ALMANACCO OPERISTICO - 4 dicembre 2020 - DIE TOTE STADT di E. W. Korngold

DIE TOTE STADT

(La città morta)

Opera in tre atti di Paul Schott, dal romanzo Bruges la morte di Geoges Rodenbach

Musica di Erich Wolfgang Korngold

 

Prima rappresentazione: Amburgo, Stadttheater e Colonia, Stadttheater, 4 dicembre 1920


LA TRAMA

La ‘città morta’ del titolo è Bruges, dove il protagonista Paul (siamo alla fine del XIX secolo) coltiva quasi morbosamente la memoria della moglie Marie, morta in giovane età e ritratta in un grande quadro al centro di una sorta di museo casalingo a lei dedicato. L’inconsolabile vedovo confida all’amico Frank di avere incontrato una donna che a Marie somiglia straordinariamente, e l’ha invitata a fargli visita per inscenare una sorta di resurrezione. Si tratta di Hariette, una danzatrice e cantante dalla quale Paul è affascinato ed eccitato. Egli è combattuto tra la lealtà verso Marie e l’attrazione per Harietta e finisce per scambiare le due donne in una confusa immaginazione, tra realtà e sogno. E vive con senso di colpa uno straziante travaglio interiore, attratto e respinto al tempo stesso dalla giovane e provocante creatura. Nella sua visione nebulosa, coinvolge altri personaggi: la fedele governante Brigitta, che abbandona scandalizzata la sua casa e si rifugia in uno di queibéguinagesper i quali la città va famosa; l’amico Frank, che a sua volta sarebbe sedotto dal prorompente fascino della donna di spettacolo. Assiste non visto a una festa, alla quale partecipa tutta la compagnia teatrale di cui Marietta fa parte. Tra canti, lazzi, libagioni, atteggiamenti licenziosi e blasfemi, l’atmosfera si fa surriscaldata e minacciosa. Si prova una scena dell’operaRobert le diabledi Meyerbeer, nella quale Marietta interpreta la parte di Hélène. Nell’opera ricorre il motivo ‘della resurrezione’ e la concezione stessa della resurrezione è fatta oggetto di dileggio da parte dei teatranti. La città morta sembra ribellarsi al sacrilegio, tra suoni d’organo e di campane a morto, presagi di tempesta e apparizioni di beghine. Paul, offeso nei suoi affetti e nei suoi sentimenti religiosi, si palesa, affronta Marietta, la accusa delle sue perversità e le dice che in lei ha amato soltanto la moglie scomparsa. Piccata, Marietta accetta la sfida e, facendo uso di tutti i suoi poteri di seduzione, irretisce Paul e si introduce nella sua casa per una folle notte di passione. L’indomani, Marietta si ritrova di fronte al ritratto di Marie e, dalla stanza che ne custodisce le memorie, assiste con Paul allo spettacolo di una solenne, fastosa processione. Torna a deridere la religiosità di Paul e a profanarne i sentimenti esercitando il suo potere erotico, ma il giovane la respinge. Egli difende appassionatamente la propria fede, le ragioni dell’amore e della lealtà. Marietta si impadronisce di una treccia dei capelli di Marie, conservata in una teca e se la avvolge intorno al collo, danzando come indemoniata. Finisce che Paul, davanti a tanta intollerabile sfrontatezza, la strangola con la stessa treccia. Ma è stato un sogno, una visione: nessuna profanazione, nessun delitto è avvenuto. Brigitta viene ad annunciare che la signora venuta in visita è tornata sui suoi passi. Entra Marietta: ha dimenticato qualcosa e si chiede se ci non sia un invito a rimanere. Paul resta muto e lei se ne va, mentre arriva Frank. È avvenuto un miracolo? La donna del ritratto si è ridestata dal suo sonno di morte? Ma non c’è stata, né può esservi resurrezione e Paul lascerà per sempre Bruges, la città della morte.


