A BERLINO (VIA STREAMING)... PER IL PRIMO LOHENGRIN DI ALAGNA
Nuova produzione di Lohengrin alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino con l’esordio, nel ruolo del protagonista, di Roberto Alagna: è questo il maggior motivo di interesse per l’amante d’opera perché il cantante francese arriva a questo ruolo dopo una gestazione abbastanza lunga (il suo debutto era previsto nel 2018 a Bayreuth).
Mi permetto di partire proprio
dall’aspetto vocale per poi soffermarmi sulla parte visiva, che ha avuto le “cure”
di Calixto Bieito.
Roberto Alagna fa capire fin dal
suo ingresso come la parte sia stata studiata e preparata a fondo: belli gli
accenti con cui normalmente inizia la frase, il colore della sua voce è molto “latino”
e non guasta in una parte come quella di Lohengrin che, non a caso, viene
considerata forse la parte più “italiana” composta da Wagner. Purtroppo la
pronuncia è poco fluida e, anzi, molto, articolata (di alcune parole sembra
quasi di sentire il cosiddetto “spelling”) così come le problematiche più
grandi si hanno quando la voce deve mantenere sempre la linea di canto e non ha
a disposizione armonici e cambi di tensione (come accade nell’opera italiana e
francese). Insomma un debutto discreto che però non entusiasma… la voce rimane
molto pastosa e potrà migliorare in questo repertorio, stando però più attenti
al portamento sui suoni più acuti e una maggiore adesione alla pronuncia
tedesca (mai facile per un madrelingua “latino”).
Vida Miknevičiūtė, così come
Alagna, debuttava in quest’opera impersonando Elsa: il suo ingresso non è centratissimo
e nel primo atto manca molto il registro grave così come gli acuti tendono a
stridere parecchio. Il registro centrale potrebbe essere interessante ma tende,
in parecchie occasioni, a vibrare e traballare un po’ troppo. Per me… un ruolo
troppo grande per lei, anche se a presenza fisica è ben centrata.
Ottimo, come sempre, l’Enrico di
Renè Pape: la sua voce è ancora ampia e intensa sia nel registro grave che in
quello acuto. Certo… gli anni passano anche per lui ma in questo repertorio è
una sicurezza assoluta. A mio avviso il migliore del cast.
Martin Gantner è un discreto
Telramund anche se dalla voce, a mio avviso, troppo chiara per la parte. La sua
caratterizzazione, anche scenica è sicuramente interessante pur negli accenti
forse troppo bruschi che ottiene dalla sua linea di canto.
Molto interessante invece l’Ortrud
di Ekaterina Gubanova, dall’ottimo accento e dalla buonissima linea di canto
sia nella zona centrale che negli acuti.
L’araldo impersonato da Adam Kutny dopo un inizio d’opera alquanto problematico si riprende e la scia una buona prova, anche dal punto di vista attoriale.
La Staatskapelle Berlin è diretta
con il giusto piglio da Matthias Pintscher che riesce ad ottenere suoni limpidi
e ben amalgamati (in un’opera tutt’altro che semplice per il direttore d’orchestra).
Buona la scelta dei tempi e dei colori in buca anche se qualche volta non è
precisissima la coesione tra golfo mistico e palcoscenico (soprattutto durante
il coro nuziale del terzo atto con il coro completamente sfasato,
tempisticamente parlando).
Poche parole per lo spettacolo
pensato da Calixto Bieito…
A me è parsa un miscuglio di
tante cose ma senza capo e coda: tanti sono i video che vengono trasmessi ma sembra
che non abbiano una consequenzialità. Il palcoscenico è in sostanza una grande
gabbia nella quale si muovono (molto poco) i personaggi e che ha, al suo
interno, una ulteriore piccola gabbia dalla quale entra ed esce Elsa. All’interno
di questa grande prigione si esplicano i vari momenti: Telramund canta la sua
grande scena del secondo atto con una piantina di erbe aromatiche in mano
mentre Ortrud accarezza un bambolotto di neonato. L’araldo si trucca da Joker e
poi viene imitato da tutto il coro; Elsa mangia estasiata la torta nuziale che
assomiglia molto ad un albero di Natale dopo aver districato un enorme velo da
sposa che ricorda una zanzariera. Insomma a mio modo di vedere uno spettacolo bruttino
che non porta niente alla storia di quesl grande capolavoro che è Lohengrin.
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