ALMANACCO OPERISTICO - 8 dicembre 2020 - LUISA MILLER di G. Verdi
LUISA
MILLER
Melodramma
tragico in tre atti di Salvatore Cammarano, dal dramma Kabale und Liebe
di Friedrich Schiller
Musica di Giuseppe
Verdi
Prima
rappresentazione: Napoli, Teatro San Carlo, 8 dicembre 1849
Nell’estate del 1848 Verdi, dal suo soggiorno parigino, fece diversi
tentativi per rescindere un contratto per un’opera nuova, vecchio di tre anni,
con il San Carlo di Napoli. L’impresa non volle però sentir ragioni e minacciò
di rivalersi sul poeta residente del teatro, Salvatore Cammarano, che avrebbe
dovuto preparare il libretto. Cammarano, cagionevole di salute e in condizioni
finanziarie tutt’altro che floride, scrisse allora a Verdi implorandolo di
rinnovare il contratto per l’anno successivo e il compositore acconsentì, pur
controvoglia; nella sua risposta a Cammarano scrisse espressamente «è per voi
solo che faccio questo sacrifizio». Dopo che diversi soggetti erano stati
scartati, nella primavera del 1849 Cammarano propose Kabale und Liebe (Amore
e raggiro) di Schiller, un testo che già in precedenza aveva suscitato
l’interesse di Verdi. La fitta corrispondenza tra compositore e librettista,
che caratterizzò i mesi successivi, evidenzia non pochi contrasti e dubbi
sull’adattamento librettistico. Soltanto verso la fine dell’estate Verdi
rientrò a Busseto per comporre la musica dell’opera, che nel frattempo aveva
mutato il suo titolo in Luisa Miller.
LA TRAMA
Atto primo. Quadro primo. In Tirolo nella prima metà del
XVII secolo, sulla piazza di un villaggio. Luisa ama ricambiata Carlo, un
giovane che è però sconosciuto agli abitanti del villaggio, compreso Miller,
padre di Luisa. Il vecchio soldato viene avvicinato dal cortigiano Wurm, che è
innamorato di Luisa e vorrebbe sposarla; quando Miller dichiara di non voler
andare contro i sentimenti della figlia (“Sacra è la scelta di un consorte”),
Wurm gli svela che Carlo altri non è che Rodolfo, il figlio del conte di
Walter. Quadro secondo. Nel castello di questi. Wurm rivela l’amore
segreto di Rodolfo al conte, ma quest’ultimo ha già deciso di dare in sposa a
Rodolfo Federica, la duchessa sua nipote, e lo comunica al figlio. Egli,
rimasto solo con Federica, cui è legato da un antico affetto, le confessa la
verità, senza però ottenere dalla giovane, che è sinceramente innamorata di
lui, la comprensione sperata. Quadro terzo. Ci troviamo in casa di
Miller, che svela alla figlia l’inganno di Rodolfo: ma questi, sopraggiunto,
giura che il suo amore è sincero e, inginocchiatosi davanti a Miller, dichiara
Luisa sua sposa. Improvvisamente entra il conte che, accusando Luisa di
inganno, ordina che venga arrestata insieme al padre. Rodolfo, dopo aver invano
tentato di opporsi con ogni mezzo al padre, lo minaccia: se la fanciulla non
verrà immediatamente liberata, egli stesso rivelerà pubblicamente come il padre
divenne conte. Walter, disorientato e confuso, ordina la liberazione di Luisa.
Atto secondo. Quadro primo. Nella casa di Luisa, rimasta
sola dopo l’arresto del padre, entra Wurm che, annunciando come prossima l’esecuzione
capitale di Miller, che ha osato snudare la spada dinanzi al conte, propone
alla fanciulla un baratto: la libertà del padre in cambio di una lettera nella
quale ella dichiari il suo amore per Wurm e confessi di aver ingannato Rodolfo
per interesse. La fanciulla, dopo un primo, sdegnato rifiuto (“Tu, puniscimi, o
Signore”), deve cedere e viene costretta da Wurm a seguirlo al castello per
ripetere la confessione davanti al conte e alla duchessa. Quadro secondo.
Nel castello, Walter e Wurm ricordano come il conte sia giunto al potere
assassinando il cugino (“L’alto retaggio”); Wurm conferma che Rodolfo è al
corrente dell’accaduto. Vengono quindi fatte entrare le due donne e Luisa
conferma, in un supremo sforzo, il contenuto della lettera. Quadro terzo.
Nell’appartamento di Rodolfo, al quale un contadino, pagato da Wurm, ha
consegnato la lettera di Luisa. Rodolfo esprime tutto il suo dolore per
l’inganno subito (“Quando le sere al placido”). Entra Wurm, convocato da
Rodolfo, che lo sfida a duello: ma Wurm si sottrae alla prova scaricando in
aria la sua pistola e facendo così accorrere il conte e i suoi servitori. Il
conte suggerisce al figlio di vendicarsi del suo amore tradito sposando
Federica.
