GRANDE SUCCESSO... PER IL BARBIERE ROMANO

In questi tempi particolarissimi, nei quali i teatri sono chiusi al pubblico e di conseguenza la loro attività è ridotta ai minimi termini, dove noi pubblico melomane abituale ci dobbiamo accontentare (e per fortuna) di alcuni spettacoli ripensati per la visione in streaming, ecco che finalmente un teatro pensa ad uno spettacolo interamente concepito per il pubblico televisivo/via web che non toglie nulla alla qualità artistica e anzi, cerca di esaltarla.

Bellissima è l'edizione de Il barbiere di Siviglia che ieri pomeriggio, sugli schermi della RAI, ha inaugurato la stagione del Teatro dell'Opera di Roma. Uno spettacolo interamente concepito per la visione attraverso il piccolo schermo da quel grande regista che è Mario Martone.

Non avendo a disposizione di scenografie classiche il palcoscenico, dove si svolge l'intera vicenda, non è solo il palco vero e proprio ma l'intero teatro. Martone sfrutta tutta la platea e i palchi facendo muovere i cantanti e le masse artistiche in maniera molto efficace. Il palco reale è il terrazzino della camera di Rosina nel primo quadro del primo atto mentre i palchi diventano, nel finale primo, il luogo di posizionamento del coro. Lo spazio è proporzionalmente funzionale all'azione e la recitazione di ogni singolo personaggio fa il resto. I primi piani, le vedute del teatro vuoto, gli sguardi... tutto si innesca nello splendido meccanismo teatrale che fa di questo particolarissimo allestimento un modello (da seguire solo fino a quando durerà l'emergenza sanitaria... perché l'opera deve essere vista in teatro, dal vivo). Quando l'ambientazione diventa la casa di Don Bartolo allora un groviglio di corde, che prende tutta la platea e parte del palcoscenico evocano l'oppressione della gabbia nella quale Rosina ma non solo è costretta. Alcuni momenti dello spettacolo sono veramente eccezionali come per esempio il finale primo nel quale vengono mandati in onda dei filmati d'epoca di alcune inaugurazioni storiche dell'Opera di Roma, oppure la straordinaria scena della lezione di musica (parodia in parte anche dei boriosi maestri di canto) in cui la fanno da padrone sguardi e smorfie. Capolavoro finale è poi il taglio di tutte le corde (simbolo della fine dell'oppressione e della ritrovata libertà di Rosina e del mondo intero), al termine dell'opera, al quale partecipano i cantanti, il coro e anche tutto il personale tecnico del teatro. Altro pregio della visione registica di Martone è quello di coinvolgere visivamente anche tutti i tecnici del teatro, dalle sarte agli attrezzisti. 

Insomma... uno spettacolo da cui prendere spunto in questo momento di impossibilità di poter usufruire dello spettacolo musicale dal vivo ed in presenza.

Con così tanta qualità di allestimento ci si aspetta altrettanto anche dal punto di vista musicale... ed in buona parte possiamo dirci soddisfatti.

Daniele Gatti dirige un'ottima orchestra e un buonissimo coro. La sua concertazione è, come sempre quando è sul podio, particolarissima. Trovo che Gatti sia uno di quei direttori che: o ti piace o non ti piace... perché mette sempre sul piatto delle scelte molto particolari. Il suo è un Rossini molto fluido, ma nello stesso tempo tagliente (da sentire l'accompagnamento degli archi sul tema musicale principale della sinfonia). In alcuni momenti è molto dolce (e lo si vede anche dai suoi gesti) mentre in altri è pesante. Insomma una direzione orchestrale sicuramente non monotona a cui si aggiunge un'ottima esecuzione dei recitativi accompagnati da fortepiano e violoncello. Mi permetto di dissentire con maestro milanese nella scelta, in alcuni momenti dell'opera, di tempi oserei dire stralunati e un po' fuori dalla normale logica interpretativa. Io sono convinto che dietro ad ogni scelta ci sia un'idea precisa ma è difficile da capire quando in uno stesso brano si passa di un tempo lento quasi allo spasimo ad un tempo velocissimo, che rischia inoltre di mettere in seria difficoltà esecutori e cantanti.

Il cast a disposizione di Gatti è formato per lo più da giovani cantanti e da alcuni "vecchi" lupi da palcoscenico.

Partendo proprio da questi ultimi non posso non ricordare la straordinaria prestazione di Alessandro Corbelli che ci "dona" un Don Bartolo che dire "di riferimento" sarebbe poco. Ogni nota è cantata e scandita in maniera impeccabile, teatralmente è strabordante di vitalità. Un artista a tutto tondo che giganteggia anche solo con gli sguardi.

Alex Esposito è un ottimo Don Basilio che canta la parte proprio come la scrive (e molto probabilmente voleva) Rossini. La sua bella voce di basso è ottimamente calibrata (anche se un po' sacrificata nel primo atto a causa di una amplificazione non ottimale) e ci lascia una bellissima interpretazione della Calunnia.

Andrzey Filonczyk è un ottimo Figaro, dalla bella pronuncia e dall'estensione vocale interessante. Si destreggia molto bene con la sua aria d'ingresso così come è sempre ben presente musicalmente durante tutta la recita.

La giovane Vasilisa Berzhanskaya mi ha ricordato un po' la Sonia Ganassi degli esordi. Mezzosoprano puro, dotato di un ottimo registro grave tende un pelino ad affievolire la voce quando si tende ad andare in alto ma nel complesso, anche dal punto di vista attoriale, la sua è una buonissima prestazione.

Delude un po' nel primo atto Ruzil Gatin nel ruolo del Conte d'Almaviva. La sua aria d'entrata risulta non centratissima con uno sbiadimento delle note di passaggio molto accentuato tra il registro grave  e quello acuto. Sarà forse stata anche la tensione... ma il secondo atto è decisamente migliore (anche dal punto di vista attoriale) con voce più ferma e con facile propensione nell'arrivare alle note più alte. Peccato sia stato scelto di non eseguire "Cessa di più resistere"... anche se forse il brano non è ancora nelle sue corde.

Ottima la Berta di Patrizia Biccirè così come il Fiorello di Roberto Lorenzi.

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