quel modo,ben sapendo come la pensava il Maestro,è un oltraggio all'artista nonchè ai veri intenditori,non chi va a Teatro x spianare il vestito bello o fa "in" apparire..è già un quasi miracolo che quell'opera sia stata portata a termine...anni indietro, non credo....i veri protagonisti sono i Verdi i Puccini i Donizetti etc..la gente va x loro,costoro vogliono appropiarsi della scena,e come vede ci riescono se è sempre la prima cosa di cui si parla,e se un regista moderno strappa la scena,fa parlare + di quei MAESTRI,qualcosa non va....si studino le regie di Zeffirelli ad es, si potrebbe parlare dei mostri sacri di una volta,che davanti a ste robe li avrebbero spediti in strada...oggi purtroppo mancano sia quei mostri che quelle personalità...bene ho espresso un opinione addolorato anche dal momento....Teatri chiusi è la morte dell'arte del bello dello spirito...la fine..grazie dello spazio x lo sfogo
RispondiEliminaGrazie dell'intervento. Forse non concordiamo su tante cose ma io credo che il rispetto del dettato musicale sia fondamentale. A mio parere quel Nabucco non era così dissacrante... mentre questo spettacolo donizettiano non ha delle basi solide.
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