Atto terzo. In casa di Miller. Mentre si odono gli echi dei
festeggiamenti nuziali per Rodolfo e Federica, Luisa viene raggiunta dal padre,
liberato dal carcere. La giovane confessa la sua intenzione di togliersi la
vita (“La tomba è un letto”), ma poi cede alle preghiere del padre e gli
promette di restare con lui (“Andrem, raminghi e poveri”). Mentre Luisa,
rimasta sola, continua a pregare, sopraggiunge Rodolfo che, senza farsi notare,
versa del veleno nella brocca d’acqua posta in tavola. Dopo aver chiesto a
Luisa se la lettera a Wurm fosse sua, e aver ricevuto una risposta affermativa,
Rodolfo beve l’acqua, e dopo aver porto lo stesso bicchiere a Luisa le rivela
che entrambi sono destinati a morire. La giovane lo mette allora a parte della
verità: Rodolfo, disperato, assiste Luisa nei suoi ultimi istanti di vita
insieme al vecchio Miller. Quando la fanciulla spira, entrano i contadini con
Walter e Wurm, che viene trafitto dalla spada di Rodolfo prima che anche questi
cada esanime.
Nonostante la tiepida accoglienza riservatale dal pubblico napoletano, e
la scarsa considerazione di cui godette per tutto il secolo scorso, Luisa
Miller segna un momento fondamentale nell’evoluzione stilistica di Verdi.
In quest’opera il compositore cominciò ad approfondire il suo distacco dai modi
del melodramma tradizionale, per imboccare la strada che in meno di due anni lo
avrebbe portato a Rigoletto. Vertice dell’opera è sicuramente lo
splendido terzo atto, nel quale Verdi già annuncia il mondo poetico ed
espressivo di Traviata. Julian Budden, uno dei massimi studiosi di
Verdi, vede in Luisa Miller «un nuovo livello nell’opera verdiana (...).
Vi è una nuova finezza di pensiero musicale, una nuova concentrazione di
elementi lirici all’interno dello schema drammatico, in sostanza una più
completa risoluzione del dramma in termini di musica pura».
Fonte: Dizionario dell’Opera Baldini & Castoldi
LA MIA PROPOSTA
Questa che molti considerano l’ultima opera verdiana (insieme a Stiffelio)
dei cosiddetti “anni di galera” ha una nutrita discografia e io mi sento di
segnalare queste edizioni in particolare:
- Edizione audio diretta da Fausto Cleva nel 1965 (A. Moffo, C. Bergonzi,
C. MacNeil);
- Edizione audio diretta da Thomas Schippers nel 1968 a New York (M.
Caballé, R. Tucker, S. Milnes);
- Edizione audio diretta da Peter Maag nel 1975 a Londra (M. Caballé, L.
Pavarotti, S. Milnes);
- Edizione audio diretta da Lorin Maazel nel 1979 a Londra (K.
Ricciarelli, P. Domingo, R. Bruson).
L’edizione diretta da Fausto Cleva, con i complessi della RCA, è
sicuramente interessante perché mette assieme un trio di protagonisti di
assoluto rispetto, anche se solo sulla carta: Anna Moffo è una buona Luisa ma
altre sono le sue interpretazioni vocali di riferimento; Carlo Bergonzi è uno
splendido Rodolfo (secondo solo a Pavarotti) mentre MacNeil è un Miller, a mio
parere, troppo rude.
L’edizione registrata al Metropolitan di New York nel 1968 vede la
brillante direzione di Thomas Schippers (che sto ultimamente riscoprendo sempre
di più) e la brillantezza assoluta della Luisa di Montserrat Caballé. Buono
Tucker e molto buono anche Milnes.
Nel 1979 a Londra Lorin Maazel dirige bene una partitura da lui spesso
affrontata con una protagonista senza dubbio interessante come Katia
Ricciarelli nei suoi anni vocalmente migliori. La sua è sicuramente una buona
Luisa ma nulla a che vedere se confrontata con la Caballé. Placido Domingo ha l’ardore
giovanile ma nulla può contro Bergonzi e, men che meno, con Pavarotti. Bruson è
un regale Miller.
L’edizione che consiglio è quella del 1975 con la direzione orchestrale
di Peter Maag (direttore molto sottovalutato che ho avuto modo di ascoltare dal
vivo molte volte nei suoi anni trevigiani) e una Caballé di assoluto livello
(direi quasi al pari della registrazione del Met) affiancata dal miglior Rodolfo
di sempre: Luciano Pavarotti. Qui il tenore modenese ci lascia un’interpretazione
stratosferica, fatta da un giusto amalgama di freschezza – musicalità –
saggezza interpretativa… insomma uno spettacolo. Molto molto buono il Miller di
Milnes e tanti comprimari di livello tra cui mi sento di ricordare il Walter di
Bonaldo Giaiotti.
Di seguito il link per ascoltare l’opera diretta da Peter Maag:
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