Questa cupa vicenda, con i suoi potenti vertici melodrammatici, si colloca forse nell’atmosfera luttuosa di una società ancora ferita dagli eventi della grande guerra, in un clima dolente di orrifico dormiveglia. L’opera risente dell’impronta espressionistica che ispira un po’ tutta la creatività del periodo, soprattutto in Germania, dalle arti figurative al teatro al cinema. I suoi passaggi allucinatori sono esaltati da una musica di memorabile suggestione, dolorosamente intensa, mai clamorosa, distillata in motivi e melodie brevi a formare una struttura melodico-drammatica forte e compatta, a tutto vantaggio della plausibilità e tensione narrativa della trama, in apparenza evanescente e ambigua, in bilico fra sogno e realtà, straziante memoria e sprazzi di lucida, rabbiosa coscienza. Ricca di arie anche orecchiabili e divenute popolari perfino fuor di contesto, l’opera ebbe subito enorme successo e contribuì a consolidare la fama precoce di Korngold, giovane prodigio espresso dal fatato ambiente musicale austro-germanico di Mahler e di Richard Strauss. La partitura, che fu eseguita dall’autore in una riduzione per pianoforte alla presenza di Puccini nell’occasione di una sua visita a Vienna nel 1920, fu giudicata dal musicista italiano «la più forte speranza della nuova musica tedesca». Padrone di tutte le tecniche e i linguaggi musicali, Korngold si cimenterà in seguito nella confezione di abili arrangiamenti di operette, in composizioni orchestrali e cameristiche, e in un’altra opera di ispirazione espressionistica, Das Wunder der Heliane. Finché, dopo l’avvento del nazismo, approderà nel 1934 a Hollywood, dove diventerà uno dei massimi compositori di commenti musicali (definiti «opere senza canto») nel medesimo stile neoromantico delle sue prime opere liriche. Tornerà poi in Europa, a Vienna, nel secondo dopoguerra, per dedicarsi a composizioni concertistiche.

Fonte: Dizionario dell’Opera Baldini & Castoldi

 

LA MIA PROPOSTA

Purtroppo sono pochissime le registrazioni ufficiali del capolavoro operistico di Korngold e non tutte di livello eccelso. Io personalmente ho apprezzato tantissimo l’edizione dello scorso anno alla Scala (ascoltata alla radio) con una grandissima Asmik Grigorian come Marietta, ma in assenza di questa registrazione mi sento di segnalare queste due edizioni:

- Edizione audio diretta da Erich Leinsdorf nel 1975 a Monaco (C. Neblett, R. Kollo, H. Prey);

- Edizione audio diretta da Donald Runnicles nel 2004 a Salisburgo (A. Denoke, T. Kerl, B. Skovhus).


L’edizione live registrata a Salisburgo nel 2004 si avvale della interessante direzione orchestrale di Donald Runnicles ed ha una ottima protagonista in Angela Denoke. Il soprano tedesco eccelle in questo repertorio del primo Novecento (a me piace tantissimo anche come interprete di Janacek) ed è affiancata da due buoni cantanti che però non sono nemmeno paragonabili alla sua “stoffa”: discreti ma nulla più sia Torsten Kerl come Paul che Bo Skovhus come Frank.


L’edizione che mi sento di consigliare è quella del 1975 diretta in maniera magistrale da Erich Leinsdorf con gi ottimi complessi della Radio Bavarese. Il direttore austriaco plasma una concertazione che ci evoca, solo all’ascolto, le atmosfere nebbiose e struggenti che fanno da cornice alla vicenda narrata marcando una incidività di suoni veramente esemplari. Carol Neblett è una ottima Maria/Marietta che impronta quasi tutta la sua prestazione sulla tenerezza della sua voce. Purtroppo un anello debole c’è… ed è il Paul di René Kollo che qui è in cattivissima forma e cerca di portare a casa, come si suol dire, la prestazione nel miglior modo possibile. Ed è un peccato perché nei ruoli comprimari ci sono ottimi cantanti che rendono parti secondarie assolutamente di primo piano. Penso allo splendido Fritz di Hermann Prey e l’altrettanto interessante Frank di Benjamin Luxon.

 

Di seguito il link per ascoltare l’opera diretta da Erich Leinsdorf:


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