CON LA CAVALLERIA NAPOLETANA... SERATA STRAORDINARIA!!!

Apertura di stagione “coi fiocchi” al Teatro San Carlo di Napoli con un evento di assoluto rilievo: la trasmissione in streaming (con qualche problema tecnico iniziale ma poi risolto) di Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, in forma di concerto con un cast tra i migliori possibili ai nostri giorni.

La concertazione è affidata al direttore musicale del San Carlo Juraj Valčuha che ci propone un ottimo lavoro di amalgama tra le masse artistiche del teatro napoletano. Avevo ascoltato la sua Cavalleria “sotto le stelle” a Matera ma qui lo scavo della partitura, il cesellamento di tutti gli elementi drammatici che Mascagni mette sullo spartito è, oserei dire, quasi maniacale. Il giovane direttore slovacco “sente” particolarmente questo tipo di repertorio e all’ascolto è veramente un piacere: da notare come è cesellato l’inizio dell’aria di Santuzza così come riesce a far tenere un ritmo giustissimo ma difficile nel brindisi. Bello anche l’intermezzo che diventa, se vogliamo, il suggello di una concertazione di altissimo livello.

Il cast a disposizione di Valčuha è a dir poco strepitoso.

Jonas Kaufmann affronta Turiddu con la giusta sfrontatezza dell’uomo “siculo” riuscendo a cesellare momenti di straordinario impatto musicale. Si capisce fin da subito che la sua sarà una prova eccellente perché affronta la Siciliana con una morbidezza e una lievità difficili da ascoltare (da notare poi il finale di questa con gli “Ah” tutti legati e con un filo di voce). Straripante, al pari della sua collega, nel duetto Turiddu/Santuzza e capace di uno sfolgorante si naturale nel finale del Brindisi, chiude poi la sua prestazione con un “Mamma quel vino è generoso” languido e possente allo stesso tempo. Unico piccolo neo di una prestazione stratosferica l’inciampo più metronomico che altro in “Viva il vino che sincero”… minuzia rispetto alla prestazione.

Elīna Garanča è, al pari di Kaufmann, una straordinaria artista e porta in scena una Santuzza di grandissimo impatto. La sua voce è pastosa, senza problemi nel cambio di registro, luminosa in alto così come cupa in basso. Credo che attualmente possa essere considerata la Santuzza di riferimento (ascoltata nello stesso ruolo lo scorso anno a Vienna ma qui a Napoli superiore in maniera imbarazzante rispetta a quella già ottima prestazione). L’intensità emotiva e drammatica della sua romanza “Voi lo sapete o mamma” ti lasciano letteralmente incollato alla poltrona, così come il peso vocale dei due duetti (quello con Turiddu e poi con Alfio) è di una forza spaventosa. Anche qui piccolissimo neo (che non va ad inficiare nulla… ma purtroppo si sente): il peso eccessivo e sillabato in maniera molto teutonica di “A te la mala Pasqua”.

Claudio Sgura è un Alfio di assoluto livello: ottima la sua entrata in “Il cavallo scalpita” e ben tenuta tutta l’aria (cosa non facile… molte volte ho sentito cantanti, anche blasonati, perdersi nei meandri del ritmo e delle difficoltà poste da Mascagni); incisivo e cattivo il giusto nel duetto con Santuzza si dimostra grandissimo interprete anche nel ruolo “subdolo” del duellante per l’onore.

Maria Agresta come Lola è un lusso che credo non succederà più. Questo ruolo è normalmente poco considerato da cantanti ma anche dai registi che il più delle volte la rendono civettuola e basta. Invece la parte è di una bellezza assoluta: io personalmente non ho mai sentito un “Fior di giaggiolo” così lieve e puro. Splendida prestazione anche la sua.  

Elena Zilio è una cantante superlativa: a quasi ottant’anni cesella una Lucia di assoluto rilievo, con un peso vocale e una brillantezza del suo strumento che può fare invidia a tante colleghe giovani e non solo. Con lei Mamma Lucia acquista una consapevolezza tutta nuova e si mette al pari di tutti gli altri cantanti.

Altro “personaggio” fondamentale di Cavalleria rusticana è senza dubbio il coro che affronta delle parti bellissime ma molto insidiose. Molto ben preparato da Gea Garatti Ansini ha solo una piccola increspatura nel “Regina coeli” quando, a cappella e supportato solo dall’organo fuori scena, perde un po’ dell’intonazione poi subito ripresa con “Inneggiamo il Signor”.

L’ultima considerazione riguarda la scelta di rappresentare l’opera in forma di concerto: scelta giustissima (naturalmente vista la situazione) perché lascia sia lo spazio all’immaginazione di chi ascolta oltre a dare la possibilità ai cantanti (e qui avevamo dei fuoriclasse) di fare scena solo con uno sguardo o con un movimento  garbato. Poi quando si ha a che fare con Mascagni e con Cavalleria… una serata come questa è indimenticabile.

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